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VERSO IL CONGRESSO NAZIONALE DI MEDICINA DEMOCRATICA

Biodiversità e cambiamento globale
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di Laura GOLA*

“La varietà degli organismi a tutti i livelli, da quello delle varianti genetiche appartenenti alla stessa specie fino alla gamma delle varie specie, dei generi, delle famiglie e ai livelli tassonomici più alti, comprende anche la varietà degli ecosistemi, ossia la varietà delle comunità degli organismi presenti in un particolare habitat, e delle condizioni fisiche in presenza delle quali essi vivono” (E. O. Wilson, 1993).

La biodiversità è la caratteristica fondamentale degli organismi viventi che popolano un pianeta plasmato dalla selezione naturale, in cui omogeneità è sinonimo di vulnerabilità. La “diversità della vita” è la garanzia di funzionalità e stabilità degli ecosistemi e della biosfera nel suo complesso.

Mentre stiamo vivendo un’epoca di grande diversità biologica, anche in seguito alla distribuzione delle terre emerse caratterizzata da una notevole frammentazione dei continenti, contemporaneamente l’erosione della biodiversità è ad un suo apice.

Molti studiosi convergono sul fatto che stiamo vivendo la “sesta grande estinzione delle specie”, in quanto sono cinque i periodi di maggiore crisi della biodiversità che, nel corso della storia naturale, si sono verificati. In particolare: durante l’Ordoviciano, 440 milioni di anni fa, durante il Devoniano, 365 milioni di anni fa, durante il Permiano, 245 milioni di anni fa, durante il Triassico, 210 milioni di anni fa e durante il Cretaceo, 66 milioni di anni fa.

Erosione della biodiversità significa alterazione profonda dei cicli naturali e dei “servizi” che, naturalmente e gratuitamente, gli ecosistemi ci offrono. Il ciclo dei nutrienti, i flussi di energia, la produzione di ossigeno, il riciclo della materia e la decomposizione dei rifiuti, l’impollinazione delle piante, il ciclo dell’acqua, il sequestro del carbonio.......sono processi strettamente interconnessi alla complessità della materia vivente.

Riducendo la complessità, banalizzando habitat e biocenosi stiamo riducendo la resilienza ambientale del Pianeta vivente.

Gli esempi sono tristemente numerosi.

Il depauperamento delle foreste sta alterando la funzione ecologica che esse svolgono nel ciclo dell’acqua, nella difesa dal dissesto idrogeologico, nel fondamentale ruolo di habitat per moltissime specie animali che, con esse, si stanno estinguendo.

La complessa comunità vivente del suolo, che riveste un ruolo di primaria importanza nel riciclo della materia e garantisce la fertilità del terreno, in molte aree del pianeta, è compromessa al punto da non garantire più la sua funzionalità ecologica.

Il mutamento globale determinato dalla specie Homo sapiens è capillare, “L’umanità è in rotta di collisione con gli ecosistemi e con le risorse mondiali.” (World Watch Institute 2006).

L’impronta ecologica, la quantità di natura consumata dalla nostra società, non è sostenibile da un pianeta con risorse naturali limitate, nel quale non è possibile che i consumi superino la biocapacità naturale.

In un pianeta caratterizzato da sistemi naturali circolari, il nostro modello di sviluppo si inserisce con sistemi di tipo lineare che recano con sé enormi problematiche di smaltimento dei prodotti di scarto dei processi.

In una società realmente sostenibile l’economia, al contrario, non dovrebbe essere in contrasto con l’ecologia ma dovrebbe seguirne i processi beneficiando al massimo dei servizi forniti dagli ecosistemi.

Il depauperamento delle risorse e l’erosione della biodiversità hanno sempre avuto nella storia dell’Homo sapiens come inevitabile conseguenza il degrado della società.

La storia recente del Lago Vittoria ne è un esempio. L’introduzione di specie alloctone in un territorio è una delle più grandi minacce alla biodiversità, l’introduzione della Perca del Nilo (Lates niloticus) negli anni ’60 nel Lago Vittoria ha portato, in tempi brevi, all’estinzione delle specie ittiche autoctone, quasi cancellando uno dei processi evolutivi più affascinati del pianeta, che aveva condotto alla speciazione di molti taxa di Ciclidi nel breve tempo (in termini evolutivi) di migliaia di anni. Ma la catastrofe non è stata soltanto ecologica ma anche sociale, le popolazioni che vivevano di pesca sono state portate al collasso economico, cargo sovietici caricano filetti di Pesce Persico (Perca del Nilo) e scaricano armi per le innumerevoli guerre dimenticate nel cuore dell’Africa. Una triste storia di alleanza diabolica tra multinazionali del cibo e delle armi, di popolazioni affamate e di natura violentata.

A livello planetario sono ormai molti i territori divenuti inospitali, i “profughi ambientali” ne sono tragica testimonianza. Molto spesso la causa sono desertificazione e sterilizzazione del suolo; la risorsa rinnovabile per eccellenza, l’acqua, sta divenendo, in molte aree, un bene sempre più raro ed insufficiente. Questo sta accadendo in tutti i continenti.

Mentre l’“impronta idrica” dei paesi occidentali cresce a dismisura stiamo intaccando le falde fossili che si sono formate in tempi remotissimi. In India in molte aree i contadini che prelevavano l’acqua dai pozzi ora devono scavare gallerie profondissime nella roccia, in Pakistan, il “regalo dell’Indo”, così come in Egitto, il “regalo del Nilo”, l’errata gestione e artificializzazione del territorio stanno avvelenando i raccolti per il sale che si accumula nei campi.

Le coste marine stanno arretrando perché i fiumi canalizzati non trasportano più i sedimenti e l’erosione del mare prevale, in alcuni casi i fiumi non raggiungono addirittura più il mare... Stiamo perdendo le zone umide più importanti del pianeta, enormi polmoni di biodiversità. A tutto questo si aggiunge il fatto che i mutamenti climatici stanno rendendo meno prevedibile la risorsa acqua.

Il prosciugamento del Lago d’Aral, definito dall’ONU come la più grande catastrofe ambientale del XX secolo, è un esempio purtroppo perfetto di come il prelievo idrico eccessivo ad uso irriguo con deviazione del corso dei fiumi sia la causa di un disastro ecologico (la scomparsa di interi ecosistemi e il cambiamento climatico dovuto all’assenza dell’effetto di mitigazione del lago) e sociale (la semischiavizzazione e lo stravolgimento del sistema sociale delle popolazioni locali).

Il tutto causato da una errata pianificazione dell’attività agricola con la scelta della coltivazione del cotone, una delle colture in assoluto più esigenti dal punto di vista idrico.

Un guadagno assolutamente temporaneo e per “pochi” a danno, forse irreversibile, dell’ambiente e delle comunità locali.

Lo sfruttamento eccessivo delle risorse conduce all’inevitabile declino delle società che non hanno saputo convivere con i limiti del loro sviluppo. In Europa uno degli esempi più evidenti di quanto la crisi planetaria sia, naturalmente, anche crisi della nostra specie, è la torrida estate del 2003, in cui la temperatura media superò di 3-6 °C la media del trentennio 1960-90. Nel continente morirono circa 35.000 persone per cause imputabili al clima.

La storia delle civiltà pregresse è stata anche la storia del rapporto dell’Uomo con le risorse naturali. Spesso il percorso è simile, il declino di una civiltà segue inevitabilmente l’apice dello sviluppo, se il rapporto con l’ambiente è stato di mero e poco lungimirante sfruttamento.

“I valori cui ci si aggrappa in modo irragionevole e ostinato nelle circostanze sbagliate sono gli stessi valori che un tempo avevano fatto trionfare sulle avversità” Jared Diamond 2005.

La civiltà dell’Isola di Pasqua, così come le civiltà Maya, Anasazi, Vichinga (l’elenco potrebbe continuare...) vissero il loro declino dopo un grande sviluppo in quanto a popolazione, edificazione di monumenti e deforestazione.

Esempi di società che si autodistruggono per uno sfruttamento eccessivo delle risorse a cui seguono spesso una variazione climatica (quantomeno a livello locale), il deterioramento dei rapporti e degli scambi commerciali con le popolazioni vicine e gli sconvolgimenti politici e sociali inevitabilmente conseguenti.

La storia delle guerre è la storia dell’appropriazione delle risorse.

La maggior parte dei grandi fiumi attraversa stati diversi e questo, invece che condivisione e partecipazione nella gestione, genera dissidi per lo sfruttamento. I fiumi e le falde della Cisgiordania sono un elemento centrale del conflitto tra Israele e Palestina.

I problemi si assommano, si creano catene inevitabili di eventi negativi, un altro esempio è quello delle emissioni inquinanti che alterano il clima, in molte aree questo vuol dire diminuzione delle precipitazioni e quindi aridità. A tale processo si unisce sinergicamente l’aumento dei prelievi idrici che acuisce il fenomeno.

Uno degli aspetti più critici dell’impatto della nostra specie sulla biosfera è di quello di avere reso il territorio più vulnerabile a perturbazioni esterne, di avere interagito negativamente con la naturale capacità degli ecosistemi di adattarsi al mutare delle condizioni ambientali, la resilienza ambientale dell’intero pianeta Terra. Questo aspetto si sta rivelando particolarmente impattante per quanto riguarda i cambiamenti climatici e l’acuirsi dei fenomeni estremi.

Quando i problemi ambientali aumentano il successo economico non dipende solo dagli utili immediati ma soprattutto da un’attenta pianificazione dell’utilizzo delle risorse a lunga scadenza.

Attualmente il metabolismo naturale è intrinsecamente alterato dal metabolismo dei sistemi sociali, un processo caratterizzato da una grande crescita della popolazione umana e dal modello consumistico di una società che non affronta i problemi del futuro ma vive un presente che divora le risorse naturali senza pianificarne e razionalizzarne l’utilizzo.

La comunità scientifica internazionale ha definito questo enorme impatto sul Pianeta Terra della specie Homo sapiens “Global Environmental Change”.

Per una reale politica di sostenibilità occorre applicare da subito il “principio di precauzione” ad ogni nostra azione, a livello globale ma anche nella nostra esperienza quotidiana. Esso è stato definito nell’ambito del Processo di Agenda 21 1 per lo Sviluppo Sostenibile, che recita: “se esiste la probabilità di danni ambientali rilevanti e le conoscenze al riguardo non sono complete, nelle decisioni e nelle misure si segue un atteggiamento di cautela”.

Nel congresso della Ecological Society of America (ESA), tenutosi a San Josè, California, nell’agosto 2007, insieme alla Society of Restoration Ecology International (SER) è stato approvato uno piano di lavoro congiunto in cui si sottolinea l’importanza della realizzazione di una “grande opera”: il Ripristino Ecologico (Restoration Ecology) nella strategia mondiale volta a mitigare gli effetti dei cambiamenti globali.

Il triennio 2007-2009 è stato dichiarato dall’ONU come periodo “internazionale del Pianeta Terra”, scopo dell’iniziativa è quello di spingere gli Amministratori ad applicare gli straordinari risultati ottenuti negli ultimi anni dalle scienze della terra per favorire politiche di reale sostenibilità.

Considerando la biodiversità come chiave di volta per la conservazione delle risorse naturali del pianeta è stata lanciata l’iniziativa “Halting the loss of biodiversity by 2010”, conosciuta anche come “Countdown 2010”. Con questa iniziativa i governi e i membri della società civile si sono assunti l’impegno di portare avanti azioni finalizzate a fermare la perdità di biodiversità a livello continentale entro il 2010 e a contribuire in questo modo alla riduzione del tasso di perdita a livello globale.

E’ importante ascoltare... lo scioglimento della banchisa polare, il deperimento della barriera corallina, il decremento delle api o, più semplicemente, passeggiare in un frammento di ciò che rimane della foresta planiziale lungo il fiume Po, per osservare la condizione dei boschi di Farnia (Quercus robur) , la quercia tipica di queste aree. Lo spettacolo è tristemente sconcertante, siccità e temperature elevate stanno uccidendo, in breve tempo, esemplari giovani e centenari, in un inarrestabile declino che le porterà, molto probabilmente, alla scomparsa.

Le scelte future dovranno sapersi adattare ad un Pianeta che sta cambiando, come sempre è accaduto, ma in tempi sempre più rapidi, è questa la “novità”, la sfida è difficile, occorrerà una grande creatività, caratteristica intrinseca in tutti gli organismi viventi e peculiare nella specie a cui apparteniamo...

*Biologa, responsabile del settore faunistico del Parco del Po e dell’Orba della Regione Piemonte, aderente alla Rete ambientalista e al WWF di Alessandria. Collaboratrice della rivista Medicina Democratica.

NOTE

Agenda 21 è un documento di intenti ed obiettivi programmatici su ambiente, economia e società sottoscritto da oltre 170 paesi di tutto il mondo, durante la Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (UNCED) svoltasi a Rio de Janeiro nel giugno 1992.


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In questa rubrica sono contenuti documenti e articoli relativi alle politiche ambientali ed alla questione degli inquinamenti.
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