Medicina Democratica
Sanità

Pandemia influenzale: stop ai brevetti che possono uccidere



Pubblicato il 17 novembre 2005
di: Redazione (Autore/i o Autrice/i in calce all’articolo)




.: APPELLO :.

Nell’agosto di quest’anno l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha allertato tutti i Paesi sulla possibilità di una nuova pandemia influenzale che possa essere causata dall’influenza aviaria, pubblicando una lista di azioni che dovrebbero essere attuate per contrastare questa minaccia. Una nuova pandemia, a differenza delle normali epidemie di influenza, ha caratteristiche di pericolosità nettamente superiori.

Si conoscono fino ad ora, relativamente bene, solo le tre ultime pandemie influenzali: quella del 1918 che avrebbe causato oltre 40 milioni di morti, quella del 1957 che avrebbe causato 4 milioni di morti, quella del 1968 che avrebbe causato 2 milioni di morti (si è usato il condizionale perchè quasi certamente si tratta di dati sottostimati, stante l’inadeguatezza delle indagini epidemiologiche condotte all’epoca).

La prossima pandemia potrebbe essere “relativamente benigna” (tipo quella del 1968), come pure assai più pericolosa (tipo quella del 1918, o anche peggiore).

Riguardo alla pandemia del 1918 alcuni hanno affermato che il gran numero di morti fosse soprattutto dovuto alle disastrose condizioni socio-economiche e, quindi, alle ristrettezze alimentari legate alla prima guerra mondiale: purtroppo questo è vero solo in parte. Infatti, negli Stati Uniti, che non ebbero penurie alimentari (così come la Svizzera), il numero assoluto dei morti fu elevato: 650.000 morti a fronte dei 500.000 morti in Italia.

Il maggior numero dei morti, soprattutto persone giovani, dai 15 ai 40 anni e precedentemente in buona salute, che, nel 1918, si ebbe negli Stati Uniti, almeno nelle aree urbane, interessarono le prime due settimane dalla comparsa della pandemia; per l’estrema rapidità della sua diffusione l’utilizzo di specifici vaccini testati ed efficaci, quand’anche ce ne fossero, nell’eventualità di una simile pandemia rischia di essere del tutto inutile. Va sottolineato che, attualmente, non esiste nessun vaccino testato ed efficace sull’uomo per una futura variante di un virus; così come non va taciuto che le vaccinazioni sono pratiche sanitarie che comportano numerosi rischi legati a reazioni allergiche e anafilattiche, e che la vaccinazione potrebbe amplificare la reazione immunologica con un “effetto paradosso” di tipo autoimmunitario. Sul punto, non va neppure omessa l’importanza che riveste la vaccinazione antinfluenzale tradizionale per i gruppi di popolazione a rischio (es. anziani, cardiopatici, asmatici, immunodepressi), ma si deve dire con estrema chiarezza che il Servizio Sanitario ha il dovere di promuovere una costante e rigorosa informazione nei confronti della popolazione circa i possibili rischi statisticamente legati alla vaccinazione (reazioni allergiche e anafilattiche), evidenziando il fatto che tale vaccinazione non protegge contro il virus H5N1 della influenza aviare. (Il virus attualmente in circolazione è il tipo H3N2).

Nella situazione attuale, il contagio tra uccelli ed uomo è rimasto abbastanza limitato, con solo pochi casi di trasmissione ulteriore da uomo a uomo.

Si deve però tenere conto di un aspetto preoccupante, rispetto al passato, il fatto che non si è riusciti a contenere l’epidemia negli uccelli, a differenza, per esempio di quanto accaduto nel 1997, dove un’analoga epidemia dei polli riuscì ad essere confinata alla sola Hong Kong .

Lo scenario, nel caso di una nuova pandemia che si manifestasse con le caratteristiche intrinseche più pericolose, con gli stili di vita attuali, ovvero con ampia mobilità e quindi ampia possibilità di contagio generalizzato, è assai allarmante; si potrebbero verificare in Italia centinaia di migliaia, o anche milioni di morti, oltre ad un prevedibile collasso sociale.

Eppure la quasi totalità di queste possibili morti è evitabile attraverso interventi mirati di prevenzione, da realizzare non solo nel nostro Paese ma, soprattutto, portando aiuti concreti, sia in campo veterinario che sanitario, nei Paesi colpiti da focolai di influenza aviare.

A differenza delle pandemie precedenti abbiamo farmaci antivirali ben testati ed efficaci, utilizzabili sia a scopo preventivo, sia nelle primissime fasi della malattia, le resistenze ai farmaci di ultima generazione sono al momento trascurabili.

Bisognerebbe inoltre potenziare le attività di monitoraggio e di controllo delle malattie all’interno delle popolazioni animali, specialmente quelle allevate, favorendo l’adozione di tutta una serie di misure, di biosicurezza che impediscano l’entrata in allevamento delle malattie, così come di contrasto con i cosiddetti “moderni” sistemi produttivi, ovvero sviluppando tecniche di allevamento che garantiscano il benessere degli animali, rendendoli quindi più sani e più resistenti agli agenti patogeni, senza imbottirli di ormoni e/o antibiotici.

Comunque, tra le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), c’è la necessità di attivare scorte di farmaci antivirali che possano coprire almeno l’80% della popolazione inizialmente affetta.

Peccato che per l’attuale sistema di brevettabilità questi farmaci non sono disponibili: è assolutamente non credibile che la sola Roche, che produce il farmaco più noto, il Tamiflu, possa produrre in tempi ragionevoli decine di milioni o addirittura miliardi di dosi; infatti, nel concreto, la poca produzione viene aggiottata e resa disponibile solo per infime minoranze della popolazione potenzialmente a rischio (il Financial Times del 15 ottobre 2005 riferiva l’esistenza, in tutta Europa, come massimo di dieci milioni di dosi).

Quando, però, ad un incontro organizzato dall’OMS che si è tenuto quest’anno, il Sud Africa e la Thailandia , hanno richiesto la possibilità di produrre il Tamiflu senza brevetto, almeno per il Terzo Mondo, la Francia e gli Stati Uniti hanno unito le loro forze per proteggere l’attuale monopolio della Roche su questo farmaco, come ha denunciato l’attivista Statunitense Mike Davis.

Di fatto, quindi, i farmaci antivirali di ultima generazione sono indisponibili in Europa, ma soprattutto in Africa e più in generale nei Paesi poveri..

Invece di aumentare la produzione utilizzando le numerose industrie farmaceutiche presenti in Europa, che dispone della maggiore capacità mondiale di produzione di farmaci, e magari utilizzare anche le strutture farmaceutiche pubbliche (es. in Italia, l’Istituto Farmaceutico Militare di Firenze), i governi europei decretano la scarsità e il razionamento, negando anche la possibilità di acquisto con ricetta medica, tutto questo, si badi bene, esclusivamente per tutelare la sacralità dei brevetti farmaceutici. L’unica positiva eccezione è stata quella dell’industria farmaceutica indiana Cipla, che già produce fuori brevetto, i farmaci anti -AIDS, che ora ha iniziato la produzione anche di quelli antivirali.

Mentre questo accade si assiste, specie nel nostro Paese, ad una efficace campagna di disinformazione messa in campo per non evidenziare il problema centrale del blocco della produzione causato dal vincolo dei brevetti, e che si traduce nell’innestare irragionevoli timori nei comportamenti alimentari, piuttosto che nel focalizzare i problemi reali.

In questa campagna si sono distinti sia i tecnici, sia i giornalisti.

I tecnici, baroni universitari, funzionari pubblici, ed inossidabili farmacologi, hanno confuso vaccini con farmaci, si sono inventati per gli antivirali di ultima generazione drammatiche controindicazioni o hanno teorizzato il razionamento dei farmaci da parte dello stato, che evidentemente deciderà chi far vivere o meno. Per i giornalisti la cosa è altrettanto grave, si è arrivati alla vera e propria notizia falsa, come il negare l’efficacia dei farmaci antivirali, alcuni poi, in un eccesso di lettura complottista, hanno visto la minaccia di pandemia, come la montatura delle multinazionali del farmaco, dando evidentemente per scontata, nella produzione dei farmaci, la assoluta intoccabilità dei brevetti.

Quello che sfugge è il fatto che la centralità del problema non è la necessità di vendere i farmaci sul mercato ma, in questo caso, quello di produrli e renderli disponibili senza discriminare alcuna persona.

Si chiede pertanto, per esigenze di salute pubblica, alle Autorità governative:

-  che sia sospesa immediatamente, nel territorio italiano, la validità dei brevetti per i farmaci indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come necessari a fronteggiare la minaccia della pandemia influenzale, che sia iniziziata la produzione di questi farmaci presso le strutture pubbliche e le aziende farmaceutiche nazionali,
-  che i farmaci prodotti siano resi disponibili sia per la popolazione italiana sia per le popolazioni di quei Paesi che non hanno proprie capacità produttive,
-  che siano attivate rigorose ed efficaci azioni di informazione nei confronti della popolazione generale, con particolare riferimento alle categorie a rischio ( es. addetti/e agli allevamenti avicoli, alla macellazione degli animali, ai controlli veterinari, ad altre attività di questa filiera produttiva), nonché di prevenzione al fine di evitare il contagio e la sua diffusione fra la popolazione umana e, ancor prima, tra la popolazione animale con l’indicazione di pratiche comportamentali ( protocolli operativi) da rispettare da parte delle aziende e degli addetti del settore; tutto questo potenziando i servizi pubblici veterinari in uomini e mezzi, con particolare attenzione ai servizi veterinari transfrontalieri,
-  che siano stanziati fondi adeguati per la realizzazione di interventi mirati di prevenzione e di assistenza veterinaria e sanitaria a favore dei paesi colpiti da focolai di influenza aviaria,
-  che si promuovano iniziative, a livello di Comunità Europea, affichè tutte queste azioni siano intraprese anche dagli altri stati Europei.

( L’appello si puo’sottoscrivere inviando una e-mail con proprie generalità e recapito a : medicinademocratica@libero.it ) .

* Documento elaborato dal direttivo nazionale di Medicina Democratica nella riunione di Milano del 29 ottobre 2005.


Appello pubblicato sul fascicolo 159 - 161 della Rivista che sarà nelle librerie dal prossimo mese di dicembre.
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