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Intervento per gruppo di lavoro Salute della Donna

Forum relativo agli argomenti della salute di genere.
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Medicina Democratica
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Intervento per gruppo di lavoro Salute della Donna

Messaggio da Medicina Democratica » 11/01/2017, 21:38

Gruppo di lavoro sulla salute della donna

Preparare una traccia per il gruppo di lavoro sulla salute della donna vuol dire richiamare i molteplici aspetti e i molteplici ambiti che vengono compresi da questa tematica.
Per noi donne, salute significa in primo luogo aver salva la vita, non essere né violentata né umiliata, essere rispettata in ogni fase della nostra esistenza.
Salute vuol dire anche poter crescere, formarsi e trovare un lavoro che corrisponde almeno in parte alle nostre legittime aspirazioni, e con una retribuzione che ci permetta una reale autonomia finanziaria, in un ambiente salubre e privo di rischi per la salute. Va data importanza al nostro ruolo oltre che al lavoro per il cambiamento delle condizioni ambientali.
Salute è anche poter decidere liberamente se e quando mettere al mondo dei bambini, poter essere seguite, ascoltate e accompagnate in queste scelte da un personale sanitario e sociosanitario competente e rispettoso di queste scelte. Va riconosciuto il valore della maternità per poter conciliare tempi di lavoro e tempi di vita.
Il dossier “Donna, salute, lavoro e società” sul n° 225/228 della rivista ha già raccolto una serie di contributi preziosi che vanno riproposti nel lavoro di gruppo che saranno presentati, aggiornati e arricchiti dalle compagne/i che li hanno scritti.
L’intenzione di MD in occasione del 40° anniversario dalla sua fondazione è di apertura ai comitati ai movimenti attivi sul territorio per agganciare e agganciarci a chi resiste e lotta per affermare i diritti, il diritto alla salute e la difesa del nostro sistema sanitario pubblico.

Donna e lavoro
Le informazioni e le ricerche sulle dinamiche in atto nel mercato del lavoro evidenziano un alto tasso di disoccupazione, di precarietà dovuta alle varie deregulation contrattuali (jobs act e voucher) ed un aumento dello sfruttamento in termini di ritmi, mansioni, stress. Non è semplice misurare gli effetti di questo andamento sulla salute anche se intuitivamente sappiamo che ci sono.
Dai dati INAIL della regione Lombardia nel 2014, su 663.000 denunce di infortunio, 238.000 riguardano donne e per gli infortuni mortali, 1 su 2 avviene nel tragitto casa/lavoro. Le cadute sono la prima causa di infortunio seguita dalla perdita di controllo di una macchina o di un utensile.
Le richieste di indennizzo per malattia professionale sono relative all’apparato muscolo-scheletrico (40% del totale) ma sono in aumento i tumori professionali.
Mobbing: all’interno dell’azienda la donna rimane un soggetto più debole e facilmente attaccabile (difficile riconoscerle capacità e competenze senza che questi fattori suscitino invidia e critiche; difficoltà ad ottenere anche minimi cambiamenti organizzativi per facilitare l’organizzazione della vita familiare). Parole e azioni vengono messe in atto per “mobbizzare” e a lungo andare la persona perde fiducia in sé stessa, si sente smarrita. Gli stati depressivi si susseguono e il ricorso agli psicofarmaci è frequente.
La legge delega 123 del 2007 e il decreto leg. 81/2008 nell’art. 1 si sottolinea che i rischi per la salute vanno valutati “anche con riguardo alle differenze di genere..”.
La ricerca e la medicina del lavoro più attenta indica il bisogno di superare il “neutro maschile” per poter ridurre le disuguaglianze di salute a partire dai determinanti biologici (superficie cutanea, massa muscolare, tessuto adiposo, assetto ormonale). L’esposizione alla stessa sostanza nociva ha una lesività diversa tra maschi e femmine. Gioca un ruolo importante la stessa organizzazione del lavoro e la suddivisione in compiti diversificati nella stessa mansione. Le donne svolgono prevalentemente lavori più fini e ripetitivi; agli uomini vengono affidati mansioni alla guida di ausili e di macchinari.
Facciamo ancora alcuni cenni che riguardano il lavoro delle donne nella sanità. Lo stress lavorativo è dovuto ai turni, al lavoro notturno, alla carenza di organici. La fatica e lo sforzo fisico si accentua con l’età. Non è piccola la fetta di lavoratrici che fa richiesta di esonero di alcune funzioni (come lo spostamento del paziente) gravando sul restante personale. Un fattore di preoccupazione e di insoddisfazione è rappresentato dal modello organizzativo rigido e burocratizzato nato con l’aziendalizzazione, modello che le ultime riforme regionali hanno ulteriormente appesantito. A farne le spese è la qualità della relazione tra l’operatrice e il paziente; spesso la stessa competenza professionale e l’esperienza acquisita non viene né richiesta né apprezzata.
Proposte per la discussione: possiamo fare un utile lavoro di raccolta degli studi e delle ricerche e utilizzare la rivista per una più vasta diffusione delle conoscenze. Altrettanto positive sono le iniziative formative (conferenze, corso di sensibilizzazione) Dobbiamo sostenere il lavoro e il ruolo delle donne RLS promuovendo indagini e con i sindacati più sensibili introdurre vertenze sul tema sicurezza e tutela delle lavoratrici.

Salute riproduttiva: I Consultori familiari
Sono stati istituiti con la legge n° 405 nel lontano 1975. Anche per loro più di 40 anni fa. Oggi lo spirito, i fermenti, l’acceso dibattito e l’ampia partecipazione che aveva animato l’approvazione della legge non esiste più. La cultura dei servizi territoriali e il loro modello organizzativo sono naufragati all’interno di una sanità aziendalistica. L’applicazione del sistema dei DRG e del rimborso con la tariffazione delle prestazioni ha messo all’angolo gli interventi di tipo preventivo, la ricerca attiva dei bisogni sul territorio, i bisogni indicati dalle donne. A causa del modello basato sulle prestazioni è più facile trasformare i consultori in centri per la famiglia o per tutti i tipi di “fragilità”… Basta aprire una pratica, dare un sussidio, fare un invio…
I Consultori privati convenzionati sono in aumento e molti di questi, di ispirazione cattolica, vengono finanziati con soldi pubblici. Fanno obiezione di coscienza “di struttura” sull’applicazione della legge 194/1978.
Il movimento delle donne si esprime debolmente a difesa del consultorio pubblico…l’immagine che se ne ha come di un semplice ambulatorio non suscita una lotta per riappropriarsene come un luogo di donne per le donne; questo fatto ci deve interrogare.
Vediamo come riuscire a difenderli e a rilanciarli. Il Consultorio è un servizio sul territorio, dislocato in un quartiere. A partire dai dati di popolazione è possibile fare una programmazione differenziata.
L’equipe del consultorio è multidisciplinare, favorisce quindi un approccio ai problemi più integrato.
Non si è persa la possibilità di fare dei gruppi: vedi i gruppi di preparazione al parto e quelli dopo parto.

Proposte per la discussione:
Insistere sull’accesso libero superando la prescrizione del medico curante. Insistere sulla gratuità del servizio: l’art. 4 della legge 405 è esplicita su questo punto…capiamo insieme perché le Regioni hanno potuto derogare rispetto a questa norma. Il problema del costo degli anticoncezionali e la disponibilità e la scelta di questi. Il ruolo del consultorio con l’applicazione della legge 194. Non deve essere ammesso nessun tipo di obiezione da parte del personale sanitario. Il Consultorio deve fornire informazioni aggiornate e attendibili circa la disponibilità degli ospedali per le IVG. Da garantire un collegamento tra H. e consultorio. Ottima l’esperienza di gruppi dopo IVG in H. anche con una operatrice del consultorio. Vedere un ritorno d’interesse dei collettivi e gruppi di donne verso il consultorio. Rapporto con la dirigenza sanitaria per esporre richieste, richiedere dei dati sull’attività e sui programmi. Non ultimo poter usufruire degli spazi nel consultorio per iniziative a carattere preventivo o di formazione.

Donna e maternità
La recente direttiva del Ministro Lorenzin sulla chiusura dei punti nascita (al di sotto del numero di 500 parti annui) sta suscitando grandi mobilitazioni da parte delle donne, come ad Angera. Le donne vogliono partorire negli ospedali vicino alla zona di abitazione, dove sono state seguite durante la gravidanza e con il personale che ha la loro fiducia. Nella discussione cerchiamo di capire se vi sono o meno evidenze scientifiche per avvallare il suddetto provvedimento. Queste mobilitazioni ci fanno capire in presa diretta il rifiuto di subire decisioni che calano dall’alto e, come nel caso di Angera, decisioni con effetti immediati , dalla sera alla mattina.
Parafrasando una frase di G.A. Maccacaro diciamo che il corpo della donna e della madre non è dell’ospedale. Diciamo che gravidanza e parto sono eventi della vita e non sono malattie, che solo una piccola percentuale di questi eventi assume una configurazione come patologia.
Condividiamo e riprendiamo nella discussione di gruppo le considerazioni scritte nel documento della rete Sostenibilità e Salute. Il documento elenca le mancanze circa l’appropriatezza degli interventi quando osserva: un eccesso di tagli cesarei, una eccessiva percentuale di parti indotti, un monitoraggio cardiotocografico continuo e di routine, un ricorso elevato all’infusione con ossitocina, l’uso di posizioni obbligatorie per partorire, l’episiotomia senza necessità, il taglio precoce del cordone ombelicale, la separazione del neonato dalla madre dopo il parto.

Proposte per la discussione:
Condividere il documento della Rete Sostenibilità e Salute - Favorire il parto in Case di maternità e a domicilio - Assicurare una buona assistenza al dopo parto anche con visite domiciliari. Favorire inoltre l’allattamento al seno.

Applicazione della legge 194
Non si spegne mai il conflitto culturale e ideologico intorno alla legge 194. Non fa breccia il fatto che una legge non è una norma morale; è una costruzione storica che deve tener conto di interessi anche diversi e che si pone nel consesso della convivenza civile.
Materialmente la legge non viene applicata in tante parti d’Italia attraverso l’obiezione di coscienza dei ginecologi prevista dall’art. 9; obiezione che raggiunge in media il 70% del personale fino ad arrivare al 90% in talune zone. La libertà di scelta dell’obiettore passa davanti ad un diritto collettivo, quella della libertà di scelta della donna e della tutela della sua salute. Se ne è accorto il Comitato Europeo dei Diritti sociali che ha accusato l’Italia di violare questo diritto. Le risposte date dal Ministro Lorenzin a questo ammonimento sono quelle della “media del pollo”. Con le ultime riforme regionali, ora il territorio di una ASL corrisponde in pratica ad una provincia e per i vari Direttori generali basta garantire la possibilità di IVG in uno presidio per aver garantito il diritto all’aborto.

Proposte per la discussione:
Essere vigilanti e rifiutare con la mobilitazione l’obiezione di struttura. In questi casi vedere la possibilità di un esposto alla Magistratura. Favorire il ricorso a tecniche abortive farmacologiche (RU 486) senza obbligo di giorni di degenza, in day hospital. Pensare alla tempestività del percorso tra certificazione e intervento (ruolo dei consultori nel collegamento con l’H. , ruolo eventuale del CUP). Pensare alla formazione dei ginecologi.

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