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Impatto ambientale causato dalla liberalizzazione della enegia elettrica in Italia

II.Produzione e consumi di energia elettrica in Italia
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Queste note focalizzano le caratteristiche del bilancio energetico complessivo italiano e le sue implicazioni future. In proposito, la Tabella 1 presenta il bilancio energetico italiano al 2002, per tipo di combustibile, con la quota di produzione nazionale per i diversi combustibili, le importazioni e le esportazioni, nonchè la quota destinata alla produzione di energia elettrica (ovviamente per le centrali termoelettriche). L’Italia è da sempre caratterizzata da una forte dipendenza estera : le importazioni di combustibili fossili (petrolio, gas, carbone) pesano per circa l’85% dei consumi totali (la media europea, nel 2002, è del 54%). Per l’esattezza siamo passati dall’ 80,9% del 1995 al l’84,3% nel 2002 “davanti” a Spagna e Belgio (75 e 76%), Austria (67,7%), Grecia (63,4%), Germania e Finlandia (57 e 59%), Francia (48,4%), Danimarca (43%), Svezia (38,3%), Olanda (24,8%), per non dire dei paesi esportatori di energia come la Gran Bretagna (11,3%); dietro all’Italia pochi paesi: Lussemburgo (98,4% nel 2002), Portogallo (89,1%), e Irlanda (87,3%). La dipendenza italiana dovrebbe ridursi (intorno all’82%) in funzione del reale incremento nell’utilizzo di “fonti alternative”, mentre la produzione nazionale di combustibili rimarrà sostanzialmente invariata (anzi, è prevista una riduzione nelle quantità di gas naturale estratte dal sottosuolo italiano a fronte di un incremento dei consumi di gas nei prossimi anni). Un altro dato che caratterizza il nostro paese: la produzione di energia elettrica dipende per circa il 70% dai soli combustibili derivati dal petrolio e dal gas naturale. In Europa, mediamente, il 70% dell’energia elettrica viene prodotta dalla combustione del carbone e dal nefasto utilizzo di centrali elettronucleari (sono queste due ultime fonti a ridurre - eccezion fatta per la Svezia - sensibilmente le quote di dipendenza estera dei maggiori paesi europei dai combustibili primari). Tornando alle fonti primarie di energia e al bilancio complessivo ricordiamo che l’energia elettrica, così come l’Idrogeno non è una fonte primaria, anche se viene spesso trattata come tale negli studi; essa è un vettore energetico derivato dalla trasformazione di un combustibile primario (carbone, lignina, gas, prodotti petroliferi), ovvero si tratta di energia trasportata dalla rete elettrica con le relative perdite sia di trasformazione che di trasporto. Il 2002, ultimo anno per il quale si hanno a disposizione dati completi ancorchè provvisori, rappresenta un anno di transizione, rispetto al trend che

prevede : un incremento dell’uso di carbone, con i relativi pesanti impatti ambientali; una stasi nei consumi di prodotti petroliferi e del ricorso a fonti rinnovabili; incrementi consistenti nell’utilizzo del gas, previsti con il programma di nuove centrali a gas; un incremento nelle importazioni dirette di energia elettrica. Per il periodo 1995-2002, nella Tabella 2 si presenta l’andamento dei consumi di energia primaria (e di energia elettrica) espressi in milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) Come brevissimo excursus storico dell’energia elettrica si ricorda (prendendo a riferimento gli ultimi 50 anni, dal 1962) che dal 1962 al 1978 le quantità di energia importate sono state ridotte (intorno al 2%), mentre a partire dal 1978 si è avuto un incremento progressivo (1983= +6,12%; 1988= +14,17 fino al 2002 +16,28%), che va di pari passo con l’assestamento della capacità produttiva da fonte idroelettrica (+ 20,37% tra il 1962 e il 2002) e la estensione della produzione di energia elettrica da centrali termoelettriche “tradizionali” ( + 894% tra il 1962 e il 2002). Tornando all’oggi, dalla previsione “tendenziale” (legislazione e “business” riferiti al 2002) del bilancio energetico nazionale al 2010 rispetto al 2000, emerge un forte incremento nei consumi di gas naturale (+ 31%), principalmente nel settore della generazione elettrica (+ 50%) e nei settori residenziali e dei servizi (+ 33%); si riscontrano anche forti incrementi nei consumi di gas nei settori dei trasporti e dell’agricoltura (in quest’ultimo settore con valori assoluti bassi), e un incremento del 2% nel settore industriale (v.Tabella 3). In questo decennio (2000-2010), si prevede un incremento dei consumi elettrici (+ 11,81% ), principalmente nel settore industriale (+ 28,8%) e in misura minore nel settore residenziale/servizi (+ 4,3%); una modesta diminuzione dei consumi di petrolio (- 2,4%) in tutti i settori con un incremento dell’impiego del carbone (+ 14%) dovuto alla sua convenienza economica rispetto al petrolio; a tacere dell’aumento dei costi sociali derivanti dall’inquinamento ambientale causato dalla combustione del carbone. Più avanti, in questo dossier, mostreremo gli “scenari alternativi” ipotizzati e le ricadute sotto il profilo ambientale sulla base di studi pubblicati.La Tabella 4 focalizza la struttura del parco produttivo e la relativa produzione di energia elettrica negli anni 1999-2003. Questa tabella sintetizza anche la produzione dell’energia elettrica degli ultimi anni, i consumi e le quantità importate di energia elettrica. In particolare, nel 2003, anno di crisi idrica ( [1]) che ha causato diversi problemi di produzione, il GRTN ha calcolato un fabbisogno annuo della rete pari a 320.658 GWh, con un incremento del 3,1% rispetto al 2002. Da questi dati “generali” è opportuno evidenziare alcuni aspetti sui quali fanno leva le società che richiedono l’autorizzazione per la costruzione di nuove centrali e, viceversa, le ragioni delle popolazioni autoorganizzate che si oppongono alla loro costruzione, per gli impatti ambientali e sanitari causati dalle stesse. Un primo aspetto da evidenziare è quello della voce “energia destinata ai pompaggi”, ovvero la differenza tra l’energia netta prodotta dagli impianti e quella avviata alla rete per il consumo nei diversi settori civili ed economici. Si tratta di un valore che è passato dagli 8.903 GWh nel 1995 ai 10.492 GWh del 2003 ( + 17,8%), equivalente al 23,7% della produzione di energia elettrica da impianti idroelettrici (nel 2003 questo valore si è leggermente ridotto, (- 1,5%), rispetto al 2002). Si tratta, quasi esclusivamente, dell’energia elettrica consumata per il pompaggio notturno dell’acqua spinta a monte delle centrali (utilizzando energia di importazione a basso costo). Si tratta della medesima acqua che, durante il giorno, produce elettricità venduta a tariffe superiori (muovendo le pale dei generatori degli impianti idroelettrici, poi raccolta a valle degli sbarramenti negli invasi a ciò finalizzati, per il successivo “riciclo”). L’incremento di questa pratica è determinato da speculazioni economiche (il gestore dell’impianto idroelettrico lucra sulla differenza tra il costo della energia utilizzata nel periodo notturno e il prezzo di cessione della energia elettrica prodotta nel periodo diurno), anche per questo, durante la crisi idri-ca dell’estate 2003, i gestori degli invasi erano restii a rilasciare l’acqua per incrementare il livello dei fiumi e permettere la produzione agricola nonché il funzionamento delle centrali termoelettriche lungo l’asta del Po e dei suoi affluenti, oltrechè alimentare gli acquedotti. Si tratta di fatti sui quali riflettere, sia sotto il profilo della gestione degli impianti da parte dei produttori di energia elettrica sia sotto il profilo della gestione di un bene della collettività, sempre più scarso, come l’acqua. Un altro aspetto importante è quello delle

fonti primarie dei combustibili utilizzati nelle centrali termoelettriche. Come è

noto, nonostante si tratti degli impianti a maggiore impatto ambientale sono anche quelli ove si accentrano le richieste maggiori per la costruzione di nuove centrali; la Tabella 5 illustra la situazione determinatasi nel triennio 2001- 2003. Tornando ai consumi di energia elettrica, i dati presentati nelle tabelle 3 e 4 mostrano un costante incremento, con una tendenza media di + 3% anno e con una accelerazione negli ultimi anni. Secondo il Gestore della Rete Nazionale di Trasmissione (GRTN) le principali cause di tale incremento sono:
-  il massiccio incremento nell’utilizzo di condizionatori;
-  l’incremento nei consumi per la catena del freddo (alimentare);
-  la diffusione di apparecchiature informatiche. Superfluo ricordare che tale Gestore si dimentica di dire che in Italia, deve essere ancora attivata una efficace politica per il recupero e il risparmio energetico in tutti i settori da quelli civili all’industria, dal commercio al terziario, dai trasporti all’agricoltura. Politica non più eludibile e che, se attivata, consentirebbe notevoli risparmi energetici, quantitativamente ben maggiori dei suddetti incrementi dei consumi di energia elettrica. Per quanto concerne i consumi domestici (per ragioni a noi sconosciute, essi sono sempre accorpati con quelli del settore terziario), l’incremento è minore rispetto ai settori economici, in particolare il terziario (soprattutto il settore commerciale) e l’industria (alimentare, meccanica, energia e acqua; inoltre, nello stesso periodo, i settori più energivori come la siderurgia e la chimica non hanno diminuito i loro consumi). Pur con i necessari distinguo del caso, va sottolineato che tale mancata riduzione e, ancor più, l’aumento dei consumi elettrici in detti comparti economici costituiscono certamente un indicatore della obsolescenza del nostro apparato produttivo e commerciale. In altri termini, è indispensabile attivare una incisiva ed efficace politica di risparmio e riduzione di tutti i consumi energetici sorretta da altrettanti efficaci programmi di ricerca industriale a ciò finalizzati. Nella Tabella 6, per il periodo 1995-2003, si possono apprezzare tali incrementi dei consumi elettrici (è escluso il settore dei trasporti che utilizza combustibili primari) ad eccezione delle ferrovie.

Marco Caldiroli e Luigi Mara



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(Articolo della rivista n.154/156 Maggio - Settembre 2005)
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