L’espressione “a tutto gas”, sottintendendo concetti come accelerazione e
velocità, ben descrive la forza e l’impeto che grandi gruppi energetici
nazionali ed internazionali imprimono all’approvvigionamento di gas e alla
costruzione di rigassificatori.
Quando si parla di grandi impianti, soprattutto se particolarmente nocivi
alla salute umana o lontani anni luce dalle vocazioni locali, la Puglia - la
storia lo insegna - non sta a guardare. Infatti, noi pugliesi - da vero
popolo generoso e prevalendo in noi quello che nel Piano Energetico
Ambientale Regionale viene definito “spirito di solidarietà” - produciamo
energia in misura superiore a quanto noi stessi consumiamo. Basterebbe
questo scarto, notevole, tra quanto ci occorre e quanto produciamo per far
desistere i governanti dal concedere licenze per la costruzione di nuovi
impianti.
Ma proviamo ad andare oltre. Proviamo a chiederci a chi realmente giova un
impianto di rigassificazione. Non si costruiscono i rigassificatori per
soddisfare la domanda interna. Per questa sono sufficienti i gasdotti
attuali e quelli che verranno (Galsi e Igi, quest’ultimo interesserà,
ovviamente, la Puglia). I rigassificatori servono per far diventare l’Italia
un “hub” ossia un centro di raccolta di gas dai paesi produttori e vendita
verso il nord Europa. L’autore di questa affermazione non è un valligiano
noglobal né un pescatore dell’adriatico o dello Ionio affetto
irrimediabilmente da sindrome nimby ma è Quadrini, Amministratore Delegato
di Edison, azienda che sta costruendo il rigassificatore di Rovigo (Fonte
“Il Giornale” del 1 settembre 2006).
Queste strategie non hanno un costo nullo, in termini ambientali e di tutela
delle popolazioni, né per i nostri territori né per i territori da cui il
gas viene estratto. Da anni, per esempio, in Nigeria, le popolazioni del
delta del fiume Niger sono in lotta contro le multinazionali del petrolio e
del gas (tra cui l’ENI). Le deflagrazioni che spesso si verificano durante
l’estrazione di gas, infatti, hanno prodotto e producono tuttora un forte
inquinamento del fiume. Pochi anni fa, per aver protestato contro questo
scempio, nove attivisti ecologisti (tra cui lo scrittore Ken Saro-Wiwa)
furono impiccati, al termine di un processo farsa.
In Puglia, i consumi energetici privati sono aumentati dal 1990 al 2004 di
circa il 30% (Fonte PEAR). È, invece, stabile nel tempo il consumo di
energia nel settore industriale. E allora, cosa si può fare per mettere a
freno questa domanda crescente di energia? Si ritiene di aver fatto già
abbastanza per contenere il fabbisogno energetico degli edifici? Si è fatto
abbastanza per far rispettare il DPR 412/93 che imponeva di ricorrere, per
gli edifici pubblici, alle fonti rinnovabili?
Evidentemente, la risposta a entrambe le questioni è NO!
È strategico, allora, favorire quegli investimenti che incentivano
l’auto-produzione di energia piuttosto che la costruzione di mega-impianti
il cui fine primario è il profitto di pochi.
Parlando di strategie, il discorso non può che allargarsi e coinvolgere
altri aspetti tra cui ovviamente quello più strettamente pedagogico legato,
cioè, all’educazione verso stili di vita compatibili con la scarsità di
risorse. Educazione e cultura dell’ambiente che certamente contribuiscono a
non accettare supinamente e acriticamente decisioni ma a coltivare dubbi
(dubito ergo sum), tra questi il nostro: ma è proprio necessario correre “a
tutto gas”?
Emilio Gianicolo
Medicina Democratica
Stefano De Guido
Laboratorio per i diritti dei migranti
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