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oggi è il: 28|03|2024
I piani strategici e la nuova configurazione dell’offerta sanitaria pubblica e privata in Lombardia

Giornata di riflessione: Dal Galeazzi al San Raffaele. La Sanità a Milano e in Lombardia stretta tra pubblico e privato: verso quale direzione ed approdo dopo la Legge regionale n. 31?
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Cercherò di fornire, nel corso della mia comunicazione, una sintesi d’elementi e di dati utili a comprendere (spero) il quadro che è venuto a configurarsi nel Sistema Sanitario Regionale dopo la Legge 31/97 varata dalla Giunta Formigoni, con particolare attenzione agli effetti di tutta una serie di provvedimenti, visioni, filosofie che già nel 1995, anno del suo insediamento, il governo regionale ha inteso adottare, assumere e diffondere per mutare profondamente il sistema di tutela sanitario nella nostra Regione. La mia qualifica di esperto non so se è appropriata, ma penso d’intenderla come persona informata sui fatti, in quanto per vari motivi personali e professionali (e forse ideali), mi sono trovato, in questi anni, a percorrere le stanze dove venivano discussi i provvedimenti legislativi, ad esaminare i dati attinenti alle attività sanitarie in Lombardia e in Italia e ad osservare preoccupato il cambiamento genetico del sistema sanitario lombardo e la scarsa attenzione su questa mutazione. L’iniziativa delle associazioni che hanno promosso questa giornata di riflessione mi sembra opportuna ed appropriata per diffondere in primo luogo dati, informazioni e visioni alternative a quelle ottimistiche e trionfali (che in questi anni sono state propinate, con costose campagne di stampa, dalla maggioranza regionale) e utile soprattutto per far emergere e sviluppare ambiti di discussione e di approfondimento sempre più vasti. Il compito assegnatomi per questa mia "testimonianza" consiste nell’evidenziare i contenuti dei cosiddetti Piani Strategici e di dare alcuni elementi del quadro dei rapporti concorrenziali che si sono venuti a determinare negli ultimi tre anni in Lombardia. Prima di fare ciò, ritengo utile richiamare alcuni cambiamenti significativi che sono avvenuti nella spesa sanitaria regionale dal 1995 al 1997. Dai dati forniti recentemente dalla Direzione Generale della Sanità, l’incremento della spesa dal 1995 al 1997 è del 17, 38% (mentre l’incremento del Fondo Sanitario Regionale è stato del 9,5 %), Il finanziamento alle strutture pubbliche (ASL e AO) (comprese funzioni e fondi di riequilibrio) ha avuto un incremento del 13,68% mentre gli erogatori privati (IRCCS priv. Osp. Class., Case di cura) di assistenza ospedaliera ed ambulatoriale hanno avuto un flusso finanziario maggiorato del 40% (significativo l’incremento per le Case di cura =+ 62,2%). Il disavanzo del 1995 era di 298 miliardi, nel 1997 sale a 1489 mld (1996 = 835 mld). Dalla relazione della Direzione Generale della Sanità dello scorso 19.2.1999, questo rilevante spostamento di risorse dal settore pubblico al settore privato non viene evidenziato. L’aumento del deficit viene imputato in larga parte all’applicazione contrattuale per i dipendenti pubblici e all’incremento della spesa farmaceutica. Ritengo utile anche ricordare che il Sistema Sanitario Regionale è stato profondamente mutato dalla legge di riordino atipica (rispetto alle altre e anche rispetto ai decreti di riordino 502 e 517) varata nel luglio 1997 (1.r.31/97). Con essa furono divisi in maniera netta il ruolo e le finalità delle ASL e delle Aziende Ospedaliere (alle prime, il ruolo d’acquirenti delle prestazioni sanitarie e alle seconde quello di fornirle), fu creato all’interno della ASL un dipartimento ASSI dotato di notevole autonomia, si ridimensionò il ruolo del distretto, venne ulteriormente limitato il ruolo degli Enti locali nel determinare la politica sanitaria locale. Una prima originalità o anomalia va registrata nell’impianto delle normative di riordino lombarde: la legge di riordino venne lasciata orfana di tutte una serie di provvedimenti legislativi collegati che hanno visto la luce in altre Regioni: il Piano Sanitario Regionale, la normativa contabile ed organizzativa, la definizione per legge regionale del regime tariffario per le prestazioni ospedaliere ed ambulatoriali, la strutturazione organizzativa delle aziende sanitarie pubbliche. Si attua una graduale delegificazione e un parallelo svuotamento del ruolo di controllo del Consiglio Regionale. L’assessorato viene di fatto incluso in una Direzione Generale della Sanità, la quale aumenta gradualmente la sua autonomia deliberativa e gestionale, con l’accentuazione della separazione tra politica e gestione. Le Delibere di Giunta e i provvedimenti operativi della DGS, già prima della legge di riordino, determinarono profondi cambiamenti e lanciarono messaggi impliciti ed espliciti sulla visione che Formigoni aveva (ed hanno) della futura configurazione del sistema sanitario regionale. La prima scelta strategica fu di accreditare tutte le precedenti strutture di offerta privata. In tempi brevi e successivi l’accreditamento venne esteso ad altre strutture private (o a porzioni di esse). Si determinò così una maggiore offerta potenziale (derivata dai 2000 letti ulteriormente accreditati) per circa 50000 ricoveri. Nel periodo 95-97,l’assetto strutturale dell’offerta ospedaliera subisce le seguenti modifiche: i posti letto ordinari diminuiscono del 1,9%, i posti letto pubblici decrementano del 8,4%, quelli delle strutture private aumentano del 7,25%; le quote (n.posti letto ordinari) pubblico/privato mutano dal 80/20 del 1995 al 75/25 del 97 (nel 1998 è stimato il rapporto 73/27).L’incremento della quota privata è da ascrivere quasi totalmente alle Case di cura Accreditate (+2000 posti letto = + 33%). Dal punto di vista qualitativo l’accreditamento avvenne "a struttura" senza un apparente vincolo del numero di letti per specialità. L’offerta privata, priva implicitamente di qualsiasi vincolo di programmazione, se non un tetto generico ed ampio della spesa regionale per ricoveri e per prestazioni ambulatoriali, visse nel 1996 l’anno chiave della propria trasformazione e differenziazione. Le Case di cura private e parzialmente gli IRCCS privati, concentrarono la loro offerta su specialità (in particolare cardiochirurgia e ortopedia) che potevano dare loro un rapporto vantaggioso tra costi e ricavi. Se si confrontano la percentuali del peso totale dei ricavi per tipologia di offerta si nota che il privato sembra accentrare la propria su specialità chirurgiche ed in particolare cardiochirurgia e ortopedia. In altri termini, una parte delle strutture private sono le più leste ad adeguarsi al nuovo sistema di finanziamento e abbandonata l’offerta di riabilitazione e lungodegenza, si spostano sui cosiddetti ricoveri ordinari con tariffe DRG più vantaggiose. Non analizzo, ma segnalo anche un importante fenomeno di concentrazione di controllo societario tra case di cura, con la formazione di due o tre gruppi di controllo a cui fanno capo una quindicina di strutture private. Un altro aspetto degno di analisi e di segnalazione è la politica tariffaria adottata dalla Regione Lombardia. I decreti delegati 502/517 avevano introdotto non solo il pagamento a prestazione per l’assistenza in regime di ricovero. In essa si prevedeva (e le leggi finanziarie successive) la possibilità della differenziazione delle tariffe per tipologie di unità di offerta e una serie di funzioni non tariffabili. La giunta Lombarda opta per l’assoluta parità tra le strutture di offerta ai fini dell’applicazione delle tariffe DRG. Questa scelta diede poi spazio alle catene di ricorsi al Tar Regionale delle strutture private, fino ai recenti riconoscimenti per parte di essi dei fondi di riequilibrio (es. delibera S. Raffaele, ora sospesa secondo Borsani).In secondo luogo, venne adottata una linea di tariffazione spinta delle prestazioni, cioè di considerare tariffabili anche prestazioni o settori di attività non adatte ad essere finanziate compiutamente dal sistema basato sui DRG (emergenza, psichiatria ecc.). Il finanziamento a funzioni non tariffabili venne ridotto al minimo (97-circa il 3% medio del finanziamento alle aziende Ospedaliere (mentre in altre Regioni mantenne un maggior peso (circa il 9%). Questa scelta penalizzò il settore pubblico dove all’interno della struttura ospedaliera vengono svolte anche attività di ricerca o di formazione, il cui finanziamento ha ancora forme imperfette o nulle. Il concetto dell’assoluta parità tra strutture sanitarie d’offerta venne declinato già allora e divenne il pilastro culturale e politico della concorrenza tra pubblico e privato. Il regime tariffario è assolutamente eguale per le strutture pubbliche e private. Si determina, tra l’altro senza alcuna gradualità, dei flussi finanziari alle strutture senza significative regole. Il modello a cui la Giunta tende, ideologicamente supportato e tecnicamente e scientificamente non validato, è quello di determinare un libero mercato sanitario. In un lampo vengono eliminate tutte le cautele che anche la stessa Tatcher aveva adottato nel promuovere il nuovo modello di Servizio Sanitario Inglese. Non viene tenuto conto l’esito delle esperienze di quasi mercato avviate sperimentalmente in Europa e comunque accompagnate da un forte ruolo regolamentativo dell’Ente Pubblico Finanziatore. La sfasatura tra introduzione del finanziamento a prestazione, accreditamento e verifica della qualità chiude il quadro e in salsa lombarda, paradossalmente, trasforma il gestore pubblico (la Regione) in principale sponsor dell’iniziativa privata in campo sanitario. Come disse Formigoni recentemente: "Abbiamo spinto i privati ad entrare nella sanità". Ovvero, fu creato non un quasi mercato o una concorrenza amministrata per spingere l’efficienza operativa della struttura pubblica o l’impiego massimo delle sue capacità per l’erogazione di maggiori servizi sanitari in senso qualitativo e quantitativo, ma all’opposto nella fase già precedente alla legge di riordino, fu dato spazio indiscriminato all’intervento privato nel settore sanitario e allo stesso tempo si diede luogo ad un ridimensionamento delle strutture pubbliche, impoverendole in termini strutturali ed economici . Dal punto di vista economico (non considerando dunque gli elementi politici o ideologici) l’opzione neo-liberista, potrebbe essere condivisa se conducesse ad un aumento del valore del servizio offerto e ad un contenimento dei costi. All’opposto, a causa delle opzioni descritte, e della contraddittoria politica sanitaria nazionale si sta verificando in Lombardia un’offerta sanitaria drogata e virtuale. Drogata in quanto gli incentivi e i risultati auspicati dall’avvio del pagamento a prestazione, si sono concretizzati in degenerazioni del sistema, già ampiamente descritte nella letteratura internazionale. L’incentivo principale del sistema a pagamento in base alla misurazione dell’attività svolta in base al sistema DRG, doveva indurre all’utilizzo ottimale della struttura pubblica esistente. La riduzione della durata della degenza media doveva aumentare in senso positivo il rapporto costi/risultati. Invece la riduzione della degenza spesso si è trasformata in dimissione precoce e dunque in una diminuzione del valore del servizio per l’utente e un trasferimento di costi prima e dopo il ricovero. La contrazione della struttura complessiva di offerta è un effetto previsto dal sistema di finanziamento accennato. In Lombardia vi è stato un ampiamento non programmato S i può dire che la scelta ottimale da operare, effettuata con difficoltà in altre Regioni, era seguire il processo di cambiamento con una regolamentazione programmatoria che seguisse l’andamento quantitativo e qualitativo dell’offerta in rapporto alle reali esigenze e non alle opportunità mercantili delle varie unità di offerta. L’ambiguità degli incentivi di un sistema di finanziamento a prestazione, se non sottoposta ad un regime di controllo sistematico non solo economico e quantitativo, ma sopratutto qualitativo, determina tutta una serie di opportunità e d’impropri ricavi a coloro che sanno adottare quegli opportunismi che sono stati già definiti altrove come DRG creeps, cioè in truffe DRG. Interessante, poi, (ne darò solo cenni, analizzando il settore cardiochirurgia e alcuni casi specifici) l’analisi delle modifiche tariffarie operate in questi anni dalla Regione Lombardia, che sembra più favorire, guarda caso le categorie di DRG dove il settore privato è diventato più presente (es. rimborso parziale delle protesi ortopediche e cardiochirugiche o la differenza dei pesi lombardi e nazionali). Virtuale perchè slegata da ogni rilevazione epidemiologica della domanda e dei bisogni. La definizione delle liste di attesa e della loro riduzione operata con il nuovo sistema è tutta da verificare. Si può stimare che l’incremento quantitativo delle prestazioni di ricovero ordinario e giornaliero e delle prestazioni ambulatoriali hanno ridotto alcune liste di attesa. Ma sulla qualità della rilevazione come segnale del bisogno o della domanda sanitaria è basata sulla autorilevazione da parte degli erogatori pubblici e privati non su audit dell’esperienza effettiva degli utenti. L’appropriatezza e la necessità di tali prestazioni è invece tutta da dimostrare. Non sono disponibili dati relativi al tasso di ospedalizzazione (non tasso di ricovero). Parafrasando uno slogan in voga nei riformatori neoliberisti stranieri e declinato in Italia dagli sponsor della libertà di scelta da parte del Paziente, si può condividere chi ha criticato nel passato l’introduzione della concorrenza in campo sanitario. Money follow patient dicevano i primi. Cioè il finanziamento deve seguire le scelte del paziente (o cliente) o meglio deve premiare chi riesce a trattare più casi e soddisfare dunque più domanda. I secondi hanno dimostrato che invece patient follow money. In altri termini confermano che in campo sanitario l’offerta determina la domanda, e in Lombardia si è verificato che l’offerta si è sviluppata in settori dove non tanto è alta la domanda o demograficamente o epidemiologicamente è previsto il suo incremento, ma all’opposto dove i rischi di trattare casi non renumerativi erano inferiori. Anche in questo caso l’assenza o la latenza di un piano e di un controllo determina uno squilibrato e virtuale aumento dell’offerta non rapportato alle reali esigenze dell’utenza. In questo contesto liberalizzante e ottimale per l’intervento del privato in un mercato scarsamente regolamentato e artificiosamente ampliato, la decisione implicita di rinviare il Piano Sanitario Regionale non è casuale. Ogni programmazione e intervento nel funzionamento della mano invisibile (ma ben aiutata) del mercato, viene vista dai nostri amministratori regionali come una bestemmia nel loro catechismo liberista, che vuole gradatamente sostituire ogni intervento gestionale pubblico, con una rete di offerta privata che spontaneamente si sviluppa e si adatta alla domanda. In questo quadro, la definizione dei Piani di organizzazione prima e dei Piani Strategici poi che significato possono avere. I piani di organizzazione hanno significato la declinazione concreta di tutte le scelte implicite della legge di riordino. Dal punto di vista teorico e organizzativo, la parola chiave è stata l’aziendalizzazione. Cioè trasformare la struttura pubblica che, va detto subito, era ed è oppressa dalle modalità di gestione burocratica e imbibita di autoreferenzialità professionale, in un’organizzazione in cui sia possibile la gestione ottimale delle risorse. Il modello aziendale, promosso nelle linee guida apparse in una delibera di giunta è parzialmente figlio di un processo modernizzante avviato dall’inizio degli anni 90 nella amministrazione pubblica italiana. Teoricamente si afferma che la struttura pubblica può e deve essere gestita come una azienda, seppure con diversi fini dell’impresa industriale. Per fare ciò deve dotarsi della contabilità economica patrimoniale, del controllo di gestione e di altri strumenti che aumentino la responsabilizzazione gestionale ed economica dei dirigenti ad ogni livello. La declinazione lombarda di queste finalità teoriche condivisibili ha comportato oltre alla nota separazione tra funzione acquirente e produttrice a: un aumento dimensionale delle Aziende operato con la legge di riordino e finalizzato ad ottimizzare le economie di scala (cioè aumentando la dimensione si pensa sia possibile evitare la duplicazione di strutture di supporto e dunque giungere ad un risparmio di spesa), la loro assegnazione (conforme al quadro nazionale) alla gestione monocratica e tecnocratica del Direttore Generale (in Lombardia con un’accentuata dipendenza politica) la tendenziale sterilizzazione di ogni influenza politica e sociale (svuotamento del ruolo dei Comuni ecc.) un aumento delle separazioni funzionali e una interruzione a volte traumatica delle integrazioni orizzontali e funzionali; un aumento dei livelli gerarchici e un impoverimento dei team professionali (con la crescita esponenziale di responsabili e di referenti facenti capo alle tre direzioni tecniche) uno svuotamento del ruolo del distretto come sede dell’integrazione degli interventi sanitari e sociali un aumento della sovrastruttura non operativa con la moltiplicazione degli staff. I l modello aziendale proposto e sviluppato viene poi articolato, nel caso delle AO, in dipartimenti che giustamente vanno in controtendenza alla parcellizzazione organizzativa e autoreferenziale e in centri di responsabilità dotati o meno di budget. Ovviamente i Piani di organizzazione sono stati definiti e redatti in varie forme e che alcuni processi avranno un esito positivo. Ma fin d’ora ci si può chiedere, se un organizzazione così strutturata sarà funzionale a sviluppare un migliore servizio. Anche in questo caso, la tempificazione del processo di cambiamento è sospetta, la struttura organizzativa doveva essere modulata in rapporto ai bisogni e alla domanda dell’utenza non astrattamente predeterminata su un modello ideologico-teorico. Un sintomo evidente è la debolezza del modello di distretto determinatosi. Piuttosto che un luogo d’integrazione,, sembra essere un luogo di coabitazione i cui inquilini hanno influenze e direttive diverse. In sintesi: il dipartimento prevenzione rimane quasi intatto, l’assistenza di base anche, ma con difficoltà crescenti nel rapporto con le Aziende Ospedaliere, l’assistenza specialistica modificata in un mega Ufficio Convenzioni accreditamento, il Servizio Sociale sembre più autonomizzato ecc. L a ASL in particolare appare impoverita e trasformata già fin d’ora da pagatore di fatture e da esternalizzatore selvaggio di servizi ai vari centri di offerta. Di fatto svolge attività dirette per meno di un quarto delle proprie risorse economiche, per il resto amministra e non completamente il flusso finanziario per l’ottanta per cento di servizi forniti da altri. Compiuta l’operazione della formulazione dei Piani organizzativi (giugno 1998) con l’assenza determinata e voluta di ogni intervento di natura politica o di discussione con la società o gli utenti, fu chiesto ai Direttore generali di predisporre il Piano Strategico. E’ arduo in così poco tempo spremere il succo dei 44 piani strategici e confesso di averne letti solo una quindicina. Ma per dare un’idea bastano queste considerazioni. I PST avvengono al di fuori di una programmazione regionale. Vengono definiti strumenti di programmazione aziendale con i seguenti obiettivi strategici: 1.deve consentire all’azienda il raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario che va ricercato attraverso la razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse, agendo quindi sui costi; 2.in relazione all’obiettivo posto, dalla normativa nazionale e regionale, del tasso di ricovero ordinario del 160 per mille abitanti, le aziende non possono presentare piani che tendano all’equilibrio economico-finanziario attraverso l’incremento delle attività di ricovero ordinario, comunque nel rispetto delle peculiarità delle singole realtà organizzative degli ambiti territoriali di riferimento. Dovranno invece essere sviluppati ed attività e servizi alternativi al ricovero ordinario in un’ottica di "appropriatezza delle prestazioni"; 3. di conseguenza, per i presidi ospedalieri, non saranno approvati piani che prevedano istituzioni di nuove unità operative esistenti se non compensati da un almeno pari decremento di posti letto in altre unità operative, o trasformazioni di unità operative esistenti, e tenendo in considerazione gli indici di efficienza e di produttività stabiliti dalla normativa vigente. Per tali valutazioni si fa riferimento ai posti letto accreditati al 31.12.1997, fatte salve le autorizzazioni concesse fino alla data di adozione del presente provvedimento; 4.il PST dovrà indicare le modalità organizzative interne alle aziende sanitarie in merito alla riduzione dei costi generali di beni e servizi e del personale onde conseguire il raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario del triennio. Il PST dovrà riguardare il triennio 1999-2001; 5.le ASL dovranno valutare con apposita analisi costi-benefici il potenziamento delle attività di prevenzione e di controllo e l’istituzione di nuovi servizi nell’ambito sanitario, socio-sanitario integrato e socio-assistenziale; 6.il PST dovrà individuare modalità e strumenti per il monitoraggio dei consumi e dei prezzi di beni, servizi e prestazioni. S i noti come alle ASL non viene chiesta una valutazione della domanda effettiva della cittadinanza, o la distribuzione delle risorse per i livelli di assistenza che s’intendono garantire e alle AO si chiede di non espandere la propria attività fondamentale (core business) cioè l’attività di degenza o meglio utilizzare appieno la propria capacità strutturale di ricovero. I due indicatori fondamentali adottati a misurare gran parte del Sistema Sanitario e a decidere le sue opzioni strategiche sono: il tasso standardizzato per età di ospedalizzazione e la produzione in punti DRG (distinte in 4 categorie: chirurgici e medici con due livelli di pesi). Silenzio assoluto sulle strategie di controllo o contenimento dell’offerta privata. I piani attuativi locali, articolazione della programmazione sanitaria regionale presenti in varie forme nelle altre Regioni, in Lombardia si trasformano in Piani Strategici Triennali poco strategici e senza programmazione regionale, in quanto non predefiniscono i limiti quantitativi e qualitativi (distinta per branca specialistica) dell’offerta sanitaria e non li modulano in rapporto alle esigenze attuali e future dei cittadini. Anche in questo caso l’operazione con apparenti finalità virtuose si trasforma per il settore pubblico in un blocco delle sue capacità di sviluppo e di utilizzazione ottimale delle proprie risorse. Ne è un ulteriore segnale la pressante richiesta di segnalazioni di personale in esubero. Un segnale implicito ma non troppo della volontà di ridimensionare ancora di più la struttura pubblica per liberare aree d’intervento al privato. Il risultato informativo per un lettore esterno dei Piani Strategici è che si viene a sapere molto delle intenzioni delle strutture pubbliche d’offerta , delle loro strategie locali, delle unità operative che intendono aprire o meglio che la DGS ritiene opportuno che siano attivate, ma nulla o ben poco si sa e viene analizzato delle strutture private. Queste non hanno nessun obbligo a fornire dati di bilancio o rilevazioni obiettive dei loro dati strutturali. Non debbono predichiarare le loro intenzioni. Non avranno nessun limite né quantitativo né qualitativo nel loro intervento. Alle ASL a cui s’intende svolgere una funzione sempre più "assicurativa", viene lasciato un compito contrattuale e di controllo molto blando. Quando, in questi ultimi mesi, le ASL hanno effettuato i primi controlli retrospettivi evidenziando alcune pratiche opportunistiche di rappresentazione dei ricoveri, la lobby privata ha alzato un coro di proteste e di lamenti. Affermano che l’applicazione del pagamento a prestazione è sperimentale, che nel 1996 e nel 1997 non erano state dettate scarse disposizioni e nessuna linea guida. Si difendono, temendo procedimenti giudiziari, affermando che negli Stati Uniti la sperimentazione dei DRG durò più di 5 anni, mentre in Lombardia e solo un triennio che è operativa. Per verità storica si può dire che la sperimentazione del sistema classificatorio ideato da Fetter e costruito sui dati epidemiologici di ricoveri fu testato per 5 anni dal 1978 al 1983, ma quando fu utilizzato nel 1983 per passare da un finanziamento a notula (le assicurazioni e i sistemi assicurativi statali - Medicare e Medicaid - rimborsavano le spese contabilizzate per singolo ricovero) la fase sperimentale fu conclusa e la sua applicazione fu accompagnata se non preceduta da un robusto sistema di controllo e di sanzioni. Sui piani Strategici è ovvio si può dire di più, si può scendere nell’analisi, ma qui volevo sottolineare la loro inefficacia nel regolamentare il quadro concorrenziale che si dice volere promuovere. Una concorrenza imperfetta in cui il paradosso lombardo trova ulteriore manifestazione. Il governo regionale si defila dal suo ruolo pubblico e lentamente induce un processo di dissoluzione della gestione diretta della struttura sanitaria pubblica. Prima si sono accennati alcuni dati circa la modifica del ruolo delle strutture pubbliche in termini strutturali ed economici. Intendo, ora, dare un esempio concreto degli effetti delle politiche adottate dalla Giunta Regionale Lombarda. A questo fine ho cercato d’individuare un indicatore che segnalasse il differenziale di efficienza operativa delle strutture ospedaliere. Avverto che un’analisi approfondita esigerebbe che la Regione pubblicasse per ogni struttura la composizioone qualitativa (case-mix o casistica per singolo DRG). Dai dati messi a disposizione e dunque sulla base di elaborazioni operate dal Servizio Epidemiologico, per ogni struttura ospedaliera pubblica e privata regionale, si è individuato il rapporto tra il peso medio DRG e la durata di degenza media. Di tale indicatore è stata calcolata la media assoluta regionale e a questa è stato posto l’indice 100. Il precedente indicatore è stato trasformato in rapporto a tale indice per indicare l’efficienza assoluta delle singole strutture. I risultati sono "lusinghieri" per il settore privato. Tra le prime 20 non vi sono o quasi strutture pubbliche. Vuol dire che una parte delle strutture private (Case di cura e IRCCS) trattano casi a parità di peso complessi in tempo (durata di degenza) molto ridotto alla media regionale. In altri termini, in questo benchmarking, queste strutture riescono a massimizzare il loro ricavo e a trattare molti più casi in un determinato periodo e aumentare i propri ricavi. Possono esserci altre ipotesi di lettura, ma tutte eventualmente confermabili avendo ulteriori dati in possesso delle ASL. Cioè, riescono a confronto degli altri soggetti non solo a combinare al minimo i fattori produttivi (personale, costi fissi alberghieri per giornata ecc.), ma potrebbero anche a: 1) a trattare casi classificabili nel medesimo DRG, ma aventi minori fattori di complessità diagnostica o minore coomorbilità o pazienti in fasce d’età in cui è lecito aspettarsi una migliore risposta alle cure o una minore insorgenza delle complicazioni; 2) rappresentare in maniera più o meno lecita un peso, con l’indicazione di diagnosi, interventi o complicazioni diverse dalla reale situazione del paziente; 3) scaricare la fase di accertamenti diagnostici dai costi di degenza o a fatturarla in maniera distinta dal trattamento in regime di degenza; 4) influire con opportuni mezzi di comunicazione su medici di base per la scelta della clientela o della casistica; 5) predisporre trasferimenti fittizi tra case di cura collegate per moltiplicare i casi in maniera fittizia per ambedue le strutture interessate. 6) Spezzettare i ricoveri in più periodi (i cosiddetti ricoveri ripetuti); 7) Specializzare le proprie linee di produzione (come ha dichiarato candidamente Borsani) verso tipologie di assistenza standardizzabili Ripeto, non ho ulteriori elementi per confermare una o più di questi ipotesi, ma un range (288-90) così rilevante tra le performance delle varie strutture può richiedere queste ulteriori considerazioni e informazioni: 1.Il restante 90% (con indicatore tra 120 e 90) delle strutture ha un efficienza estremamente bassa (rispetto a un ristretto gruppo), cioè non riesce a trattare così velocemente e efficacemente la propria casistica (è strutturalmente inefficiente secondo i parametri grezzi di efficienza suggeriti dall’assessorato - efficiente è quella struttura che riesce a trattare un caso più complesso in più breve tempo; ovvero, non è considerato come fattore negativo la dimissione precoce, ma anzi è indicato tra i risultato auspicabili). 2.Il sistema di classificazione DRG o meglio l’articolazione dei pesi effettivi lombardi non riproduce per alcune specialità gli effettivi costi (nel senso che si verificano tariffe sopravalutate o sottovalutate); 3.Il peso nel sistema classificatorio dei DRG/ROD indica o dovrebbe indicare, non la complessità della patologia, il grado di assorbimento delle risorse stimato nel trattamento di una determinata patologia. In altri termini tra i sistemi di classificazione esistenti, il legislatore ha optato giustamente per un sistema iso-risorse (medesime o simili risorse) rispetto ad altri che misurano la complessità del caso. Inoltre il sistema DRG, che raggruppa le patologie e i trattamenti possibili in 492 raggruppamenti, fonda la sua scala su una serie di variabili indipendenti (diagnosi o tipo intervento -335 DRG-, sulla fascia di età -52 DRG-, patologie complicanti o concomitanti -103 DRG) che influiscono il differente utilizzo delle risorse (aggregati in prodotti quali gli esami, gli interventi e le giornate di degenza) nel trattare il singolo caso di ricovero. 4.I pesi adottati dalla Regione Lombardia sono quelli originali della classificazione DRG HCFA v. 10 del 1992. Cioè basati su una scala di valutazione di assorbimento di risorse elaborata e testata negli USA nel 1992. La scala tariffaria elaborata al livello ministeriale si basa sullo stesso numero di raggruppamenti, ma i pesi differiscono in quanto sono il risultato di una valutazione di costi elaborata su un campione italiano. I pesi lombardi sono stati poi rivisti nel 1996 a seguito di una rilevazione di costi a campione. Q uesta scala di merito conferma l’ulteriore indicatore evidenziato che è il ricavo per giornata di degenza e anche in questo caso le stesse strutture (in maggioranza private) raggiungono il massimo livello dell’efficienza in pochissimo tempo. Stando a questi dati la concorrenza non esisterebbe, un gruppo di strutture dimostra che è possibile curare casi complessi con costi estremamente ridotti. Nei giorni scorsi abbiamo avuto un saggio di autoglorificazione del sistema lombardo proprio basandosi su questo concetto, che conferma la superiorità del privato rispetto al pubblico (24ore del 15.2.1999. Questo è sicuramente vero dal punto di vista dell’erogatore privato. Il sistema lombardo per alcune strutture ha permesso un incremento notevole del proprio fatturato a parità di dimensione strutturale. Prendo un caso per tutti queste strutture eccellenti e a cui andrebbe riconosciuto un Oscar virtuale per l’efficienza dimostrata. La clinica S. Ambrogio riesce nel 1997 a quadruplicare il ricavo 1995 per l’attività di degenza e a raddoppiare il ricavo del 1996. E’ la prima nella scala con indicatore 288 ed ha un ricavo medio per giornata di degenza di £. 1.784.470. E’ anche la prima struttura per indice di attrazione di pazienti extraregionali (+ del 50%). Ha una degenza media di 5,2 giorni e un peso medio del 1,597 (media regione circa 0,9). Sembra proprio rappresentare il paradigma ideale del nuovo servizio sanitario regionale. Ma se, scrutando tra gli scarsi dati che vengono richiesti a queste strutture e cioè i dati strutturali e di attività forniti dalle strutture stesse con i modelli HSP al Ministero della Sanità, si scopre che: il numero dei letti di cardiochirurgia è 5, ma ivi, nel 1997, miracolosamente si effettuano 1319 ricoveri, con una degenza media di 6,1 giornate di degenza per complessivi 8074 giornate di degenza e un tasso di occupazione del 441,2% cioè una presenza contemporanea per ogni giorno dell’anno di 4,4 pazienti; i letti di medicina generale sono occupati solo il 7% e i 136 letti totali della clinica raggiungono il tasso di occupazione del 57%. Al 1 gennaio 1997, con il numero di letti accreditati, vengono dichiarati solo 27 medici dipendenti, con un ricavo medio per medico di ben 1829 milioni (ben 5 volte superiore al rapporto medio regionale). Le domande non possono che essere spontanee e lasciate per il momento senza risposta: 1.Quale tipo di accreditamento è stato rilasciato a questa clinica? Per struttura o per specialità? 2.Quali professionalità mediche sono presenti per trattare un tale numero di casi di cardiochirurgia? 3.Quali controlli sono stati effettuati a fronte di un incremento così cospicuo in termini di attività e di fatturato? Un caso non certo isolato ma che può essere esemplare per comprendere i mutamenti genetici del sistema sanitario Lombardo. Vorrei concludere con una sintesi delle considerazioni che svolgeva il Prof. J. Le Grand, titolare della cattedra di Politica Sanitaria intitolata al fondatore teorico del Welfare Britannico, Richard Titmuss, presso la London School di Londra: dichiara in un testo che analizza i primi risultati del sistema Sanitario Inglese dopo i primi 5 anni dalla "riforma" del 1989 che un sistema sanitario dovrebbe essere analizzato seguendo fondamentalmente e contemporaneamente cinque criteri: qualità, efficienza, facoltà di scelta, responsabilità, equità. Tralasciare uno di questi aspetti, determina una visione distorta degli effetti provocati dai cambiamenti e riforme che si intendono adottare. Anche la riforma inglese nei primi anni fu promossa in nome dell’efficienza e della responsabilizzazione degli operatori. Si dichiarò che la qualità e l’efficacia delle cure doveva essere incrementata. Sull’equità si tacque molto. Le Grand nel valutare la situazione del NHS afferma che la scrematura dei casi è il più dannoso effetto della separazione tra fornitori e produttori operata nel NHS. Il discorso diventa troppo lungo, ma ritengo che questa possa essere una chiave di lettura della "riforma" Formigoni-Borsani. In altre parole il loro sistema (inefficiente ad allocare le risorse o a utilizzarle) crea strutture troppo efficienti (nel senso che permettono di massimizzare il rapporto costo/ricavi) forse a scapito della qualità e dell’efficacia (non è dato verificarla), forse infischiandosi dell’equità (i casi più complessi o i soggetti più bisognosi di cura non sono desiderabili), con poca responsabilità o responsabilizzazione pubblica e privata (a causa dei controlli scarsi e della programmazione inesistente). Avvertenza: Le tabelle (o i grafici) allegate rappresentano alcuni lucidi utilizzate nel corso della mia comunicazione Le fonti dei dati da me elaborati (e di ciò, mi assumo la responsabilità), sono le pubblicazioni ufficiali della Direzione Generale della Sanità Regione Lombardia o desunte da archivi elettronici disponibili presso il sito Internet della stessa Direzione Generale. (Per eventuali maggiori informazioni contattare l’autore o le Associazioni organizzatrici dell’incontro). Per le tabelle, contattare Medicina Democratica ai numeri di telefono o di fax riportati nel sito o all’indirizzo e-mail mdmilano@altervista.org Note: Tabella 1: sintesi di alcuni indicatori della composizione del personale sanitario per tipologia di struttura al 1.1.1997. Si noti la differenza tra le strutture pubbliche e private. Tabella 2: sintesi dell’offerta di prestazioni ospedalieri per tipologia di ricoveri e tipologia di erogatore. Anno 1997. N. prestazioni e fatturato. Grafico 1: Rappresentazione Grafica tabella 2 Grafico 2: Il grafico è la sintesi dell’indicatore per singola struttura di offerta in ordine decrescente, determinato dal rapporto peso medio in punti DRG medio/degenza media. I valori sono stati indicizzati rispetto alla media regionale di tutte le strutture (valore=100). Questo indicatore è la sintesi della efficienza operativa di ogni singola struttura in quanto esprime il rapporto tra complessità del caso trattato espresso in punti DRG e la "velocità" di trattamento espressa nella durata di degenza media. Vedasi anche tabella n.4. Tabella 3: Evidenzia per tipologia di strutture la composizione della domanda soddisfatta per percentuale di peso DRG (e dunque di fatturato) per reparto di dimissione distinto per branca specialistica. Non è possibile un confronto con la situazione anteriore all’introduzione del finanziamento a prestazione. Si noti comunque come le case di cura private focalizzino la loro offerta in reparti chirurgici (Cardiochirurgia, ortopedia, chirurgia generale). Si osservi anche che tendenzialmente le tariffe DRG premiano i casi chirurgici (in analogia con la scala classificatoria dei pesi DRG simile a quella statunitense). Grafico 3: I punti del grafico rappresentano per le strutture ospedaliere lombarde la correlazione tra il punto medio in DRG e la durata di degenza media. Si noti come un gruppo di strutture (in larghissima parte private), evidenziate nel quadrato, riescano a trattare casi più complessi in breve tempo. La Regione Lombardia non mette a disposizione il case mix delle differenti strutture per cui non è possibile approfondire l’analisi. Grafico 4: E’ la rappresentazione grafica del ricavo medio per giornata di degenza per singola struttura, per evidenziare il risultato economico per giornata di degenza. Anche il questo caso è rapportato all’indice 100 quale valore della media regionale. Tabella 4: E’ l’elenco delle prime 30 strutture con l’indicazione di alcuni indicatori di degenza e del relativo fatturato. Grafico 5: Rappresenta la correlazione in valori assoluti tra ricavo medio per caso e ricavo medio per giornata di degenza. Si conferma l’esistenza di un ristretto gruppo di strutture che massimizzano il ricavo giornaliero. Grafico 6: E’ il risultato del rapporto tra fatturato 1997 e n. medici denunciato nell’apposito modello HSP indicante il n. di medici dipendenti al 1.1.1997. Segnala anche il carico di lavoro del personale medico nelle strutture indicate prese ad esempio. Va sottolineato che il dato è riferito all’inizio dell’anno considerato, per cui è possibile un incremento di tale personale nel corso dell’anno o il ricorso massiccio a personale consulente da parte di alcune strutture private. Grafico 7: E’ un esempio dell’incremento del finanziamento ottenuto da una struttura privata e denota la velocità di adattamento al nuovo sistema tariffario e anche l’assenza di un accreditamento rigido o di una contrattazione del volume o della tipologia per specialità dei ricoveri. Va notato che il tetto per struttura ha inciso scarsamente in quanto la Clinica ha raggiunto anche un forte incremento dell’utenza extraregionale. Anche in questo caso non sono possibili ulteriori analisi in quanto non si conosce in dettaglio la casistica trattata nei rispettivi anni. Tabella 6: E’ il tasso di ricovero per ASL e rappresenta anche la percentuale di offerta soddisfatta da strutture esistenti nell’ambito della ASL o esterne ad esse. La Direzione generale della Sanità non fornisce il tasso di ospedalizzazione della popolazione (il tasso di ricovero è il numero di ricoveri per mille abitanti, il tasso di ospedalizzazione è il numero di cittadini ricoverati nell’anno solare), per cui non è possibile valutare se l’aumento dei ricoveri in regime ordinario o in day hospital ha ridotto il numero dei cittadini che nell’arco dell’anno si sono rivolte alle strutture pubbliche o private per usufruire di una prestazione di degenza. Tabella 7: E’ l’elenco dei DRG (Diagnosis related Groups) che dal 1995 al 1997 hanno avuto un maggiore incremento percentuale. Viene anche sottolineato come tra di essi spiccano per frequenza i DRG trattati in cardiochirurgia. La degenza media per DRG (nelle sintesi regionali) viene definita ma non differenziata per tipologia di erogatore. Tabella 8: Posto 100 l’anno 1994 si evidenzia l’incremento/decremento del fatturato per alcune cliniche private. Tabella 9: in questa tabella, sintesi dei dati desunti dai modelli HSP del 1997, si evidenzia la struttura di offerta privata (Case di Cura) per disciplina. Si noti l’elevato tasso di saturazione dei reparti cardiochirurgici che potrebbe segnalare che molti di questi casi vengono trattati in altri reparti oppure come nelle strutture private non vi sia una netta definizione dei reparti e dei confini tra specialità. Si può anche notare il basso tasso di saturazione e dunque di utilizzazione di alcune discipline critiche e gravose in termini gestionali (es. terapie intensive). Tabella 10: Viene riportato come esemplare il quadro degli indicatori della Clinica S. Ambrogio, dove il tasso di occupazione del reparto di cardiochirurgia e superiore del 350% al massimo possibile (occupazione del letto tutti i giorni dell’anno). Tale fatto evidenzia come 3 su quattro sono trattati in reparti diversi da quello ipoteticamente accreditato per curare tale fattispecie patologica. Oppure potrebbe verificarsi il caso che i casi trattati vengono successivamente trasferiti in reparti di altre strutture ospedaliere dello stesso gruppo. Grafico 8: Dal grafico, nel quale vengono rappresentati 3 indicatori di utilizzo del personale per numero di ricoveri delle differenti case di cura, si può vedere come la stragrande maggioranza di queste ha un livello di personale dipendente per ricovero minore della media regionale (=100). Anche in questo caso, non conoscendo l’apporto di personale avventizio o consulente non si riesce a valutare appieno se tali bassi livelli sono un segnale di scarsi livelli assistenziali o viceversa di elevato personale non correttamente utilizzato nelle strutture pubbliche. Nella prima ipotesi si verificherebbe un livello di costi non rapportato alle tariffe corrisposte, la seconda darebbe ragione a chi afferma che nelle strutture pubbliche vi sia una sovrabbondanza di personale. Grafico 8 bis: Gli indicatori del grafico precedente aggregati per tipologia di struttura ospedaliera. Grafico 9 e 10: conferma quanto sopra segnalato. In questo caso l’indicatore è il rapporto infermieri (o medici) x posto letto in confronto con la media regionale=100 e raggruppato per tipologia di struttura. Tabella 11: E la sintesi dei dati riportati sul modello STS21 del 1997. Si noti come le case di cura accreditate denunciano solo un terzo del numero di esami di laboratorio o radiografici rispetto alla media regionale. Questi dati potrebbero stimolare varie ipotesi: un trasferimento di accertamenti diagnostici al di fuori dell’episodio di ricovero, un’appropriatezza di protocolli diagnostici con riduzione degli esami superflui o una minore complessità di casi trattati. Tabella 12: E’ il quadro dei ricoveri e delle tipologie delle strutture ospedaliere negli anni 1996 1997. Tabella 13: E’ il quadro di distribuzione dei posti letto per tipo di struttura. Tabella 14: E’ il quadro dell’attività di ricovero e di alcuni indicatori con la classificazione precedente. Tabella 15: rappresenta il quadro dell’attività ambulatoriale e del relativo fatturato. Grafico 11: Confronta il numero delle unità o reparti delle case di cura accreditate esistenti alla fine del 1995 e del 1997. Segnala il cambiamento della tipologia di offerta e della flessibilità del privato ad allinearsi alle nuove modalità di finanziamento come già evidenziato in altri schemi. Grafico 12: Il tariffario lombardo, pur avendo la stessa base classificatoria nazionale dei DRG, ha una differente assegnazione di pesi per singolo DRG. La legge nazionale (DM 1994 e 1997) fissa le tariffe massime che sono superate in numerosi casi dalle tariffe lombarde. In particolare, nella cardiochirurgia se si confrontano i pesi assegnati dal tariffario nazionale del 1997 e quello vigente in Lombardia dal settembre 1998 e moltiplicando questi con lo "zoccolo lombardo" di £. 5.070.000 per punto, si può notare che in alcuni DRG chirurgici, frequentemente trattati nei reparti cardiochirurgici, la tariffa lombarda è superiore di quella nazionale. Applicando lo stesso valore unitario (5,07 milioni)ai pesi vigenti negli Stati Uniti d’America nel 1997, si evidenzia come il peso lombardo (e la sua valorizzazione) sia superiore anche al peso "americano". I DRG, presi ad esempio sono "costosi" anche a causa dell’elevato costo delle protesi applicate nel corso del trattamento chirurgico. La valutazione dell’apporto di questo costo fatta a livello ministeriale mediante la metodologia RAPIDS, oscilla da un 25% ad un 40% dei costi per ricovero per i DRG 104-105-106-107. In altri termini si tratta di DRG a bassa componente di costi di personale medico ed assistenziale ed a elevato costo tecnologico. Ciò nonostante, la Regione Lombardia dall 1996, oltre alla tariffa rappresentata, rimborsa parzialmente il costo del presidio medico-chirurgico applicato, derogando in questo caso dal principio, espresso dalla normativa del 1994, della omnicomprensività della tariffa DRG per quanto riguarda i costi sostenuti nel corso del ricovero. Un approfondimento dell’analisi, evidenzierebbe come l’offerta dei privati o l’aumento dell’offerta strutturale e quantitativa in alcune specialità è ampliamente influenzata dal sistema tariffario lombardo che favorisce nettamente alcune branche specialistiche.

Aldo Gazzetti.




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