Come riportato sul nostro sito https://www.medicinademocratica.org/wp/?p=4477 è stato depositato da parlamentari PD e ex SEL un progetto di legge che unifica le normative sull'amianto (dal riconoscimento dell'esposizione, agli aspetti pensionistici, alle soglie ambientali e in ambiente di lavoro, alle modalità delle bonifiche ecc).
Il testo presenta molte criticità e nodi da definire con maggiore precisione e comunque migliorabili.
Una prima annotazione per articolo - per la parte "ambientale" e di sicurezza del lavoro nelle rimozioni - è allegato alla pagina del nostro sito.
Successivamente all'ultima riunione del direttivo ove è stata data notizia di un primo incontro tra associazioni e parlamentari successivamente svolta (chiedo a Fulvio Aurora di dare indicazione sui risultati) Maurizio Marchi ha mandato una nota in cui segnala la mancanza di una esplicita indicazione relativa agli acquedotti in cemento-amianto e l'assenza di un auspicabile divieto di estrazione di pietre verdi (oleofiti) che stanno "al confine" tra la definizione di amianto e altre fibre asbestiformi (es erionite) peraltro poco considerate nel testo.
La discussione è aperta anche in previsione di confronti con le altre associazioni che si occupano di questo per una pressione unitaria e su obiettivi condivisi nei confronti dei parlamentari presentatori e della futura discussione (a partire dalle commissioni del Parlamento).
Marco Caldiroli
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Progetto di legge testo unico sull'amianto
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Re: Progetto di legge testo unico sull'amianto
Ricevo questo documento di commento sul TU amianto da Paolo Nardin e lo metto a disposizione di tutti (non so dire esattamente l'autore).
Roma – Gennaio 2017 -
Dal “Piano Nazionale Amianto” alle “Disposizioni di riordino della normativa in materia di amianto” (il cosiddetto Testo Unico)
Incertezza dei percorso parlamentare – Poche risorse a disposizione per ricerca sanitaria, cura ed ambiente - Ignorati i diritti delle vittime ambientali e familiari – Cancellata di fatto la normativa sui benefici previdenziali – Il Fondo Vittime Amianto diventerà residuale se non verrà modificato profondamente – L’ente inutile della Nuova Agenzia Amianto
Il problema dell’amianto è contemporaneamente un problema di salute, ambientale, previdenziale e di giusto risarcimento sia delle vittime professionali che di quelle ambientali. L’amianto fa male, è cancerogeno interessa soprattutto le vie respiratorie, ma non solo, è portatore di sofferenze gravi. Solo all’inizio degli anni ’90 del secolo scorso si è varata una legge organica che ne vietasse l’uso (L.257/’92).
Mi pare quindi giusto proporsi una “ridefinizione” di norme ormai obsolete anche alla luce di ciò che è emerso, delle esperienze maturate e delle conoscenze nel frattempo acquisite. Chiunque si proponga di mettere mani alla variegata normativa coll’intento di varare un “Testo Unico” dovrà fare i conti non solo di 25 anni di applicazione delle norme ma soprattutto nel valutare da un lato gli impatti sanitari gravissimi nel frattempo registratisi e dall’altro del grave disastro ambientale determinatosi. Questa occasione di mettere ordine nella miriade di Leggi e Decreti deve essere colta per varare un TU dinamico, attuale, al passo coi tempi. Sempreché il percorso parlamentare, come sembra, tra pochi mesi, si interrompa con la convocazione di nuove elezioni. Ai posteri l’ardua sentenza.
• Ridisegnare il quadro
Quando si varò la legislazione sull’amianto questo veniva ampiamente utilizzato, per le sue intrinseche caratteristiche, in numerose applicazioni industriali. Non c’è stato settore produttivo che non ne abbia fatto uso professionale, chi più chi meno. Non c’è edificio pubblico o privato costruito prima di quella data, del 1992, che non lo contenga: Ospedali, Scuole, Cinema, Case private e popolari, la rete irrigua etc. Un materiale ampiamente utilizzato e purtroppo ancora presente nei luoghi di lavoro e di vita.
Decine di migliaia di malattie (mesoteliomi, tumori polmonari, placche pleuriche ed asbestosi già verificatesi ed accertate oltre a molte altre in via di accertamento) dimostrano che c’è stata una strage con cui dovremo convivere per ancora 10/15 anni a causa della lunga latenza nel manifestarsi di alcune malattie gravi. Quanto deciso fino ad oggi con leggi e decreti ha tamponato la situazione, non l’ha risolta. Il TU dovrebbe porsi l’ambizione/traguardo di portarci fuori dal guado, di liberarci finalmente dell’amianto, dando soluzioni concrete, attuali, realizzabili.
• L’amianto e l’economia
Contrariamente a quanto sostenevano in passato i cosiddetti industrialisti non c’è stato nessun tracollo economico nel vietare l’uso dell’asbesto, è stato tranquillamente rimpiazzato, sostituito. Nuovi materiali e nuove tecnologie hanno reso possibile questa nuova frontiera smentendo le tesi di chi era ed è disposto a sacrificare allo sviluppo (?) ambiente e salute. Purtroppo ciò si verificato nei paesi più industrializzati. Nell’Est Europa, in America Latina, in Asia, Africa etc. ne viene consentito ancora il suo utilizzo ed uso.
Non c’è più un ostacolo “economico” a vietarne e bandirne l’uso. Nel nostro paese è invece ancora un problema sanitario, ambientale, previdenziale e risarcitorio. La superata “sostenibilità” non ci deve pertanto far dormire sonni tranquilli. Ben venga quindi questa ipotesi di rivisitazione delle norme a patto che si tenga conto:
1. Il Problema ambientale
Negli ultimi 25 anni si è speso poco, male, in maniera scoordinata sul territorio nazionale. Bisognerebbe “spendere” in maniera oculata per rimuoverlo e smaltirlo la dove c’è ancora. L’Inail già da sei anni finanzia le imprese “vive” a fondo perduto per rimozione, smaltimento e sostituzione. Il vero problema sono i siti dismessi, che la collettività deve bonificare. Ma non basta: scuole, ospedali, edilizia pubblica e privata, reti irrigue, etc. vanno bonificate.
Le due mappature: Attuale e storica
Va prevista o portata a termine e resa compatibile la mappatura attuale per sapere dove ancora oggi è presente l’amianto per evitare future vittime. Purtroppo la fotografia nazionale è un puzzle regionale difficilmente componibile sia sulla base dati che sulla metodologia di indagine. La prima cosa da fare è, sulla scorta della positiva esperienza RENAM, costringere i referenti regionali a fare la mappatura (per alcune Regioni il problema non esiste o esiste in parte) seguendo regole condivise e confrontabili per dare il quadro nazionale della situazione.
La mappatura storica serve per sapere dove e quando è stato utilizzato l’amianto. Quella attuale ne è una parte, un sedimento, ma conoscere cosa è avvenuto è indispensabile per individuare le responsabilità, conoscere gli eventuali ex-esposti, programmare la cura e la sorveglianza sanitaria, essere da supporto di chi decide sul contenzioso risarcitorio tra imprese e lavoratori, un punto di riferimento certo e dinamico. Potrebbe essere una operazione costosa ma se qualcuno riuscisse a mettere insieme i dati esistenti di Inail, Inps, sistemi sanitari ed ambientali regionali e nazionali i costi si ridurrebbero alla grande perché questi dati ci sono già. Si tratta solo di trovare chi li sappia (e soprattutto voglia) metterli insieme per consentire così ai decisori politici, alla Magistratura, ai lavoratori e alle popolazioni coinvolti/e, alle imprese di avere un quadro affidabile e certo nel quale confrontarsi.
Smaltimento, discariche, Ricerca
Quante sono le tonnellate da smaltire? Tante. Come le smaltiamo? Sicuramente in discarica dedicata. Ci sono tecnologie che inertizzino questa fibra killer? Non ancora anche se ci sono sperimentazioni in corso, anche nel nostro paese. Ma nessuna ha avuto le omologazioni scientifiche che ne consentano un applicazione industriale.
Se nei prossimi dieci anni ci dobbiamo liberare dell’amianto stante la situazione dovremo prima smaltirlo in discarica e, successivamente, se la scienza (o la Ricerca) ci darà una mano, puntare ad inertizzarlo, renderlo innocuo. E’ questa la strada da percorrere? Penso di si, non abbiamo alternative. Il TU dovrebbe contemporaneamente legificare su come si smaltisce in discarica (regionalmente? nelle miniere? nelle gallerie dismesse?) e stanziare risorse specifiche per finanziare la ricerca sulle nuove tecnologie sull’inertizzazione dell’amianto. Forse se arriviamo per primi avremo un problema ambientale e sanitario in meno e la possibilità di esportare nel mondo questa nuova tecnologia.
Ambedue le soluzioni all’inizio sono “investimenti” non costi. In futuro saranno risparmio, sanitario ed ambientale. Ma di questo ne parleremo dopo.
Il problema previdenziale
Dal 1992 ad oggi non c’è stato Governo che non abbia messo mano alle pensioni. Allora un esposto amianto poteva andare in pensione con 30 anni di contributi. Oggi se tutto va bene si va in pensione a 67 anni. Il regime era retributivo, ora è contributivo, penalizzante. E’ rimasto intangibile il criterio di determinazione delle 100/ff/l per 10 anni di esposizione. Si è ridotto il moltiplicatore da 1,5 per anno di esposizione valevole ai fini del diritto e del valore, ad 1,25 solo ai fini contributivi, del valore. Dal giugno del 2005 non si possono più presentare domande di riconoscimento. Ormai si possono attivare i benefici previdenziali solo se si contrae una malattia professionale asbesto-correlata.
In pratica hanno cancellato un diritto. Accettiamo questa cancellazione? Assolutamente no proprio perché il nuovo regime previdenziale è cambiato ed il bonus di andare via 5 anni prima della pensione di vecchiaia è più importante oggi che ieri. Un TU che si rispetti dovrebbe abolire la Legge Maroni del 2003 ripristinando il meccanismo precedente e la rivisitazione delle domande gà presentate soprattutto alla luce dei dati epidemiologici emersi, dei dati Inail (Contarp, Isi, Renam, Open data), incrociandoli tra loro e con la mappatura storica. Lo Stato italiano può compiere questa operazione verità anche perché essendo stato esso stesso “imprenditore” (v. PP.SS., Ferrovie, Fincantieri, Eni, Enel, Telecom, etc.) e cospicuo utilizzatore (v. Marina Militare, Difesa, VV.F. etc. etc.).
Vi assicuro che questa proposta non è una pazzia. Parte degli ex-esposti sono già stati riconosciuti e sono già in pensione o morti. Parte hanno avuto il riconoscimento per malattia professionale. Un 25/30% sono stati riconosciuti da Inail con una esposizione inferiore ai 10 anni. Quindi sarebbe buona cosa eliminare almeno questa discriminazione (v. Isochimica). Il costo sarebbe molto contenuto perché le uscite (leggi decessi) sono superiori alle nuove entrate tant’è che il costo per lo Stato dei benefici previdenziali è in calante riduzione nel corso degli ultimi 5 anni, fermo restando che sarebbe bene che le nuove spese non siano messe a carico della fiscalità generale, del “pago io”. Bisogna porsi il problema di chi deve e quanto pagare. I maggiori responsabili sono già stati individuati prima. Certo è che nel TU sono previste zero risorse per questo capitolo. Anche in questo caso nella parte sulle risorse necessarie indicherò qualche soluzione.
Infine una domanda: il criterio “sacro” delle 100/ff/l è un criterio valido scientificamente? E posto che lo sia come fa Inail a decidere la presenza di amianto in situazioni avvenute decenni fa? Forse non sarebbe male fare un po’ di chiarezza sia sulla validità scientifica che sui metodi di determinazioni spesso basati sull’inesistenza di dati.
Il risarcimento delle vittime
Ormai è accertato statisticamente: ci sono le vittime professionali (la maggioranza dei casi) ma ci sono anche molte vittime ambientali, familiari. Le prime sono coperte dalla assicurazione obbligatoria e dal Fondo Vittime Amianto. Possono altresì richiedere il riconoscimento dei danni differenziali penalmente ai responsabili e civilmente alle imprese (se ancora in vita o se esistono). Le seconde ricevono un misero una tantum di poco più di 5 mila euro dal FVA, difficilmente potranno agire per vedersi risarciti di danni differenziali. Non tutte le vittime sono uguali anche se hanno contratto analoga malattia a causa dell’esposizione all’amianto. Non mi pare una gran cosa. In Francia non è così. Almeno lì il risarcimento è uguale.
Questa la situazione che va completamente modificata nel TU. Per quanto riguarda le vittime professionali bisognerà agire per farle veramente emergere (le cosiddette esposizioni ignote degli edili e dei lavoratori autonomi). Va in qualche maniera finanziato il potenziamento dei COR sia per quanto riguarda l’amianto e per i tumori professionali a bassa frazione eziologica. Va risolto il doppio accertamento (COR/Medici legali INAIL) nella determinazione del nesso di causalità perché molto spesso si verificano pareri discordanti. Si validi una procedura “unica”.
Per le vittime professionali più passa il tempo più sarà loro difficile rivendicare i danni differenziali per estinzione di responsabili e/o delle imprese. Tra pochi anni saranno nella stessa condizione delle vittime ambientali o familiari. L’uguaglianza all’inverso, bel risultato: Ribaltare questa situazione è ormai improcrastinabile: il FVA deve essere rifinanziato dai veri responsabili e reso ugualitario, così com’è non va bene, va cambiato.
In un paese dove alle vittime di terrorismo, mafia e del dovere viene riconosciuto un risarcimento superiore ai 200 mila euro è una scandalo che una vittima dell’amianto (o i suoi superstiti) percepisca 5200 euro una tantum. Certo anche questa proposta genera costi ma rimando a dopo.
Ricerca: diritto al futuro
Esiste oggi una strategia nazionale in grado di promuovere la ricerca sanitaria su una malattia rara nella popolazione ma molto diffusa tra i lavoratori? No! Per il sistema sanitario nazionale ci sono altre e più numerose emergenze. Uno sforzo sostanziale in questa direzione va concretamente attuato. Certo anche questo, si dirà, è un costo. No! questo è un investimento che se avrà fortuna abbasserà ed eliminerà sofferenza nelle vittime e spese sanitarie e di cura già oggi costosissime. Perché non si è fatto niente di quanto deciso nel Piano Nazionale Amianto del 2012? Sarebbe una dimenticanza che il TU non può permettersi.
Giustizia, Eternit, prescrizioni
L’uso dell’amianto è un delitto contro l’umanità e va punito dalla giustizia internazionale. Non si consenta a nessuno di nascondersi dietro Stati più o meno conniventi. L’istituto della condanna in contumacia è previsto in tutti gli ordinamenti nazionali. Perché, se gli eventuali imputati non si presentano di fronte ad un Tribunale internazionale, non vengono comunque perseguiti in ogni luogo e in ogni dove?
L’Italia e l’Europa nelle sedi internazionali dovranno promuovere questo obiettivo di giustizia, di difesa dell’ambiente e del risarcimento delle vittime. Va da se che se si stabilisse internazionalmente il delitto di “omicidio volontario per l’uso dell’amianto” e che questo non si prescrivesse mai lor signori avranno poche speranze di farla franca. E questo in punta di diritto. Ma per quanto riguarda l’Eternit lo Stato Italiano cosa fa? Delega la Magistratura? Ma scusate un po’ cosa è successo tra Usa e Germania sul Diesel-gate? Mi sembra che Obama si sia fatto sentire dalla Merkel. Noi non riusciamo a farci sentire dai vicini di casa svizzeri o dai soci europei belgi. Perchè ci si infiamma ogni volta che il Brasile nega l’estradizione di Battisti o di un mafioso e non si fa niente per Schmidheiny? Va aperto quindi un contenzioso diplomatico per far capire a tutti che lo Stato Italiano non è un fazzoletto klinex che prima si usa e poi getta. Non scherza scherza su queste cose.
La cosiddetta clausola (art.126) e copertura finanziaria (art.127)
“Le disposizioni di cui alla presente legge sono attuate nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste dalla legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica...., salvo le disposizioni che espressamente prevedano oneri finanziari”. Le nozze con i fichi secchi.
“Per far fronte ai maggiori oneri di cui alla presente legge (quanto già normalmente si spende! Ndr.) pari a 250 milioni di euro a decorrere dall’anno 2017 si provvede a valere sulle maggiori risorse derivanti da interventi di razionalizzazione e revisione della spesa pubblica” (sic!). Il legislatore non si pone nemmeno il dubbio di rastrellare ulteriori risorse chiedendo che chi ha rotto,inquinato paghi. Iniziare così la partita significa giocare per perdere, rinunciare a far gravare sui futuri guadagni di chi è stato responsabile di questa strage, (sia impresa, società o manager). Se si vuol fare testimonianza va be, ma, in caso contrario, basta sapere di cosa si parla, soprattutto di cosa si chiede, cosa serve per porre fine ai tragici impatti dell’amianto, per schierarci per richiedere una profonda modifica del TU sull’amianto, criticarlo ma per completarlo!
Servono quindi alcune scelte: più risorse e chi le deve mettere. Per liberarsi l’amianto serve investire per i prossimi 10 anni perlomeno dal 6 agli 8 miliardi:
• in cura, ricerca e sorveglianza sanitaria di chi purtroppo sarà colpito da malattie molto gravi;
• in bonifiche, smaltimento adeguato in questo caso, ricerca per rendere questa fibra killer inerte/innocua;
• ripristinando a tutti gli effetti i benefici previdenziali previsti dalla 257/92 per l’insieme dei lavoratori, nessuno escluso ma nemmeno nessuno agevolato da cumuli anomali,
• risarcendo effettivamente le vittime, tutte, quelle professionali ed ambientali, adeguatamente. Ripeto continuare ad impegnarsi nella difesa dell’attuale FVA significa condannarsi alla dannazione. Il futuro ci impone di riformarlo profondamente: nella individuazione dei soggetti, riconoscendone la eguaglianza nei diritti; nella misura risarcitoria non limitandosi solamente a corrispondere assegni funerari.
Ribaltare l’impostazione del TU diventa un imperativo. Dopo discuteremo se è necessario che si istituisca una Agenzia Nazionale Amianto. Per quanto mi riguarda mi pare una cosa inutile, costosa e dannosa. Stato, Ministeri, Inail, Regioni non hanno bisogno di un ulteriore carrozzone ma di avere risorse per operare. Grazie.
P.S. – Per quanto riguarda le questioni mediche mi paiono molto appropriate le considerazioni del Dr. E. Merler che sicuramente il Centro nazionale vi ha fatto pervenire.
Roma – Gennaio 2017 -
Dal “Piano Nazionale Amianto” alle “Disposizioni di riordino della normativa in materia di amianto” (il cosiddetto Testo Unico)
Incertezza dei percorso parlamentare – Poche risorse a disposizione per ricerca sanitaria, cura ed ambiente - Ignorati i diritti delle vittime ambientali e familiari – Cancellata di fatto la normativa sui benefici previdenziali – Il Fondo Vittime Amianto diventerà residuale se non verrà modificato profondamente – L’ente inutile della Nuova Agenzia Amianto
Il problema dell’amianto è contemporaneamente un problema di salute, ambientale, previdenziale e di giusto risarcimento sia delle vittime professionali che di quelle ambientali. L’amianto fa male, è cancerogeno interessa soprattutto le vie respiratorie, ma non solo, è portatore di sofferenze gravi. Solo all’inizio degli anni ’90 del secolo scorso si è varata una legge organica che ne vietasse l’uso (L.257/’92).
Mi pare quindi giusto proporsi una “ridefinizione” di norme ormai obsolete anche alla luce di ciò che è emerso, delle esperienze maturate e delle conoscenze nel frattempo acquisite. Chiunque si proponga di mettere mani alla variegata normativa coll’intento di varare un “Testo Unico” dovrà fare i conti non solo di 25 anni di applicazione delle norme ma soprattutto nel valutare da un lato gli impatti sanitari gravissimi nel frattempo registratisi e dall’altro del grave disastro ambientale determinatosi. Questa occasione di mettere ordine nella miriade di Leggi e Decreti deve essere colta per varare un TU dinamico, attuale, al passo coi tempi. Sempreché il percorso parlamentare, come sembra, tra pochi mesi, si interrompa con la convocazione di nuove elezioni. Ai posteri l’ardua sentenza.
• Ridisegnare il quadro
Quando si varò la legislazione sull’amianto questo veniva ampiamente utilizzato, per le sue intrinseche caratteristiche, in numerose applicazioni industriali. Non c’è stato settore produttivo che non ne abbia fatto uso professionale, chi più chi meno. Non c’è edificio pubblico o privato costruito prima di quella data, del 1992, che non lo contenga: Ospedali, Scuole, Cinema, Case private e popolari, la rete irrigua etc. Un materiale ampiamente utilizzato e purtroppo ancora presente nei luoghi di lavoro e di vita.
Decine di migliaia di malattie (mesoteliomi, tumori polmonari, placche pleuriche ed asbestosi già verificatesi ed accertate oltre a molte altre in via di accertamento) dimostrano che c’è stata una strage con cui dovremo convivere per ancora 10/15 anni a causa della lunga latenza nel manifestarsi di alcune malattie gravi. Quanto deciso fino ad oggi con leggi e decreti ha tamponato la situazione, non l’ha risolta. Il TU dovrebbe porsi l’ambizione/traguardo di portarci fuori dal guado, di liberarci finalmente dell’amianto, dando soluzioni concrete, attuali, realizzabili.
• L’amianto e l’economia
Contrariamente a quanto sostenevano in passato i cosiddetti industrialisti non c’è stato nessun tracollo economico nel vietare l’uso dell’asbesto, è stato tranquillamente rimpiazzato, sostituito. Nuovi materiali e nuove tecnologie hanno reso possibile questa nuova frontiera smentendo le tesi di chi era ed è disposto a sacrificare allo sviluppo (?) ambiente e salute. Purtroppo ciò si verificato nei paesi più industrializzati. Nell’Est Europa, in America Latina, in Asia, Africa etc. ne viene consentito ancora il suo utilizzo ed uso.
Non c’è più un ostacolo “economico” a vietarne e bandirne l’uso. Nel nostro paese è invece ancora un problema sanitario, ambientale, previdenziale e risarcitorio. La superata “sostenibilità” non ci deve pertanto far dormire sonni tranquilli. Ben venga quindi questa ipotesi di rivisitazione delle norme a patto che si tenga conto:
1. Il Problema ambientale
Negli ultimi 25 anni si è speso poco, male, in maniera scoordinata sul territorio nazionale. Bisognerebbe “spendere” in maniera oculata per rimuoverlo e smaltirlo la dove c’è ancora. L’Inail già da sei anni finanzia le imprese “vive” a fondo perduto per rimozione, smaltimento e sostituzione. Il vero problema sono i siti dismessi, che la collettività deve bonificare. Ma non basta: scuole, ospedali, edilizia pubblica e privata, reti irrigue, etc. vanno bonificate.
Le due mappature: Attuale e storica
Va prevista o portata a termine e resa compatibile la mappatura attuale per sapere dove ancora oggi è presente l’amianto per evitare future vittime. Purtroppo la fotografia nazionale è un puzzle regionale difficilmente componibile sia sulla base dati che sulla metodologia di indagine. La prima cosa da fare è, sulla scorta della positiva esperienza RENAM, costringere i referenti regionali a fare la mappatura (per alcune Regioni il problema non esiste o esiste in parte) seguendo regole condivise e confrontabili per dare il quadro nazionale della situazione.
La mappatura storica serve per sapere dove e quando è stato utilizzato l’amianto. Quella attuale ne è una parte, un sedimento, ma conoscere cosa è avvenuto è indispensabile per individuare le responsabilità, conoscere gli eventuali ex-esposti, programmare la cura e la sorveglianza sanitaria, essere da supporto di chi decide sul contenzioso risarcitorio tra imprese e lavoratori, un punto di riferimento certo e dinamico. Potrebbe essere una operazione costosa ma se qualcuno riuscisse a mettere insieme i dati esistenti di Inail, Inps, sistemi sanitari ed ambientali regionali e nazionali i costi si ridurrebbero alla grande perché questi dati ci sono già. Si tratta solo di trovare chi li sappia (e soprattutto voglia) metterli insieme per consentire così ai decisori politici, alla Magistratura, ai lavoratori e alle popolazioni coinvolti/e, alle imprese di avere un quadro affidabile e certo nel quale confrontarsi.
Smaltimento, discariche, Ricerca
Quante sono le tonnellate da smaltire? Tante. Come le smaltiamo? Sicuramente in discarica dedicata. Ci sono tecnologie che inertizzino questa fibra killer? Non ancora anche se ci sono sperimentazioni in corso, anche nel nostro paese. Ma nessuna ha avuto le omologazioni scientifiche che ne consentano un applicazione industriale.
Se nei prossimi dieci anni ci dobbiamo liberare dell’amianto stante la situazione dovremo prima smaltirlo in discarica e, successivamente, se la scienza (o la Ricerca) ci darà una mano, puntare ad inertizzarlo, renderlo innocuo. E’ questa la strada da percorrere? Penso di si, non abbiamo alternative. Il TU dovrebbe contemporaneamente legificare su come si smaltisce in discarica (regionalmente? nelle miniere? nelle gallerie dismesse?) e stanziare risorse specifiche per finanziare la ricerca sulle nuove tecnologie sull’inertizzazione dell’amianto. Forse se arriviamo per primi avremo un problema ambientale e sanitario in meno e la possibilità di esportare nel mondo questa nuova tecnologia.
Ambedue le soluzioni all’inizio sono “investimenti” non costi. In futuro saranno risparmio, sanitario ed ambientale. Ma di questo ne parleremo dopo.
Il problema previdenziale
Dal 1992 ad oggi non c’è stato Governo che non abbia messo mano alle pensioni. Allora un esposto amianto poteva andare in pensione con 30 anni di contributi. Oggi se tutto va bene si va in pensione a 67 anni. Il regime era retributivo, ora è contributivo, penalizzante. E’ rimasto intangibile il criterio di determinazione delle 100/ff/l per 10 anni di esposizione. Si è ridotto il moltiplicatore da 1,5 per anno di esposizione valevole ai fini del diritto e del valore, ad 1,25 solo ai fini contributivi, del valore. Dal giugno del 2005 non si possono più presentare domande di riconoscimento. Ormai si possono attivare i benefici previdenziali solo se si contrae una malattia professionale asbesto-correlata.
In pratica hanno cancellato un diritto. Accettiamo questa cancellazione? Assolutamente no proprio perché il nuovo regime previdenziale è cambiato ed il bonus di andare via 5 anni prima della pensione di vecchiaia è più importante oggi che ieri. Un TU che si rispetti dovrebbe abolire la Legge Maroni del 2003 ripristinando il meccanismo precedente e la rivisitazione delle domande gà presentate soprattutto alla luce dei dati epidemiologici emersi, dei dati Inail (Contarp, Isi, Renam, Open data), incrociandoli tra loro e con la mappatura storica. Lo Stato italiano può compiere questa operazione verità anche perché essendo stato esso stesso “imprenditore” (v. PP.SS., Ferrovie, Fincantieri, Eni, Enel, Telecom, etc.) e cospicuo utilizzatore (v. Marina Militare, Difesa, VV.F. etc. etc.).
Vi assicuro che questa proposta non è una pazzia. Parte degli ex-esposti sono già stati riconosciuti e sono già in pensione o morti. Parte hanno avuto il riconoscimento per malattia professionale. Un 25/30% sono stati riconosciuti da Inail con una esposizione inferiore ai 10 anni. Quindi sarebbe buona cosa eliminare almeno questa discriminazione (v. Isochimica). Il costo sarebbe molto contenuto perché le uscite (leggi decessi) sono superiori alle nuove entrate tant’è che il costo per lo Stato dei benefici previdenziali è in calante riduzione nel corso degli ultimi 5 anni, fermo restando che sarebbe bene che le nuove spese non siano messe a carico della fiscalità generale, del “pago io”. Bisogna porsi il problema di chi deve e quanto pagare. I maggiori responsabili sono già stati individuati prima. Certo è che nel TU sono previste zero risorse per questo capitolo. Anche in questo caso nella parte sulle risorse necessarie indicherò qualche soluzione.
Infine una domanda: il criterio “sacro” delle 100/ff/l è un criterio valido scientificamente? E posto che lo sia come fa Inail a decidere la presenza di amianto in situazioni avvenute decenni fa? Forse non sarebbe male fare un po’ di chiarezza sia sulla validità scientifica che sui metodi di determinazioni spesso basati sull’inesistenza di dati.
Il risarcimento delle vittime
Ormai è accertato statisticamente: ci sono le vittime professionali (la maggioranza dei casi) ma ci sono anche molte vittime ambientali, familiari. Le prime sono coperte dalla assicurazione obbligatoria e dal Fondo Vittime Amianto. Possono altresì richiedere il riconoscimento dei danni differenziali penalmente ai responsabili e civilmente alle imprese (se ancora in vita o se esistono). Le seconde ricevono un misero una tantum di poco più di 5 mila euro dal FVA, difficilmente potranno agire per vedersi risarciti di danni differenziali. Non tutte le vittime sono uguali anche se hanno contratto analoga malattia a causa dell’esposizione all’amianto. Non mi pare una gran cosa. In Francia non è così. Almeno lì il risarcimento è uguale.
Questa la situazione che va completamente modificata nel TU. Per quanto riguarda le vittime professionali bisognerà agire per farle veramente emergere (le cosiddette esposizioni ignote degli edili e dei lavoratori autonomi). Va in qualche maniera finanziato il potenziamento dei COR sia per quanto riguarda l’amianto e per i tumori professionali a bassa frazione eziologica. Va risolto il doppio accertamento (COR/Medici legali INAIL) nella determinazione del nesso di causalità perché molto spesso si verificano pareri discordanti. Si validi una procedura “unica”.
Per le vittime professionali più passa il tempo più sarà loro difficile rivendicare i danni differenziali per estinzione di responsabili e/o delle imprese. Tra pochi anni saranno nella stessa condizione delle vittime ambientali o familiari. L’uguaglianza all’inverso, bel risultato: Ribaltare questa situazione è ormai improcrastinabile: il FVA deve essere rifinanziato dai veri responsabili e reso ugualitario, così com’è non va bene, va cambiato.
In un paese dove alle vittime di terrorismo, mafia e del dovere viene riconosciuto un risarcimento superiore ai 200 mila euro è una scandalo che una vittima dell’amianto (o i suoi superstiti) percepisca 5200 euro una tantum. Certo anche questa proposta genera costi ma rimando a dopo.
Ricerca: diritto al futuro
Esiste oggi una strategia nazionale in grado di promuovere la ricerca sanitaria su una malattia rara nella popolazione ma molto diffusa tra i lavoratori? No! Per il sistema sanitario nazionale ci sono altre e più numerose emergenze. Uno sforzo sostanziale in questa direzione va concretamente attuato. Certo anche questo, si dirà, è un costo. No! questo è un investimento che se avrà fortuna abbasserà ed eliminerà sofferenza nelle vittime e spese sanitarie e di cura già oggi costosissime. Perché non si è fatto niente di quanto deciso nel Piano Nazionale Amianto del 2012? Sarebbe una dimenticanza che il TU non può permettersi.
Giustizia, Eternit, prescrizioni
L’uso dell’amianto è un delitto contro l’umanità e va punito dalla giustizia internazionale. Non si consenta a nessuno di nascondersi dietro Stati più o meno conniventi. L’istituto della condanna in contumacia è previsto in tutti gli ordinamenti nazionali. Perché, se gli eventuali imputati non si presentano di fronte ad un Tribunale internazionale, non vengono comunque perseguiti in ogni luogo e in ogni dove?
L’Italia e l’Europa nelle sedi internazionali dovranno promuovere questo obiettivo di giustizia, di difesa dell’ambiente e del risarcimento delle vittime. Va da se che se si stabilisse internazionalmente il delitto di “omicidio volontario per l’uso dell’amianto” e che questo non si prescrivesse mai lor signori avranno poche speranze di farla franca. E questo in punta di diritto. Ma per quanto riguarda l’Eternit lo Stato Italiano cosa fa? Delega la Magistratura? Ma scusate un po’ cosa è successo tra Usa e Germania sul Diesel-gate? Mi sembra che Obama si sia fatto sentire dalla Merkel. Noi non riusciamo a farci sentire dai vicini di casa svizzeri o dai soci europei belgi. Perchè ci si infiamma ogni volta che il Brasile nega l’estradizione di Battisti o di un mafioso e non si fa niente per Schmidheiny? Va aperto quindi un contenzioso diplomatico per far capire a tutti che lo Stato Italiano non è un fazzoletto klinex che prima si usa e poi getta. Non scherza scherza su queste cose.
La cosiddetta clausola (art.126) e copertura finanziaria (art.127)
“Le disposizioni di cui alla presente legge sono attuate nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste dalla legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica...., salvo le disposizioni che espressamente prevedano oneri finanziari”. Le nozze con i fichi secchi.
“Per far fronte ai maggiori oneri di cui alla presente legge (quanto già normalmente si spende! Ndr.) pari a 250 milioni di euro a decorrere dall’anno 2017 si provvede a valere sulle maggiori risorse derivanti da interventi di razionalizzazione e revisione della spesa pubblica” (sic!). Il legislatore non si pone nemmeno il dubbio di rastrellare ulteriori risorse chiedendo che chi ha rotto,inquinato paghi. Iniziare così la partita significa giocare per perdere, rinunciare a far gravare sui futuri guadagni di chi è stato responsabile di questa strage, (sia impresa, società o manager). Se si vuol fare testimonianza va be, ma, in caso contrario, basta sapere di cosa si parla, soprattutto di cosa si chiede, cosa serve per porre fine ai tragici impatti dell’amianto, per schierarci per richiedere una profonda modifica del TU sull’amianto, criticarlo ma per completarlo!
Servono quindi alcune scelte: più risorse e chi le deve mettere. Per liberarsi l’amianto serve investire per i prossimi 10 anni perlomeno dal 6 agli 8 miliardi:
• in cura, ricerca e sorveglianza sanitaria di chi purtroppo sarà colpito da malattie molto gravi;
• in bonifiche, smaltimento adeguato in questo caso, ricerca per rendere questa fibra killer inerte/innocua;
• ripristinando a tutti gli effetti i benefici previdenziali previsti dalla 257/92 per l’insieme dei lavoratori, nessuno escluso ma nemmeno nessuno agevolato da cumuli anomali,
• risarcendo effettivamente le vittime, tutte, quelle professionali ed ambientali, adeguatamente. Ripeto continuare ad impegnarsi nella difesa dell’attuale FVA significa condannarsi alla dannazione. Il futuro ci impone di riformarlo profondamente: nella individuazione dei soggetti, riconoscendone la eguaglianza nei diritti; nella misura risarcitoria non limitandosi solamente a corrispondere assegni funerari.
Ribaltare l’impostazione del TU diventa un imperativo. Dopo discuteremo se è necessario che si istituisca una Agenzia Nazionale Amianto. Per quanto mi riguarda mi pare una cosa inutile, costosa e dannosa. Stato, Ministeri, Inail, Regioni non hanno bisogno di un ulteriore carrozzone ma di avere risorse per operare. Grazie.
P.S. – Per quanto riguarda le questioni mediche mi paiono molto appropriate le considerazioni del Dr. E. Merler che sicuramente il Centro nazionale vi ha fatto pervenire.
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Re: Progetto di legge testo unico sull'amianto
Io non sono d'accordo che M.D. partecipi agli incontri per il testo unico, perche gia senza questo dalla legge 257/1992 diritti nostri ne hanno gia levati molti Vedi bonifiche vedi assegno x mesotelioma ambientale che per qualcuno dice che è stata una vittoria vedi controlli periodici vedi riconoscimenti INAL, altri stati vedi Australia per i decessi di mesotelioma i famigliari vengono risarcito dallo stato il quale si rivale sui responsabili ed anche in europa
La commisione essendo SEL ePD dovrebbe essere a nostro favore invece remano contro( vedi articolo 18) Di questo ne abbiamo parlato il 18-02 e su questo pensiero c'era parecchio assenso (Dal mio punto di vista)
Paolo Nardin
La commisione essendo SEL ePD dovrebbe essere a nostro favore invece remano contro( vedi articolo 18) Di questo ne abbiamo parlato il 18-02 e su questo pensiero c'era parecchio assenso (Dal mio punto di vista)
Paolo Nardin
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Re: Progetto di legge testo unico sull'amianto
Scusate queste modifiche le ho avute da compagniche partecipano a queste riunioni