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In una ricerca coordinata dal sociologo Lanzetti i limiti del modello ’ ’efficientista"

"Ma le corsie stanno diventando delle catene di montaggio"
Per molti malati le dimissioni precoci sono un dramma e chi non ha aiuti deve pagarsi l’infermiere.
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Articolo pubblicato su "La repubblica" il 2 febbraio 2001

«LE degenze? Sempre più brevi e le dimissioni rapide e veloci. Gli ospedali sono diventati come catene di montaggio, dove si curano il malati solo nella fase acuta, Poi, via a casa, perché i letti devono rendere. Ma per molti malati le dimissioni precoci sono un dramma. Oltre il 50 per cento ha bisogno di assistenza per completare le cure e chi non ha la fortuna di avere parenti o amici paga di tasca propria l’aiu-to di un infermiere privato. Ma questa è la sanità che vogliamo?». Il racconto è del professor Clemente Lanzetti. sociologo milanese, che ha raccolto in un libro, edito da Franco Angeli, i risultati di una interessante indagine sulla sanità , voluta dalla diocesi milanese guidata dal cardinal Martini, gesuita illumi-nato e grande sostenitore dell’u-manizzazione delle strutture ospedaliere. L’inchiesta, illu-strata durante un dibattito che si è tenuto alla Fondazione Am-brosianeum. rilancia un tema di grande attualità, ovvero quello di una rete sanitaria integrata per evitare che prima e dopo il ricovero il paziente si senta abbandonato a se stesso. Professor Lanzetti, cosa avete chiesto a pazienti? «Faccio una premessa. La riforma della sanità è servita a spazzare via sprechi e spese inutili. Oggi facciamo i conti con i Drg, per cui si sa che una prestazione rende una cifra prestabilita e le giornate di degenza non possono superare un certo tetto. Il problema però e che non tutti i pazienti guariscono nei tempi stabiliti dalla normativa. E quindi, occorre elaborare un sistema che tenga conto di questo». Vale a dire? «Noi abbiamo intervistato, per la nostra indagine, 1.121 pazienti, giovani e anziani, ricoverati sia in strutture pubbliche che private, di Milano e provincia. La stragrande maggioranza si è detto soddisfatto della professionalità dei medici e degli infermieri, con piccole eccezioni: oltre il 9 per cento di chi era stato in ospedali pubblici e il 7 per cento di chi aveva scelto i privati. Maggiori sono state le lamentele per la scarsa cortesia (circa il 16 per cento del totale) e per la mancanza di comfort. 1142 per cento degli intervistati ha bocciato le strutture pubbliche e il 29 per cento quelle private. Ma la vera nota dolente riguarda la dimissioni rapide» Cosa denunciano, in particolare, gli intervistati? «Il 58 per cento ha avuto problemi. Come li hanno risolti? Il 75 per cento chiedendo aiuto ai parenti, il 12 per cento è ricorso agli amici, il 2 per cento a volon-lari, il 4 per cento si è rivolto a ; personale del comune, l’11 per cento si è pagato un infermiere privato e un 3 per cento è rimasto solo con la sua disperazione». Che fare per fronteggiare questa situazione? «Bisogna pensare a completare la riforma. Non basta risanare i conti degli ospedali con ricoveri brevi, perché è vero che i bilanci vanno magari in pareggio ma il malati non sono per nulla soddisfatti E dunque occorre creare una rete di servizi che tu- teli il malato quando non è più in corsia, o soffre di malattie croni-che. Una politica questa che va-le per gli anziani ma anche per i single che non possono contare su una rete di parenti o amici». (La.)




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Sanità

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