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da eddyburg.it

Data 28 agosto e 28 settembre 2004

 

Autore: Vitucci, Alberto

Data 28 agosto 2004

I lavori per il MoSE vanno avanti, la protesta nella città cresce, si ricorre contro la decisione del TAR favorevole al MoSE, nel comune capoluogo il Sindaco impedisce alla maggioranza di contestare le Grandi Opere: questa, in sintesi, le notizie dell’agosto veneziano. Con qualche aspetto di colore: il sindaco che pretende fedeltà alle sue scelte da parte dei membri della Commissione di Salvaguardia (un istituto esterno di garanzia). Riporto qualche articolo da la Nuova Venezia, dall’8 al 28 agosto (i più recenti in alto)

In laguna arriveranno 38 cassoni
Una specie di Lego di ferro e cemento da montare sott’acqua
Alberto Vitucci, 28 agosto


Trentotto enormi cassoni in ferro e cemento da costruire in mezzo alla laguna. Il progetto Mose va avanti, e ieri il Consorzio Venezia Nuova ha spiegato cosa succederà nei prossimi anni al litorale, destinato a diventare un grande cantiere a cielo aperto. Primo atto della procedura di Impatto ambientale sui lavori della grande opera. «Sarà una specie di Lego», spiega soddisfatto il progettista del Mose Alberto Scotti, «i pezzi li faremo a fianco delle bocche di porto poi li monteremo sott’acqua». Le aree che saranno trasformate in cantiere sono Santa Maria del Mare a Malamocco (dove saranno costruite le grandi basi in cemento anche per San Nicolò), Chioggia e Treporti. Tutto per venire incontro, ha spiegato Scotti, «alla richiesta della commissione di Salvaguardia che ha voluto la produzione in loco, per incentivare l’occupazione e alla Regione che ci ha chiesto di delimitare le aree di lavoro». I cassoni saranno costruiti all’interno del porto rifugio, previsto al Lido e a Chioggia, mentre a Malamocco i lavori saranno compiuti su una collina artificiale a fianco della conca. Conseguenza sarà lo sbancamento di molte zone anche pregiate. «Vorrei sapere quali sono le misure di compensazione previste dal punto di vista ambientale», ha chiesto Federico Antinori, responsabile dell’oasi Lipu di Ca’ Roman, destinata in parte a scomparire, «e se avete avvisato l’Unione europea, secondo le procedure previste dalla direttiva Habitat». «No», è stata la secca risposta di Andrea Rinaldo, docente a Padova e consulente del Consorzio Venezia Nuova per lo Studio di Impatto ambientale. «La Valutazione di impatto ambientale ha superato queste analisi», ha precisato Scotti. «Ma quale Valutazione, se non è nemmeno stata fatta», sbotta Stefano Boato, che da anni segue la questione per il ministero dell’Ambiente. Anche per il nuovo progetto la procedura di Via sarà inviata alla Regione e non al ministero. Presenti in sala numerosi componenti dei comitati antiMose, che annunciano nuove manifestazioni di protesta dopo lo sbarco in bacàn di domenica scorsa. Il Wwf ha pronto il ricorso al Consiglio di Stato contro le sentenze del Tar Veneto che ha respinto in blocco tutti i ricorsi presentati sulle procedure, accogliendo completamente le tesi degli avvocati del Magistrato alle Acque e del Consorzio Venezia Nuova. Una battaglia destinata a infiammarsi a settembre, alla ripresa dell’attività politica. In Comune sono tante le forze politiche che chiedono alla giunta un «atto forte» dopo che l’ordine del giorno del Consiglio comunale che chiedeva di sospendere i lavori non è stato nemmeno preso in considerazione. Ma la procedura delle grandi opere va avanti spedita, e mentre il governo taglia anche le spese della carta igienica ai comuni, i fondi per le grandi opere non sono in discussione. Il ministro per le Infrastrutture Pietro Lunardi ha infatti ribadito che non ci saranno problemi, e la programmazione può proseguire. Il Mose è stato inserito tra le opere «intoccabili», insieme al ponte sullo Stretto, Frejus, Salerno-Reggio Calabria e passante di Mestre. Ma le perplessità in città sono molte. L’opposizione alla grande opera passa trasversalmente ai partiti, e interessa molti semplici cittadini che hanno aderito ai comitati. «Daremo battaglia», promette Salvatore Lihard, della Cgil, «e ci dovranno ascoltare». Intanto il progetto dei megacantieri è partito. Per le osservazioni ci sono 50 giorni di tempo.

Dopo lo sbarco in bacàn ricomincia la battaglia
Mose, pronti nuovi ricorsi,
28 agosto 2004


LIDO. Ricorso al Consiglio di Stato contro le procedure adottate per approvare il Mose. Il Comune tentenna, e l’iniziativa la prendono gli ambientalisti. Sinistra ecologista, il movimento fondato da Edo Ronchi e Fulvia Bandoli, ha già pronto il ricorso che sarà presentato nei prossimi giorni. Le associazioni contestano la decisione del Tar del Veneto (presidente Stefano Baccarini) che ha respinto in blocco i ricorsi presentati. Molte delle osservazioni riportate nelle motivazioni della sentenza, osservano gli ambientalisti, sono discutibili. Dunque gli estremi per un ricorso in secondo grado esistono. Ne sembra convinta anche la Provincia, che ha presentato due mesi fa un ricorso alla Corte europea dell’Aja. Il presidente Davide Zoggia ha annunciato la presentazione del ricorso al Consiglio di Stato. Diverso il caso del Comune, dove com’è noto il sindaco Costa è un sostenitore della grande opera fin dai tempi in cui era ministro dei Lavori pubblici. Costa ha annunciato di non voler presentare ricorsi, proprio mentre gran parte della sua maggioranza (Ds, Verdi, Rifondazione, Gruppo Misto) si sono espressi in modo esplicito contro i lavori alle bocche. Una manifestazione molto partecipata si è svolta domenica scorsa sulla spiaggia del bacàn di Sant’Erasmo, destinato a scomparire per far posto alla grande isola artificiale di sette ettari. Dopo la pausa estiva riprende dunque la battaglia contro il Mose. I comitati annunciano iniziative a raffica. «Per far capire alla gente», dicono, «quali saranno le conseguenze della costruzione delle dighe». Solo al Lido saranno scavati cinque milioni di metri cubi di fondali, sostituiti con il cemento, piantati migliaia di pali in ferro lunghi trenta metri. Un cantiere che durerà dieci anni e cambierà per sempre il volto della laguna, fissando i fondali alla quota di dieci metri per ospitare gli enormi cassoni. Molti, non soltanto tra gli ambientalisti, si chiedono se sia proprio necessario. E la campagna di autunno, anche in vista dell’elezione del nuovo sindaco, è già cominciata. (a.v.)

Gasparetto (Salvaguardia) polemizza con il sindaco Costa
GRANDI OPERE «Io voto seguendo la mia coscienza»
19 agosto 2004


Una bacchettata respinta al mittente. Con gli interessi. Una lettera durissima, quella inviata ieri dal rappresentante del Comune in commissione di Salvaguardia, l’architetto Cristiano Gasparetto, al sindaco Paolo Costa. Che qualche giorno fa aveva invitato i rappresentanti eletti dal Comune a «collaborare di più per far apoprovare i progetti presentati dalla giunta». «Non è concepibile», aveva scritto tra l’altro il sindaco, «che i rappresentanti del Comune non partecipino ai lavori o se vi partecipano non tengano in nessuna considerazione la volontà degli organi di governo della città». Un atteggiamento reiterato che secondo Costa avrebbe addirittura «danneggiato l’imagine dell’amministrazione, ritenendo poco credibili i progetti presentati». Ma secondo Gasparetto quelli del sindaco sono «rilievi errati e pretestuosi». «Per quanto riguarda le presenze basta guardare i verbali», scrive l’architetto, «il sottoscritto è tra i più presenti». «Per quanto riguarda l’allineamento alle scelte politiche dell’amministrazione», continua Gasparetto, «ella non può ignorare le leggi che costituiscono la commissione, né tantomeno il pronunciamento della Corte costituzionale del 1998». Secondo Gasparetto insomma, la commissione non è certo parificabile a una conferenza di servizi tra i vari enti, come sostenuto dal sindaco. E dunque ogni membro eletto (due dalla maggioranza e uno dalla minoranza in Consiglio comunale) ha «l’obbligo e il diritto ad agire in piena autonomia, secondo scienza e conoscenza». Gasparetto continua invitando il Comune ad adeguare invece tutti gli strumenti urbanistici alle norme del Palav (la legge speciale lo prevede da nove anni, e in quel caso la commissione sarebbe abolita, ndr), e citando due grandi progetti su cui lui stesso - e buona parte della maggioranza - non la pensano come Costa: Mose e sublagunare. «Il primo è inutile, pericoloso e costosissimo, la seconda un pericolo anche sociale per la città». «Mi pare che queste posizioni di Costa», conclude Gasparetto, «siano infondate, pretestuose e strumentali, «e forse la reprimenda scaturisce dall’impossibilità di accettare, su nodi di così grande rilievo, diversità non riducibili al solo piano politico, ma che rappresentano strutture culturali profonde. Ognuno, fortunatamente, ha la sua cultura». (a.v.)

Il sindaco bacchetta i consiglieri

8 agosto 2004

I consiglieri della Commissione di Salvaguardia nominati dal Comune di Venezia devono avere un occhio di riguardo per i progetti sottoposti al suo esame da Ca’ Farsetti. Non è una preghiera, ma una richiesta formale del sindaco Paolo Costa inviato agli architetti Cristiano Gasparetto e Antonio Gatto e all’avvocato Gianfranco Perulli, rappresentanti del Comune in Salvaguardia. «In più di un’occasione in merito a questioni le più diverse, ma tutte di grande interesse della città - scrive il sindaco ai tre consiglieri”tirando” loro le orecchie - ho dovuto, mio malgrado, rilevare come i componenti della Commissione per la Salvaguardia di Venezia espressi dall’Amministrazione Comunale abbiano brillato per le loro assenze nelle sedute della Commissione stessa e, se presenti, per la scarsa collaborazione rispetto ai progetti presentati dal Comune. Tale atteggiamento, reiterato, ha danneggiato l’immagine dell’Amministrazione Comunale nei confronti delle altre Amministrazioni rendendo poco credibili i progetti e i piani presentati nel Comune di Venezia». Costa ricorda che - se formalmente i tre consiglieri non sono legati a un esplicito vincolo di mandato - nello spirito della Legge Speciale che ha costrituito la Commissione di Salvaguardia, essi sono comunque tenuti a rappresentare la posizione del Comune e a tenere in considerazione la volontà di Giunta e Consiglio comunale. Visto che «nelle prossime settimane la Commissione di Salvaguardia sarà chiamata ad esaminare degli importantissimi provvedimenti di grande interesse per l’Amministrazione comunale - scrive ancora Costa - i tre consiglieri si regolino di conseguenza e non facciano scherzi. (e.t.)

Data di pubblicazione: 28.09.2004

MoSE, respinti i ricorsi dal TAR


La singolare e rapidissima sentenza del TAR (un complesso immane di opere come il MoSE può essere realizzato senza una VIA!), la volontà di rivincita delle associazioni ambientaliste e della Provincia, la soddisfazione del sindaco di Venezia (centro-sinistra) e del presidente del Veneto (centro-destra), questi gli elementi principali che emergono dai servizi di Enrico Tantucci e Roberta Dei Rossi che la Nuova Venezia del 23 maggio dedica all'argomento

VENEZIA. Il Tribunale amministrativo spiana la strada alla realizzazione del Mose. A 48 ore dall’udienza di merito, ieri i giudici hanno rigettato tutti e 8 i ricorsi della Provincia, del Comune, delle associazioni ambientalistiche e dei consumatori, che contestavano l’iter che ha portato il governo ad autorizzare il progetto esecutivo delle opere mobili alle bocche di porto.
Le motivazioni non sono ancora note, ma i giudici ritengono legittimi gli atti compiuti finora. «Non hanno avuto coraggio», commenta l’assessore provinciale all’Ambiente Da Villa, confidando nel ricorso all’Unione Europea. Quasi ultimate le barriere complementari alle bocche di porto, il Consorzio inizierà presto i lavori per il «muro» davanti al Cavallino.


Dai giudici del Tar il via libera al Mose di Roberta Dei Rossi


VENEZIA. Il Tribunale amministrativo spiana la strada alla realizzazione del Mose. Ieri, a sole 48 ore dall’udienza di merito, i giudici del Tar hanno depositato il dispositivo con il quale la «sezione prima, definitivamente decidendo sui ricorsi in premessa, previa riunione degli stessi, li rigetta». I ricorsi sono quelli presentati da otto diverse amministrazioni ed associazioni contro i provvedimenti con i quali, tra il 2001 e il 2003, il Comitatone ha dato il via libera alle «opere complementari» a mare e al progetto esecutivo delle barriere mobili alle bocche di porto. I giudici non hanno ancora motivato la loro decisione - ci vorranno almeno venti giorni per la sentenza - ma hanno fatto ufficialmente sapere di ritenere legittimo il via all’intervento.
La questione è di quelle capaci di dividere come poche: come si salva Venezia? Costruendo gigantesche, potenti e sommerse saracinesche che fermino il mare quando si fa pressante, come vogliono governo, Magistrato alle Acque, Regione, Consorzio Venezia Nuova, sostenuti dalle categorie (Ascom, Confartigianato, Camera di commercio, Unione industriali, Forum per la laguna)? Oppure intervenendo con opere diffuse, manutenzioni, affondando semplici cassoni per rompere l’impeto delle correnti, come replicano Italia Nostra, Wwf, Lipu, Codacons, Eco Istituto Veneto, Sinistra ecologista, Movimento consumatori, la battagliera Provincia e il più soft Comune (sindaco e rosso-verdi, si sa, la pensano diversamente)? Questioni tecniche, politiche, conomiche. Il fronte del «no» ha giocato al Tar la carta dell’illegitimmità dell’iter che ha portato al via alle opere complementari (approvate con valutazione d’impatto ambientale della sola Regione) e al progetto esecutivo del Mose (non più sottoposto a Via come opera di carattere strategico e preminente interesse nazionale). Illegittimità che per i giudici non esiste. In attesa delle motivazioni, già si parla di ricorsi in appello. Nel mezzo, però, ci sono le elezioni.
«Per quanto ci riguarda», spiega l’assessore provinciale all’Ambiente, Ezio Da Villa, «andremo avanti. Abbiamo già impugnato all’Unione europea le forzature indicibili fatte per dare il via libera all’opera, senza Via e dando i lavori ad un unico concessionario. Sono molto deluso: mi pare che i giudici abbiano dimostrato ben poco coraggio davanti ad un sistema di poteri così fatto».
«Ancora una volta, secondo un metodo molto in voga in Italia», osserva l’avvocato Alfredo Bianchini, legale del Consorzio Venezia Nuova, «dopo 40 anni di studi che hanno coinvolto migliaia di persone - tra progettisti, esperti, amministratori, politici - si vorrebbe che tre magistrati decidessero nel merito tecnico di una questione tanto complessa, quando la loro competenza è sulla legittimità dell’iter. Eppoi quando questa legittimità viene riconosciuta, si vorrebbe sempre un altro grado di giudizio. E’ un vizio italiano sia non accettare mai le sentenze sia voler delegare l’ultima decisione all’organo meno indicato: come può un Tar decidere sulla validità del progetto Mose? Eppoi un intervento così complesso sarà sempre in continuo mutamento, perfezionabile: più che la costante contrapposizione è utile l’integrazione».


«Prima sperimentiamo le alternative»


VENEZIA. Interventi alternativi al Mose e più”leggeri” per fermare l’acqua alta alla bocca di Lido e - da parte dei Verdi - il lancio del referendum consultivo tra i cittadini del Comune, perché esprimano il loro parere sul progetto di dighe mobili voluto dal Governo. Sono questi - al di là del probabile ricorso al Consiglio di Stato da parte delle associazioni ambientaliste e un’eventuale azione poi in sede europea - i punti tutti politici da cui ripartirà, nelle prossime settimane, la battaglia sulla salvaguardia, che si intreccerà, inevitabilmente, con l’ormai imminente scadenza elettorale. Il 7 giugno, infatti, a pochi giorni dal voto, il Consiglio comunale sarà chiamato a votare un ordine del giorno della maggioranza dove l’undicesimo dei punti approvati dal Comitatone diventerà il primo: appunto, la sperimentazione di progetti alternativi e meno impattanti rispetto al Mose.
«Quel punto - commenta Livio Marini, capogruppo dei Ds a Ca’ Farsetti - è fondamentale e non più rinviabile. La sperimentazione alle bocche di porto va fatta prima del Mose, perché l’intervento alle dighe mobili avrò un impatto tale che bisogna avere la certezza che altre soluzioni non risolvano il problema, permettendo, oltretutto, la realizzazione di quell’avamporto che risolverebbe anche il problema dell’allontanamento delle grandi navi. Sulla base di quest’ordine del giorno, il sindaco Costa potrà poi chiedere la sollecita convocazione del Comitatone che questoi unidici punti, compresi gli interventi sperimentali e alternativi alle bocche, ha approvato». In parte differente l’approccio di Gianfranco Bettin, per i Verdi. «Bisogna fare ricorso al Consiglio di Stato contro la bocciatura del Tar - commenta - ma la via maestra resta quella politica e le elezioni aiuteranno, a comimnciare delle Europee. Non ho ancora capito, ad esempio, quale sia la posizione della lista riformista sul Mose: quella di Costa o quella dei Ds? Noi Verdi proporremo comunque il referendum consultivo sul Mose, raccogliendo già quest’estate le firme necessarie. Chiameremo alle urne gli abitanti del Comune di Venezia, ma sarebbe importante che partecipassero anche i cittadini del Cavallino, di Chioggia e di Mira, direttamente interessati agli effetti del progetto di dighe mobili. Se comunque, alle Europee, la Casa della Libertà verrà sconfitta, si porranno le premesse politiche perché tra un anno e mezzo si possa avere un governo di centrosinistra alla guida del Paese, in grado di riprendere in mano tutta la questione delle grandi opere e del Mose».
(Enrico Tantucci)


Soddisfatti Costa e Galan Sgomenti gli ambientalisti


VENEZIA. C’è chi si rallegra e chi si scandalizza. Queste le reazioni contrapposte all’esito della sentenza del Tar sul Mose, che ha bocciato tutti i ricorsi presentati dagli ambientalisti.
Tra i primi, il sindaco di Venezia Paolo Costa e il presidente della Regione Giancarlo Galan «Sono lieto - commenta Costa - che il Tar abbia analizzato con attenzione i ricorsi sulle procedure, perché era importante analizzare a fondo l’iter di un’opera fondamentale come il Mose. Credo quindi che sia stato positivo, anche da parte del Comune, chiedere tutte le verifiche possibili, per garantire che le procedure messe in atto sono fuori da ogni dubbio. Sono personalmente molto contento del fatto che sia stata riconosciuta la validità della procedura di valutazione di impatto ambientale speciale, definita da un decreto del Governo Prodi, di cui ero ministro, su mia proposta, sulla quale, al di là di ogni ragionevole evidenza, molti si ostinavano ad esprimere dubbi. Dopo questa sentenza si può ripartire con maggiore forza anche per chiedere l’applicazione degli undici punti del documento votato anche dal Comitatone come parte integrante del Mose».
Soddisfatto anche Galan: Oggi mi sento di poter dire di aver ricevuto una buona notizia, ma questo ha poca importanza. Credo che la decisione dei giudici del Tar, che va accolta senza alcun commento, appartenga comunque ad un percorso approvativo dove giustamente non sono mancati opportuni approfondimenti, controlli e verifiche».
Ben diversa la valutazione delle associazioni ambientaliste - come Wwf, Italia Nostra, Lipu, Vas, Ecoistituto Veneto, Codacons, Sinistra Ecologista - che attendono le motivazioni di una sentenza che lascia perplessi. «Ci riserviamo di valutare rapidamente - commentano Paolo Perlasca del Wwf e Alvise Benedetti di Italia Nostra -un rinvio della decisione definitiva al Consiglio di Stato e soprattutto un ricorso in sede di Unione Europea, come già avanzato dalla Provincia. Al di là di ogni giudizio sotto il profilo amministrativo, rimane fermo l’obbligo stabilito dalla legge italiana fin dal 1973 di salvare Venezia insieme alla Laguna e non contro La Laguna», ricordando comunque la necessità di una Valutazione d’impatto ambientale dell’intervento.
Rammarico per la sentenza del Tar anche da Guido Pollice, presidente di Verdi ambiente e Società, mentre Rifondazione Comunista, con il capogruppo a Ca’ Farsetti Pietrangelo Pettenò ribadisce: «Di questa giustizia avevamo poca fiducia, ma la battaglia contro il Mose ora deve diventare tutta politica, chiedendo il rispetto degli undici punti fissati dal Comitatone, a cominciare dai progetti