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traccia per il gruppo lavoro ambiente

Inviato: 26/03/2018, 21:47
da Marco Caldiroli
Appunti per il gruppo di lavoro Ambiente, Inquinamento, Salute

La crisi ambientale è crisi di salute, la crisi di salute è peggioramento della qualità di vita (ovviamente non “misurata” sulla entità del consumo individuale).
L’epigenetica evidenzia una misura “corporea” di tale crisi di qualità, l’epidemiologia misura la medesima crisi a livello collettivo.
La coscienza e la conoscenza popolare sono in grado di individuare localmente gli elementi che determinano criticità e malattia promuovendo iniziative di vera prevenzione.

A ondate e riflussi vengono portati all’attenzione temi quali l’inquinamento atmosferico e gli effetti sulla salute, la gestione dei rifiuti (da ultimo sulla produzione e immissione nell’ambiente delle materie plastiche), i problemi energetici (SEN, scelte e infrastrutture energetiche).
Il tutto nella cornice mediatica del tema delle modifiche climatiche del pianeta, ciò nonostante il risultato è una erosione dei diritti, una riduzione delle tutele, ulteriori forme di sfruttamento della natura e dell’uomo/donna ma con qualche “spruzzata” verde che maschera la realtà.
La discussione sull’economia circolare potrebbe rappresentare un passo avanti rispetto alla generica (e spesso falsa) “green economy” ma non può essere lasciata a chi il problema l’ha creato.
Non è una questione di inserire dei “correttivi” ma di cambiare il paradigma.
Analogamente l’obiettivo dichiarato di azzeramento dell’utilizzo di carbone per la produzione di energia elettrica contenuto nel SEN è da accogliere positivamente non riducendo l’attenzione e la pressione sulle alternative ma soprattutto non lasciandosi fuorviare da alternative definite come rinnovabili per nasconderne gli impatti (come nel caso della geotermia e delle biomasse).
Nell’ultimo periodo diverse iniziative politiche e legislative a livello europeo confermano che l’azione dei movimenti, oltre all’evidenza, hanno messo in agenda temi come quelli dell’inquinamento atmosferico (direttiva NEC), della gestione delle merci e dei rifiuti (strategia sulle materie plastiche e nuova direttiva quadro sui rifiuti), sulle sostanze chimiche (attuazione regolamenti REACH e CLP) e, più in generale, quelli del rapporto tra scelte economiche e produttive e impatti ambientali (iniziative sulla economia circolare) .
Il risultato di questi percorsi non è scontato né va lasciato in mano ai funzionari europei e alle lobbies industriali come ha dimostrato la vicenda del rinnovo della autorizzazione all’uso di glifosato per non dire della “spada di damocle” degli accordi TPP e CETA.

Medicina Democratica è chiamata ad affrontare questi temi a partire dagli strumenti a disposizione di un “tipico” movimento ambientalista
Negli anni ha costruito un proprio intervento, a fianco e in dialettica con altri movimenti ed in particolare con le realtà locali autoorganizzate, principalmente finalizzato a fornire degli strumenti di lettura corretta (scientifica) della realtà per la individuazione di alternative concrete su cui basare azioni che vanno oltre l’espressione di una opposizione ad una determinata opera, per giungere ad una piena coscienza popolare della importanza della tutela dell’ambiente, a partire da quello prossimo alla esperienza individuale, fondata sulla appropriazione della conoscenza e della visione critica della scienza .
In questo, anche nella denominazione, si pone in alternativa a tesi quali “la scienza non è democratica” emersa ultimamente nella discussione sulle politiche di estensione dei vaccini e alle costrizioni introdotte nella normativa. La scienza (la medicina e non solo) deve essere democratica, deve essere sottoposta alla valutazione e alla direzione consapevole e condivisa della collettività affinchè sia diretta verso obiettivi coerenti con quelli del rispetto dei limiti ambientali del pianeta e della estensione e miglioramento della condizione umana, in ogni ambito, di vita e di lavoro.
Anche negli ultimi tre anni, pur in modo discontinuo ma ben maggiore rispetto alle limitate forze, abbiamo saputo essere presenti e inserire nelle rivendicazioni e nel modo di intervento di molte realtà locali, i contenuti di cui siamo portatori in modo da indirizzare, nella maggior parte delle situazioni, la spontaneità in coscienza oltre il singolo problema immediato, verso una corretta visione che integra il dato ambientale (di condizione nei luoghi di vita e di lavoro) con quello di salute.
Con le altre associazioni abbiamo costruito, ovunque fosse possibile, momenti di discussione finalizzati a “fare rete” senza alcuna intenzione egemonica (peraltro preclusa per le nostre forze) ma cercando di condividere, considerando le posizioni altrui, momenti di azione unitaria e sinergica.
Ciò è avvenuto principalmente nel campo del diritto alla salute e in azioni di contrasto allo smantellamento dei diritti di cui il servizio sanitario nazionale pubblico dovrebbe essere il garante come pure nella affermazione di nuovi e più avanzati diritti a partire dal cambio del paradigma per cui la sanità è un investimento sul futuro e sulle persone e non un costo (da ridurre).
Siamo stati meno incisivi sugli aspetti ambientali principalmente per la difficoltà che hanno altri soggetti collettivi a “vedere” la correlazione ambiente/salute considerati e agiti come separati.
E’ l’evidenza di questa correlazione che è il dato che ci caratterizza e su cui maggiormente possiamo date un contributo ai movimenti così come si esprimono nella attuale situazione sociale, storica, politica e culturale (ben diversa da quella di quarant’anni fa).

L’energia è la componente fondamentale di ogni processo antropico, il superamento di una società “termica” basata sull’utilizzo dei combustibili fossili è essenziale e coinvolge non solo il dato ambientale diretto (estrazione di materiali, emissioni, rifiuti ecc) e le lotte puntiformi rispetto a progetti e/o impianti esistenti ma una diversa visione anche della “infrastruttura” connessa. Produzione e autoproduzione, diversificazione delle fonti e netto spostamento verso le “vere” rinnovabili (non lo sono, per MD, i rifiuti e diverse modalità di utilizzo delle biomasse), distribuzione, riduzione e risparmio energetico sono temi su cui fondare il discorso dell’alternativa.
La produzione industrializzata degli alimenti, dalla agricoltura alla trasformazione, pone ben specifiche questioni a partire dal dato “unificante” delle fonti energetiche. L’utilizzo di fertilizzanti chimici, pesticidi, sementi brevettate, l’uso intensivo di acqua e macchinari pesanti, ha aggravato il problema della fame nel mondo e contribuito pesantemente alla sua contaminazione.
L’agroecologia nelle sue diverse articolazioni rappresenta l’alternativa : lotta contro gli OGM, contro la brevettabilità del vivente, per la riconversione biologica dell’agricoltura con coerenti programmi di sviluppo rurale tesi a rendere convenienti e premianti per i produttori questa scelta. L’obiettivo è quello di un ecosistema agricolo equilibrato, incentivando la nascita dei Biodistretti, sull’esempio di quello di Panzano in Chianti e della Carta di Panzano, a difesa della salute umana, della qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo come elemento centrale degli equilibri della biosfera e come luogo di produzione salubre del cibo.
Le produzioni industriali rimangono al centro dell’intervento, qui si intrecciano tutti i temi : modo di produzione, contenuto delle merci (e quindi gestione dei rifiuti), rapporti lavorativi, modello economico e sociale. Le possibilità di una conversione in senso “ecologico” (di riduzione degli impatti) si gioca su tutte le articolazioni suddette della forma reale della riproduzione del capitale e delle sue contraddizioni (oggi nel “vestito” della globalizzazione). Questa prospettiva è di carattere globale vista la “dispersione” dei cicli produttivi su scala planetaria e la relativa imposizione sia di condizioni sociali ineguali sia di impatti ambientali “diversificati” in relazione alla forza (alla debolezza oramai) delle singole nazioni rispetto alla struttura multinazionale delle imprese.
In “gioco” sono tutti i soggetti potenziali del cambiamento e con tutti vanno condotte le azioni per una inversione di direzione. Oggi è difficile identificare la composizione di una “classe generale” che, lottando, cambia le condizioni di tutte le altre realtà, come pure il lavoro non è più, di per sé, espressione e riconoscimento della dignità personale e collettiva. Ma non è un problema nuovo, nell’ambito della tutela della salute: anche nei periodi di maggiore “contropotere” del movimento operaio il tema della salute in fabbrica era minoritario e attivo per lo più nelle aziende di maggiori dimensioni.
Non solo la difficoltà è nei rapporti di forza nel mondo del lavoro e nella società, completamente ribaltati, ma vi è anche la necessità di ripensare il momento del lavoro stesso, a partire dalla sua entità (orario) rispetto alla garanzia di un reddito adeguato ai bisogni primari.
Il tema del post consumo (rifiuti), infine, è un tema su cui i movimenti sono attivi (es RifiutiZero) e sul quale vi è una ampia conoscenza e condivisione nonché sono numerosi gli interventi che in passato e attualmente vedono MD in primo piano e come uno dei riferimenti principali disponibili.
Il lavoro di presa di coscienza – indispensabile per la conduzione di lotte, dentro e fuori le fabbriche – è contestuale al lavoro di conoscenza e costruzione di un “sapere” popolare. Nella costruzione di reti, movimenti, realtà locali la sfida è quella di andare oltre la fissazione di un obiettivo per definire un progetto di alternativa. Per rimanere al nostro tema ,a partire da una alternativa alle produzioni di morte e di malattia che a loro volta determinano un punto di non ritorno come è quello della individuazione come cancerogeno perfino dell’aria (inquinata) che respiriamo.
Una possibile iniziativa con valenza universale, articolabile a livello locale e nella condivisione con le altre realtà, è quella del “MAC ZERO per i cancerogeni”. Si tratta di un obiettivo che caratterizza da sempre MD e le punte più avanzate del movimento operaio.
L’elaborazione su questo tema è ampia e scientificamente fondata dai contributi di Giulio Maccacaro, a quelli di Luigi Mara e Lorenzo Tomatis.
Individua un fattore di riconversione di base dell’industria: oltre all’energia la chimica è fondamento di ogni produzione (anche agricola, si veda la fusione Bayer e Monsanto). La discussione e l’iniziativa sulla sua attuazione favorirebbe il contatto e la condivisione tra le realtà di fabbrica e quelle ambientaliste nei territori.
Ha una valenza europea – e quindi un obiettivo “esportabile” - in quanto la normativa sulla chimica (e sul suo “mercato”) è costituito dal regolamento REACH e i cancerogeni costituiscono un tema oggetto di evoluzione e decisioni extranormative su cui la pressione popolare può avere un effetto determinante (come nel “precedente” dell’amianto che però non ha ancora fine, né in Italia né altrove).
E’ recente una direttiva che introduce nuovi limiti professionali per sostanze cancerogene, non è questa la strada pur “tappezzata” di buone intenzioni (ridurre il gap tra paesi europei “avanzati” e “arretrati”).
La definizione di limiti occupazionali per i cancerogeni (mutageni e teratogeni) non è il nostro obiettivo, anche rimanendo sotto il profilo normativo l’azione dovrebbe essere invece quella di caricare maggiormente quanto già previsto (Dlgs 81/2008) ovvero evitare o ridurre “l'utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o una o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori” : sostituzione o ciclo chiuso.
Una campagna ben costruita ed estesa a tutti i soggetti del cambiamento costituirebbe il nucleo di una ripresa dell’iniziativa e un passo fondamentale verso il superamento della presunta dicotomia lavoro-(ambiente)-salute.
Questa campagna può essere associata a iniziative locali che mettano in discussione filiere produttive specifiche, un esempio è rappresentato dalla formaldeide e dal comparto del pannello di legno come pure di diverse applicazioni di materie plastiche.
Non vi sono conquiste e neppure mantenimento dei risultati raggiunti senza conflitto, senza costante confronto tra interessi diversi e il compito di Medicina Democratica deve essere quello di favorire il rafforzamento delle convinzioni e delle basi scientifiche della alternativa all’attuale modello produttivo distruttivo, di vite e di ambiente.
Senza dimenticare che tra le “grandi opere” caratterizzate dalla loro nocività vanno poste in evidenza quelle relative alla guerra e alla preparazione della guerra ovvero le spese militari in particolare per sistemi d’arma offensivi, nucleari e non. La tecnologia militare è stata spesso levatrice di applicazioni civili ma anche questo conferma che la scienza è altrettanto asservita alla forza, per un verso, e alla pervasività di un messaggio di ricerca di edonismo individuale e abbandono di un orizzonte collettivo fatto di diritti e di distribuzione della ricchezza naturale, il solo approccio che può rendere “compatibile” l’antropocene con la limitatezza delle risorse disponibili sul nostro pianeta (è questo, riteniamo, anche il senso della proposta sulla “decrescita felice”).

Nell’ambito della azione di Medicina Democratica su questi temi andranno affrontati interventi specifici su aspetti rilevanti come i seguenti anche di iniziativa di altre realtà associative:
- Campagna Zero Waste nell’ambito del percorso sulla economia circolare quale spunto per inserire le rivendicazioni di salute e ambiente salubre nella ridefinizione del quadro tecno-produttivo.
- Contrastare l’erosione delle norme ambientali e delle loro attuazione valorizzando la normativa sugli “ecoreati” rispetto al quadro giurisprudenziale precedente mantenendo l’impegno, compatibilmente con le proprie forze e risorse, nella ricerca della giustizia per le vittime delle esposizioni a tossici, professionali e ambientali, e per il ripristino delle condizioni ambientali;
- Mantenimento e sviluppo delle conoscenze tecnico-ambientali per rendere le realtà locali autonomamente in grado di affrontare con una rigorosa base scientifica i progetti di nuove opere/nocività - sostegno alla capacità di individuare alternative alle produzioni e nocività attuali (su questo, nel campo delle iniziative editoriale potrebbe essere utile la produzione di manuali di “autodifesa” sui principali campi d’azione coinvolgendo anche tecnici e scienziati esterni a Medicina Democratica);
- Approfondimento e sostegno di ogni momento e iniziative utili a superare condizioni reali di contraddizione tra lavoro e ambiente
- Ricerca e sostegno di pratiche alternative sia nel campo industriale che agroindustriale a partire dalla eliminazione delle sostanze di maggiore criticità (dai cancerogeni ai pesticidi) a partire dal sostegno e dalla promozione di vertenze locali su temi specifici concreti.
- Controllo delle scelte normative europee e nazionali nel campo della tutela ambientale per evitare e combattere ogni situazione di alleggerimento o stravolgimento nelle norme applicative dei principi di elevata protezione ambientale e sanitaria

Re: traccia per il gruppo lavoro ambiente

Inviato: 21/04/2018, 22:41
da tinobalduzzi
Falde acquifere.
Sono un micidiale vettore di inquinamento. Sono invisibili. Sono inesorabili nel diffondere in aree enormi un inquinamento circoscritto. Sono tanto lente da garantire l’impunità a chi inquina, anche grazie a termini di prescrizione sciaguratamente brevi. I meccanismi che le governano sono ignoti alla stragrande maggioranza della popolazione, anche nelle più elementari formulazioni a livello di scuola dell’obbligo. Mancano studi sulle falde profonde e là dove sono stati fatti (Piemonte) sono stati di fatto ignorati. La salute passa dall’acqua. La beviamo, ne respiriamo il contenuto dopo aver lavato le cose che ci circondano, mangiamo i frutti della terra irrigata con quell’acqua. Difendere la salute implica difendere le falde acquifere.

Terre da scavo.
La legislazione sulle terre da scavo di fatto riduce, in particolare per le grandi opere, i controlli sul movimento terra, aprendo la strada a chi ha rifiuti da smaltire illegalmente. Smaltimento illegale effettuato per difficoltà di mercato o puro profitto, nel silenzio generale supportato dal ricatto occupazionale. Uno smaltimento illegale che, in pratica, è coperto politicamente. Ciò che illegalmente finisce nelle terre da scavo finisce poi nelle falde acquifere, e poi da lì nel nostro corpo.

Controlli di Arpa ed Asl.
Il Terzo Valico e la Torino-Lione, oltre a far riflettere su terre da scavo e falde acquifere, insegnano che non si può accettare come “indipendenti” controlli che vengono fatti (o non fatti) da organismi i cui vertici sono di nomina politica. Della stessa politica che insegue il sogno di un’economia che per sopravvivere pretende di crescere senza limiti, e per crescere uccide.
Servono controlli effettuati totalmente (dal prelievo al laboratorio) da organismi completamente indipendenti dal potere politico. In questo le organizzazioni che si occupano di ambiente e salute devono essere protagoniste, per lo meno per la realizzazione di un laboratorio che sopravviva economicamente lavorando unicamente per chi difende la salute e non, come normalmente avviene, lavorando principalmente per coloro che la salute la attaccano. Qualcosa del genere è stato fatto in Francia per il nucleare e probabilmente quella europea è la dimensione da cui partire.