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oggi è il: 20|04|2024


LA PARTITA SANITA’: I MALATI FUORI GIOCO
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La complessa vicenda della sanità pugliese ha bisogno per essere compresa del microscopio e del telescopio. Il primo per approfondire gli innumerevoli provvedimenti licenziati in questi mesi dal governo regionale, il secondo per scorgere i passi che a livello nazionale interessi imprenditoriali del settore stanno compiendo verso la Puglia. La frenetica attività della giunta regionale pugliese in tema di sanità dall’autunno scorso a questa parte non ha pari forse negli ultimi decenni: i provvedimenti approvati si susseguono ed il cittadino non ha la possibilità di accorgersene anche perché l’introduzione di regole nuove nel governo della salute ha quasi sempre effetti a lungo termine. E’ possibile quindi che le conseguenze, positive e negative, dei provvedimenti regionali non si apprezzino immediatamente. Dopo il blocco di assunzioni ed acquisti introdotto alla fine del 2000 e reiterato alla fine dello scorso anno, è stato ridotto il numero delle malattie trattabili in day hospital, sono stati messi dei paletti ai bilanci delle aziende sanitarie ed alle tipologie dei ricoveri ospedalieri, infine, in queste settimane, sono state introdotte restrizioni al consumo di farmaci. Quest’ultimo provvedimento è stato meglio percepito dai cittadini perché 379 medicinali sono stati esclusi dalla rimborsabilità, tra questi farmaci quelli per le allergie e alcuni importanti antibiotici. Inoltre la Regione ha introdotto un sistema di distribuzione diretto dei farmaci e ha imposto dei tetti di spesa mensili, alle AUSL ed ai medici di base e pediatri, prevedendo la convocazione Di coloro che li superino per fornire giustificazioni dell’accaduto. Inoltre i medici ospedalieri non dovrebbero più prescrivere farmaci da acquisire dalle farmacie private per i pazienti dimessi, ma dovrebbero assicurare l’erogazione direttamente da parte del presidio ospedaliero di appartenenza. Il TAR di Lecce ha intanto bocciato la ripartizione in dodici mensilità della spesa per le prestazioni specialistiche erogate dai privati convenzionati, attuata dalla AUSL del capoluogo salentino per evitare di giungere in autunno nella impossibilità di assicurare ai cittadini prestazioni gratuite e diluendo il disagio nel corso dei dodici mesi. Quando nel settembre scorso apparve chiaro che i pugliesi avrebbero dovuto pagarsi gli esami diagnostici fino alla fine dell’anno, il Presidente della Regione ebbe a sollevare dei dubbi sulla correttezza delle prescrizioni degli esami strumentali, in altre parole disse che non tutti sono davvero necessari. All’inizio di febbraio il Governo ha introdotto i cosiddetti Livelli Essenziali di Assistenza con i quali si stabilisce quali prestazioni sono a carico del SSN e quali a carico del cittadino. Nello stesso decreto, surrettiziamente, vengono introdotti dei limiti alla erogazione di prestazioni a favore di ammalati non autosufficienti, disabili gravi, alle persone con problemi psichiatrici gravi e malati di AIDS addossando a loro ed alle loro famiglie, ed in seconda istanza ai Comuni, percentuali variabili dei costi, dal 30 al 60%, a seconda dei casi: dall’aiuto infermieristico alle terapie ed agli esami diagnostici e socio riabilitativi in regime residenziale e semi- residenziale. Inoltre è di queste settimane un provvedimento della Giunta Regionale che assicura fondi ai Comuni per l’assistenza domiciliare integrata solo nel caso che nelle precedenti gestioni si siano attuati risparmi di gestione.

Nonostante queste restrizioni la Giunta Regionale ha trovato il modo di concludere un accordo con la Conferenza Episcopale Pugliese che prevede, mentre le leggi regionali e la legge finanziaria permettono solo assunzioni a tempo determinato, l’assunzione a tempo indeterminato e a carico del SSR di un sacerdote per ogni 250 posti letto. La sensibilità cristiana avrebbe richiesto un’astensione da simile accordo in un momento in cui rapporti di lavoro di medici ed infermieri vengono risolti, posti di primari continuano ad essere mantenuti vacanti ed il personale disponibile stenta ad assicurare livelli accettabili di assistenza. In questo quadro si colloca qualche giorno fa il nuovo piano sanitario nazionale che in dieci punti promette il doppio delle prestazioni offerte oggi dal SSN con le stesse risorse, ma soprattutto elimina l’obiettivo della prevenzione, naturalmente quella vera, non quella dell’alimentazione sana e dell’abolizione del fumo, quella che invece controlla ed abbatte le emissioni industriali ed evita che si concentrino nella catena alimentare.

Quale è l’obiettivo di questi provvedimenti apparentemente così slegati tra loro? La "torta" della sanità rappresenta l’80% del bilancio regionale e bisogna renderla flessibile se la si vuole piegare alle esigenze politiche, bisogna che diminuisca il più possibile il costo del personale, in Puglia peraltro tra i più bassi in Italia (41% fonte CNEL) e si portino all’esterno i servizi senza assumere operatori a tempo indeterminato. Le esigenze della politica, che richiedono libertà nella gestione dei posti di lavoro e nella scelta dei destinatari dei flussi di risorse, si scontrano con quelle delle categorie sanitarie che non accettanno intrusioni nelle scelte professionali, nella prescrizione di esami e di farmaci, e con quelle dell’industria farmaceutica. E’ evidente che in questa partita l’ammalato è fuori gioco e lo sarà tanto di più fin quando anche i sani non si renderanno conto di essere fuori gioco e non ritireranno la delega ai tecnici, all’industria farmaceutica e medicale ed ai politici sulle questioni che riguardano la propria salute. L’obiettivo vero dei provvedimenti fin qui emanati è quello di chiudere il bilancio della sanità pugliese in pareggio e per farlo si è goduto di una ulteriore elargizione dal parte del Governo centrale nell’agosto scorso, si è introdotto un aumento delle tasse dello 0.5%, si sono bloccati acquisti e assunzioni, si fanno pagare 400 farmaci prima rimborsabili e si stringono i controlli sull’erogazione degli altri, si fa partecipare disabili gravi, malati di mente, di AIDS ed i Comuni al costo di prestazioni a loro dirette. In questo modo si tende a sottrarre alle voci fisse importanti quote della "torta" sanità per indirizzarle verso i nuovi soggetti imprenditoriali che si preparano ad agire nell’assistenza domiciliare, nella riabilitazione e nell’alta specialità. Ma quale rete di servizi si vuole offrire ai cittadini? E’ bene ridurre i posti letto in ospedale, ma a casa degli ammalati chi andrà a praticare cure ed esami diagnostici? E’ in atto un grande movimento di iniziative private nel settore. E’ giusto ridisegnare gli organici rispetto a bisogni, ma quale eccellenza si potrà mai fare con lavoratori precari e insicuri e con due anni di blocco di acquisti di strumentazione? Accordi pubblico-privato si vedono già all’orizzonte, ma il profitto in sanità non si è mai coniugato con due questioni irrisolte nella nostra regione: emergenza e prevenzione. Il Piano Sanitario Regionale, sebbene composto da cento pagine, fa capire poco sul disegno della sanità futura, le uniche cifre sono quelle della ripartizione della "torta": meno soldi agli ospedali, raddoppio dei fondi alla prevenzione e più soldi al territorio, ma non si dice esattamente quali novità saranno introdotte nei tre settori. La prevenzione, quella vera, langue, l’alta specialità si va a fare sempre di più fuori regione, l’assistenza domiciliare o non esiste o è una parvenza di quella che dovrebbe essere. La critica che la politica rivolge alla medicina ed all’industria sarebbe interessante e da approfondire se non fosse dettata solo da esigenze di bilancio: quanti esami diagnostici sono davvero necessari, quanti farmaci sono indispensabili? Esiste una branca della medicina che si chiama "medicina basata sull’evidenza". Su ogni patologia cerca di stabilire una guida che indichi i farmaci più efficaci e gli esami più utili. Ma non tutti i medici accettano queste indicazioni, le giudicano una intrusione nella libertà dell’esercizio professionale. Forse se le avessero accettate in passato oggi non si vedrebbero convocati mensilmente dalla AUSL per giustificare lo sforamento del tetto assegnato per la spesa farmaceutica.

E’ ormai tempo di scoprire le carte in sanità: la partita non può essere ristretta ai politici ed ai vecchi e nuovi destinatari della spartizione, bisogna rimettere in gioco i veri soggetti della tutela della salute, cioè i cittadini, visto che questa è una questione loro e non solo di bilancio.

Maurizio Portaluri Medicina Democratica - Puglia Brindisi, 30.3.02




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