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ONCOLOGIA: MILANO “RADDOPPIA”, BRINDISI NON FACCIA “AUTOGOL”
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In questa estate che sta per finire mi hanno colpito due notizie di stampa riguardanti la sanità. La prima proveniva da Milano ed annunciava che l’Istituto Europeo di Oncologia, fondato e diretto da Umberto Veronesi, sta per “raddoppiare”, sta cioè per costruire un nuovo stabile delle stesse dimensioni di quello originario. L’altra proveniva dalla più vicina Fasano dove il Sindaco chiedeva l’istituzione nel locale ospedale del reparto di Oncologia. L’oncologia è una specialità complessa che vede riunite e interattive almeno una quindicina di discipline, chirurgiche, mediche, diagnostiche per immagini e di laboratorio. Secondo stime pubblicate qualche mese fa il 40% dei ricoveri oncologici dei brindisini avvengono fuori AUSL e di questi un terzo circa fuori regione. Se si considera che la nostra AUSL perde ogni anno il 10% del suo budget, cioè 50 milioni, per le cure effettuate dai residenti al di fuori delle sue strutture (la media regionale è del 6%) e di questa somma buona parte riguarda le cure oncologiche, ben si comprende che il problema dovrebbe vedere convergere una fattiva attenzione di amministratori, operatori, rappresentanti istituzionali, dei lavoratori e degli imprenditori. Il fenomeno della “migrazione sanitaria” oltre ad impoverire il nostro Servizio Sanitario Regionale, pubblico e privato, rendendone difficile la crescita e l’ammodernamento incide negativamente anche sul reddito delle nostre famiglie. Si tratta quindi di un importante problema politico. Prima delle elezioni furono avanzate varie proposte tra cui quella della creazione di un istituto oncologico; qualche anno prima Albano Carrisi annunciò un accordo con l’ospedale San Raffaele di Milano che andava nella stessa direzione. Oggi, dopo tanti anni, ci ritroviamo a Brindisi ancora senza la degenza di oncologia medica. Ma quello che vorrei rimarcare in questo intervento è che la necessaria - e speriamo imminente - apertura del reparto di oncologia medica nell’ospedale Perrino non risolverà se non parzialmente il problema di cui trattiamo che riceverebbe un sostanziale sollievo dalla realizzare di una strettissima interazione tra le diverse specialità orientate alla cura del malato oncologico. Sarà altresì necessario rendere più rapidamente fruibili le sale operatorie, le diagnostiche e la radioterapia. Bisognerà costituire gruppi interspecialistici per ciascun organo. Interazioni e disponibilità che potrebbe avvalersi di collaudati sistemi di teleconsulto o di riferimento elettronico già sperimentati o da sperimentare, tutti comunque finalizzati alla presa in cura di un paziente spesso disorientato, spaventato e che chiede solo di essere guidato con sicurezza dagli operatori a cui si è rivolto. Ben vengano anche le interazioni con istituzioni di livello internazionale (proposta Carrisi) o l’idea dell’Istituto Oncologico, ma soprattutto si attivi una rete tra ciò che già esiste in campo oncologico sia a livello provinciale che interprovinciale. In questa operazione devono essere necessariamente coinvolti gli enti locali i quali devono però superare le tentazioni campanilistiche. Se tutti vorranno tutto a casa propria, continueremo a rimanere tutti solo con quello che già abbiamo. I Sindaci dovrebbero comprendere che ciò che migliora il livello di salute della popolazione in periferia è soprattutto una buona rete di emergenza, una forte medicina di base e specialistica, un’efficiente assistenza infermieristica e domiciliare mentre le “alte specialità”, tra le quali la legge italiana annovera anche l’oncologia, devono essere necessariamente centralizzate e ciò per ottimizzare le risorse, favorire la ricerca e migliorare la formazione. Auspico anche un ruolo propulsivo dei sindacati dei lavoratori e degli imprenditori a favore del rilancio del servizio sanitario pubblico, a tutela del reddito e per l’ampliamente della occupazione. Se Milano “raddoppia”, evitiamo almeno che Brindisi faccia “autogol”!

Maurizio Portaluri

Brindisi, 31 agosto 2005




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Sanità

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