Medicina Democratica
Petrolchimici

I FANTASMI DELL’ENICHEM



Pubblicato il 24 ottobre 2003
di: Redazione (Autore/i o Autrice/i in calce all’articolo)




Un libro di storia contemporanea con tanti spunti per discutere della industrializzazione del Sud, della sua economia "eterodiretta", dei rapporti dei rappresentanti della scienza e della medicina col potere economico locale, del ruolo dell’informazione, della medicina curativa e di quella preventiva. "I fantasmi dell’Enichem" (Giulio Di Luzio, Baldini Castoldi Dalai Editore, 2003, pp 175, Euro 13,40) è il lavoro di un giornalista biscegliese al suo debutto in libreria che aveva conosciuto Nicola Lovecchio, il capoturno Anic-Enichem di Manfredonia, protagonista principale di questa vicenda, negli anni della sua battaglia per la verità sulla situazione sanitaria degli operai esposti nel 1976 e , secondo la Procura di Foggia, per i sei anni successivi al cancerogeno anidride arseniosa. Allora Di Luzio scriveva per "il Manifesto". La storia inizia con l’insediamento dell’Anic alla fine degli anni ’60 sulle rive del magnifico Golfo di Manfredonia ad un chilometro dalla città. Domenica 26 settembre 1976 esplode la colonna di decarbonatazione dell’urea e l’arsenico in essa contenuto si spande sullo stabilimento e sulla città contaminando circa duemila lavoratori e non si sa quanti abitanti. Segue una bonifica lunga che non riesce a far rientrare l’arsenico urinario al di sotto dei valori normali tanto che alla fine gli scienziati decretano che si tratta di arsenico inorganico e gli operai possono tornare nello stabilimento. La causa delle analisi alterate sta nei troppi crostacei mangiati dai lavoratori! Ma alcuni anni dopo spuntano i tumori perchè l’arsenico è un cancerogeno e questa volta (il pensiero va alla sentenza assolutoria di Venezia sul petrolchimico di Porto Marghera) tale micidiale caratteristica era nota con certezza almeno dall’ottocento. Ma tutto tace finchè uno di questi lavoratori, colpito a 47 anni da un tumore al polmone senza aver mai fumato, decide di svolgere un’indagine tra i suoi compagni di lavoro, aiutato da Medicina democratica - Movimento di lotta per la salute. Scoprirà di non essere da solo nella drammatica malattia, ne scoverà tante e ne farà oggetto di un esposto alla magistratura foggiana che avvierà un’indagine lunga e complessa sfociata nel rinvio a giudizio per 12 tra dirigenti e medici, due professori universitari di medicina del lavoro consulenti Enichem all’epoca dei fatti. Il processo è tuttora in corso.

La "Seveso del Sud" è stato anche chiamato l’incidente del 1976, il più grave di una lunga serie nello stesso stabilimento, due mesi dopo la fuga di diossine dall’impianto dell’ICMESA della cittadina lombarda. "L’incidente prevedibile" lo definiva la rivista "Sapere" qualche mese dopo. L’eco della tragedia pugliese non ebbe la stessa forza mediatica di quella di Seveso. Anche oggi i tumori che continuano a comparire negli operai esposti ventisei anni fa all’arsenico non conquistano l’attenzione di nessuna autorità se non di quella giudiziaria. Nulla si sa ad esempio sulla popolazione del quartiere Monticchio situato proprio di fronte allo stabilimento. Anzi, sulle scorie interrate nel sottosuolo di Macchia di Monte Sant’ Angelo (già, perchè l’ANIC era a un chilometro da Manfredonia ma nel Comune di Monte Sant’Angelo) si è avviata una reindustrializzazione, quella del Contratto d’Area, che non ha nulla a che spartire con la vocazione del territorio, non prevede valutazioni d’impatto ambientale nè una seria bonifica del sito industriale.

Ma questo è anche un libro di testimonianze dirette, di chi nell’ANIC ha lavorato e si è ammalato ma è ancora vivo e di chi non c’è più ma di lui raccontano i superstiti, come Anna Maria Lovecchio, impegnati a continuare la battaglia per la verità nell’opinione pubblica e nelle aule dei tribunali.

Apre il libro una prefazione di Gianfranco Bettin, prosindaco di Mestre, che attribuisce all’autore il merito di aver sottratto all’oblio le storie di questi fantasmi restituendoli alla scena pubblica. In chiusura due piccoli contributi, uno del medico che aiutò Nicola Lovecchio nella ricerca dei tumori tra i suoi compagni e che annota le reazioni dell’ambiente medico locale per un uso ritenuto partigiano della scienza medica; l’altro di Tonino d’Angelo, presidente nazionale di Medicina democratica, che rivolgendosi a Nicola ritiene che la sua lotta nel petrolchimico debba essere continuata anche oggi nei confronti del Contratto d’Area, 1500 miliardi di vecchie lire che avrebbero fruttato di più se offerti ai 10.000 disoccupati di Manfredonia (150 milioni a testa) come "dote" per aiutare una nuova e duratura imprenditoria.

Maurizio Portaluri




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