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oggi è il: 29|03|2024
DOCUMENTI FINALI DEI GRUPPI DI LAVORO DEL VI CONGRESSO NAZIONALE DI MEDICINA DEMOCRATICA

GRUPPO SALUTE E IMMIGRAZIONE: LA SALUTE DELLE DONNE
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Salute immigrazione:la salute delle donne

Vogliamo introdurre il discorso sulla salute della donna con una premessa che prende spunto dal pensiero della differenza. Le donne hanno millenni di storia in cui si sono trovate legate tra loro senza averlo voluto, per effetto di un ordine che solo apparentemente si è limitato al dato biologico e naturale. E’ ormai , almeno per noi, scontato che quest’ordine ha di fatto compiuto un reato sui corpi delle donne ma anche su quello degli uomini, parlando del concetto astratto di umanità come entità neutra ma di fatto pensata e definita dagli uomini.

Per questo riteniamo che la libertà femminile possa e debba intrecciarsi con quel pensiero che ha criticato l’astrattezza del neutro, delle forme liberali astratte della democrazia e della libertà e mira a liberare gli esseri umani dallo sfruttamento e dall’oppressione, dalla mercificazione degli individui operata dal profitto capitalistico, verso un ordine sociale ispirato a criteri di giustizia, di autogoverno, di equilibrio tra natura e specie umana. Pensando alla costruzione di una società multietnica e a una convivenza nella pluralità di modelli e di culture, vanno combattute le logiche di dominio e di violenza che impediscono alle persone e alle donne immigrate di compiere un percorso pieno di cittadinanza. Va ribaltato l’aforisma di Max Frisch:”Volevamo delle braccia, sono arrivate delle persone.”

La seconda considerazione mette al centro il concetto di autodeterminazione delle donne frutto delle lotte del potente movimento degli anni ’60 con l’approvazione delle leggi sul divorzio, l’aborto legalizzato, i consultori familiari, il nuovo diritto di famiglia.

Un terzo elemento riguarda il rapporto diretto delle donne con la medicina. I passaggi fondamentali che riguardano la vita delle donne e il corpo femminile(comparsa del ciclo mestruale, scelte contraccettive, gravidanza, parto, riproduzione assistita, menopausa) sono fenomeni determinati socialmente oltre che biologicamente. Il mancato riconoscimento dell’influenza esercitata dal contesto sociale e culturale di questi eventi corporei ha favorito l’eccessiva medicalizzazione degli stessi e ha fatto si che le definizioni bio-mediche si imponessero sopravanzando le voci delle protagoniste. L’espulsione del femminile è andata di pari passo con il controllo delle professioni e la cancellazione di pratiche e impostazioni di antica data. Vedi la competizione tra i sessi, tra medici e levatrici proprio nella gestione del parto.

Negazione della salute ovvero la violenza contro le donne, realtà tuttora molto diffusa, trasversale e sottovalutata. Nel dicembre 2004 l’Istat ha reso noto i risultati dell’indagine sulla “Sicurezza dei cittadini” da cui risulta che il 2,9% della popolazione femminile tra i 14 e i 59 anni hanno subito una violenza tentata o consumata; e nel 2005, il Consiglio d’Europa afferma che “la prima causa di morte delle donne tra e 16 e i 44 anni, nel mondo ma anche in Europa, è l’aggressione violenta da parte dei loro compagni di vita”. Del resto basta scorrere la cronaca italiana degli ultimi mesi per rendersi conto della violenza sempre più cieca, accompagnata da sentenze che riducono la pena al violentatore se “ la donna porta i jeans attillati, se la donna non è illibata, se la donna è la moglie!”L’attività dei centri antiviolenza con il servizio di sportello e di ascolto, di consulenza, di accompagnamento nelle strutture sociosanitarie svolge una efficacia azione di sostegno. L’attenzione degli operatori sanitari, in primis i medici nei pronto soccorso, per “leggere” i segni fisici e/o psicologici derivanti da atti violenti è ancora insufficiente e questi non aiutano abbastanza le donne a denunciare questo reato.

E’ stato affrontato dall’Ist.Sup. di Sanità il tema del potenziamento dei consultori familiari e della loro riqualificazione, con l’indicazione di un organico completo e stabile per un consultorio ogni 20.000 abitanti, ma ciò nonostante, e in barba alle varie commissioni ministeriali o Progetto Obiettivo Materno Infantile, il loro numero va sempre più diminuendo.

La situazione nel sud Italia è di grave carenza e, laddove i consultori ci sono, sono poco conosciuti dalle donne Nel tempo si sono assottigliate le attività di prevenzione nelle scuole e nelle fabbriche, si è persa la metodologia di lavoro in equipe, si è spezzato il rapporto tra consultorio e ospedale. L’impostazione familistica del governo Berlusconi, l’ingerenza della Chiesa nelle problematiche legate alla contraccezione e all’aborto, nonché la sconfitta referendaria sulla procreazione assistita vanno a rinforzare la presenza sempre più grande dei consultori privati e la propaganda del “Movimento per la vita”.

La legalizzazione dell’aborto con la legge 194/78 ha rappresentato una scelta del legislatore che faceva affidamento al senso di responsabilità delle donne, lasciando loro l’ultima parola.

Rispetto al 1982 la riduzione del tasso di abortività risulta di oltre il 40% (17.2 per mille nel 1982 e 9.9 per mille nel 2004). Va tenuto presente che il ricorso alla IVG è in costante diminuzione tra le donne italiane ma che il 25,9% del dato nazionale riguarda donne straniere. (dati dell’Istituto Sup. di Sanità). E’ chiaro che i consultori familiari devono attrezzarsi per raggiungere le donne straniere facendo rete sul territorio con le associazioni e i gruppi femminili.

Un problema emergente e grave viene riscontrato dal ricorso alla obiezione di coscienza dei ginecologi e anestesisti. In Lombardia una indagine della Rosa nel Pugno evidenzia una percentuale dell’80% di personale obiettore.

Il peso di questa situazione ricade cosi sui pochi non obiettori , con un sovraccarico negli ospedali dove sono presenti, e con il rischio di abbandonare il campo per non essere più cosi penalizzati. Un’altra inadempienza riguarda la prescrizione della pillola del giorno dopo; sono le ragazze e le giovani più esposte e più fragili per la novità dell’esperienza sessuale ad averne più bisogno. Nonostante la sbandierata modernità le ragazze e i ragazzi sono poco informati e il consultorio è carente su questo terreno.

Dalla discussione del gruppo di lavoro durante il congresso sono emersi molti temi e alcune proposte meritano di essere fatte proprie da Medicina Democratica:

un primo gruppo di riflessioni riguarda il rapporto delle donne con la sanità e gli operatori. La piaga della violenza sulle donne e le conseguenze sulla salute fisica e psicologica deve essere intercettata dal medico di medicina generale (importanza dell’ascolto e della raccolta anamnestica). L’OMS ha delineato quali possono essere le conseguenze fisiche (presenza di lesioni, ferite, disturbi ginecologici, cefalea, disturbi cardiovascolari, asma, comportamenti auto lesivi come fumo, alcol, sesso non protetto) e le conseguenze psichiche (ansia, attacchi di panico, depressione, disturbi del comportamento alimentare ecc) della violenza.

Un approccio olistico e sociale ai problemi di salute deve impegnare il personale sanitario nella conoscenza delle leggi e delle normative (ad es: per le persone disabili, non autosufficienti, e per gli stranieri in particolare). Lo stesso approccio vede come necessario il lavoro in rete (per la continuità terapeutica tra ospedale e territorio, per il collegamento tra operatori sanitari e sociali. C’è bisogno quindi di momenti formativi e di aggiornamento permanente.

La presenza delle donne dell’Associazione “Donne audaci” di Brindisi ha arricchito i nostri dibattiti con la parola delle donne immigrate. Hanno sottolineato le difficoltà legate alla lingua e all’assenza di indicazioni plurilingue negli ospedali.

Mancano molte figure competenti per la mediazione linguistico culturale; capire e accettare il modello occidentale di medicina non è per niente scontato come non lo è il significato della malattia in culture diverse dalla nostra; accettare la presenza di un medico uomo in una visita non è concepibile.

Fasi della vita come la gravidanza, il parto e la cura dei piccoli sono tutti momenti fortemente connotati in senso culturale e le donne sentono di più la solitudine e la mancanza di un riferimento alla propria madre o alle donne del proprio paesi. Presenze invisibili, nascoste nelle nostre case ad accudire giorno e notte anziani e bambini, queste è la condizione di molte donne immigrate e il male che denunciano è l’isolamento, da cui una proposta di un luogo per ritrovarsi.

E’ ancora valido e di attualità il documento delle donne sottoposto all’approvazione dell’Assemblea del V Congresso di Medicina Democratica e cosi lo riproponiamo.

-  1.Medicina Democratica riconosce la specificità del problema della salute della donna, sia nella sua condizione di lavoratrice, sia nel processo della riproduzione e in genere in tutte le fasi della vita. Riconosce il diritto delle donne a mantenere la conquista all’autodeterminazione in materia di procreazione o interruzione di gravidanza, che la destra e alcune aree del mondo cattolico vogliono rimettere in discussione. Si impegna a favorire la ripresa al suo interno di una riflessione sulle contraddizioni tra la cultura accademica e la volontà delle donne di acquisire conoscenza e controllo sul proprio corpo, sulla sessualità, sui momenti e i modi del processo riproduttivo, sulla fisiologia dell’invecchiamento e sull’approccio alla malattia.

-  2. Storicamente, le donne hanno giocato un ruolo indiscusso nella cura e nella costruzione e trasmissione di saperi nel campo della salute e della terapia. Oggi tale ruolo assume molti aspetti che vanno ancora approfonditi: in molti casi la donna ha ancora una funzione prevalentemente subalterna, nel lavoro invisibile in famiglia, o tra gli operatori dei servizi sociali e sanitari.

Il lavoro di cura in famiglia, visibile o invisibile, va condiviso all’interno della coppia e non costituisce specifico ruolo femminile, comunque non ruolo subalterno. Nella realtà tuttavia le donne hanno tuttora il maggior carico con i figli, gli anziani, i malati o i disabili.

Non è accettabile in tal senso l’orientamento che tende a utilizzare indiscriminatamente, anche monetizzandolo, il lavoro di cura familiare verso malati e disabili (il cosiddetto quarto settore), allo scopo di ridurre i costi e la responsabilità pubblica in materia, e senza che sia fatta una accurata valutazione delle risorse disponibili all’interno del nucleo familiare.


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.: DOCUMENTO FINALE DEL GRUPPO DI LAVORO SALUTE ED IMMIGRAZIONE: LA SALUTE DELLE DONNE :.
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