IL PROBLEMA DEL CANCRO A GAZA DAL PUNTO DI VISTA EPIDEMIOLOGICO

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Riceviamo e pubblichiamo ringraziando gli autori.

AZARIA-WEST-BANK – MARCH 13:Big Palestinian flag eract as Palestinians open a new protest camp in the E1 area next to Maale – Adumim, March 20, 2013. The action took place at the same time as Obama arrived to Ben Guriom airport near Tel Aviv.(photo by ilia Yefimovich/Getty images)

Questo non è un articolo scientifico, ma un’ipotesi di calcolo (con un abbozzo di ragionamento
sulle cause) a partire da dati grezzi. Essi, appena resi noti con un rapporto (1) dal Palestinian Center
for human rights (PCHR; pubblicato il 14 feb 2019, e centrato in particolare sulla negazione dell’
accesso alle cure) sono da considerare ancora con cautela.
Lo scopo è diffondere questi dati nuovi, confrontarli con quanto già noto, evidenziare l’ enormità
del fenomeno che si affaccia, suscitare ulteriori approfondimenti scientifici ed un dibattito politico.

L’aspetto epidemiologico è importante per almeno tre motivi:

1. pare emergere, dai pochissimi dati pervenuti, una enorme maggior prevalenza di cancro
(soprattutto fra i bambini) a Gaza rispetto ad altre parti del mondo, ed in particolare ad
Israele. Mentre della difficoltà a curare i malati (a causa dell’ assedio israeliano) si parla già
molto, di questo si sa e soprattutto si legge poco.
2. la maggior frequenza di cancro a Gaza (così tanto più grande!) si può spiegare solo con
cause eccezionali; nel nostro caso, ed in particolare per il confronto coi dati su Israele, esse
non possono che essere legate alle conseguenze dell’ assedio e dei bombardamenti.
3. il disastro riguarda soprattutto la generazione più giovane, che ha tutta la vita davanti per
continuare ad ammalarsi, per cui ci possiamo aspettare un trend in ulteriore ascesa; inoltre
è facile prevedere effetti analoghi per infertilità, aborti, malformazioni e malattie genetiche
(ma questi anche ereditabili – ! – e quindi destinati ad affliggere le generazioni successive e
future).

Pare poi difficile potersi occupare delle conseguenze di un fenomeno senza volerne guardare le
cause, cosa che i dati -per quanto limitati- forniti dal PCHR, ora ci permettono (almeno a titolo di
riflessione, su basi approssimate). Altri in seguito, anche per effetto della spinta emozionale che
queste notizie e valutazioni iniziali possono suscitare, studieranno meglio la questione, in modo da
passare dal piano della denuncia a quello della dimostrazione scientifica compiuta (anche
costruendo strumenti di lavoro ancora inesistenti o poco sviluppati, ma fondamentali, come per
esempio un registro dei tumori della popolazione di Gaza).

Ma veniamo ai dati.
Fonti scientifiche internazionali (https://www.wcrf.org/dietandcancer/cancer-trends/data-cancer-frequency-country)
riportano per il 2018 una prevalenza di casi di cancro, fra i primi 50 “peggiori” stati presi in considerazione,
che varia da un massimo di 468 per 100.000 abitanti (Australia) a 233,6 per Israele (ultimo in graduatoria) .
L’ Italia per prevalenza è al 24° posto, metà classifica, con
290 casi su 100.000 abitanti (la “prevalenza” è il numero di persone che stanno vivendo con un
cancro in quel certo momento, NON il numero di nuovi casi all’ anno, che è invece denominato “incidenza”).

Questi dati sono “standardizzati per età”, in modo da rendere paragonabili paesi in cui ci sono
molti vecchi rispetto a quelli in cui ci sono molti giovani; i dati provenienti da Gaza NON sono invece standardizzati
per età, e quindi, così presentati, non sono correttamente confrontabili (ma danno già un’ idea della dimensione del fenomeno).

Inoltre in questi dati internazionali di prevalenza sono compresi i numerosi tumori della cute “non-
melanomi”, cioè in gran parte incapaci di uccidere, il che li rende non-confrontabili con statistiche
che non comprendano questi tipi di tumore.
(PCHR; https://pchrgaza.org/en/?p=11994) riporta in questo modo i dati di prevalenza per i tumori nella
striscia:
“Secondo le verifiche periodiche del PCHR i pazienti ammalati di cancro nella striscia di Gaza sono
stimabili in 8.500”.
Inoltre, “Il dr. Mohammed Abu Selmeya, Direttore dell’ ospedale al-Rantissy per la terapia del
cancro, l’ unico della striscia di Gaza che fornisce cure ai bambini ammalati di cancro, ha detto agli
operatori del PCHR che il loro numero ha raggiunto i 640, fra i soggetti con età fra un mese e 12
anni. Egli ha aggiunto che la leucemia è la forma più frequente, seguita dai linfomi e dai tumori
cerebrali“.
Per capire meglio le proporzioni del fenomeno: secondo il Palestinan central bureau of statistics
(http://www.pcbs.gov.ps/site/lang__en/881/default.aspx#Population) la

popolazione della striscia nel 2017 era di 1.943.398 persone, mentre i soggetti di età fino a 14
anni erano il 42,6%, cioè 827.887 bambini. Non vi sono dati circa i soggetti fino a 12 anni, ma una
approssimazione potrebbe portare ad un numero di circa 700 mila.
Azzardando una proporzione, a Gaza il numero degli ammalati di cancro da 14 anni in giù
risulterebbe di 760 circa. (* vedi poco sotto)

Come appare chiaro, sono dati non ufficiali, approssimativi ma già indicativi, anche se non
confrontabili con quelli internazionali, come detto prima, specie perché non sappiamo se
comprendono o no anche i numerosi tumori dermatologici “banali” (è però probabile che NON li
comprendano; oltretutto in pediatria essi sono quasi inesistenti; questo porta ad aggravare ancor
più il quadro del cancro a Gaza).

Provando ad azzardare qualche calcolo con questi dati solo in parte precisi/confrontabili, si può
stimare che la prevalenza di tutti i casi di cancro a Gaza nel 2018 sia di 437 malati su 100 mila
abitanti, cioè vicina ai valori peggiori della graduatoria mondiale (il massimo è 468, come detto all’
inizio), e quasi il doppio del valore di Israele (233,6).

Secondo la proporzione prima azzardata (* vedi poco sopra) a Gaza nel 2018 il numero
approssimativo di soggetti fino a 14 anni che vivono con un cancro è di circa 92 ogni 100 mila; i
casi pediatrici sono circa l’11% dei casi totali di cancro nella striscia (circa 760 su 8500).

Secondo dati internazionali del 2018 (https://ourworldindata.org/cancer#cancer-prevalence-by-age)
poco più dell’ 1% dei cancri nel mondo colpisce soggetti dai 14 anni in giù (e sono soprattutto leucemie);
l’ 1% a Gaza significherebbe 85 casi pediatrici sugli 8500 totali, mentre sono 760 (nove volte in più !).

Un’altra considerazione: nel mondo oltre l’ 80% dei cancri sono in persone sopra i 50 anni, che a
Gaza sono circa il 10% (in Italia il 44%); anche questo deve indurre a valutare come ancor più
enorme la percentuale dei casi pediatrici, ed anche giovanili, della striscia.

COMMENTO SULLE CAUSE

Un confronto coi dati del contiguo stato di Israele è qui solo accennato perché va oltre le possibilità
di questa modesta analisi, ma pensiamo che quanto esposto basti ad intuire che questo disastro è
l’ effetto della contaminazione ambientale, di varia natura, di questo piccolo territorio e degli
esseri viventi che lo abitano. La carenza di acqua potabile, di energia elettrica, di impianti di
depurazione e smaltimento di liquami ed immondizia è effetto di un assedio più che decennale;
ancor più grave però è l’ inquinamento da elementi radioattivi e metalli pesanti (2) portati dai
bombardamenti ripetutamente perpetrati da Israele, che testa le sue “nuove armi” su questi due
milioni di prigionieri. Per la specie umana (ma non solo) l’avvelenamento inizia già in utero e poi
continua sin dalle prime fasi di vita autonoma (veicoli il latte e l’acqua, poi i cibi), ed in seguito
attraverso il terreno (ed il mare) dove i piccoli giocano sempre.
I nuovi nati, almeno da Piombo Fuso (2008-2009) in avanti, sono probabilmente impregnati da
sostanze tossiche molto più dei loro genitori e fratelli più grandi. Inoltre se i contaminanti rilasciati
in abbondanza dagli strumenti di morte israeliani hanno un potere mutageno già grande sulle
cellule normali, esso sarà ancor maggiore sui gameti; di conseguenza ci possiamo aspettare,
quando questa coorte maggiormente contaminata inizierà a generare, ogni varietà di disastro
(infertilità, aborti, malformazioni, malattie genetiche) oltre ai tumori. E non si prendono qui in
considerazione le conseguenze psichiche di tutto ciò, sugli individui e sulla collettività.

Quindi, se è ovvia e scandalosa l’ingiustizia di negare le cure, è almeno altrettanto grave la
responsabilità di ammorbare così drammaticamente e persistentemente due milioni di persone
tenute prigioniere. E’ come quando il cecchino spara e ferisce gravemente il prigioniero civile,
magari bambino, e poi spara anche sui soccorritori per impedirgli di avvicinarsi; doppiamente
abbietto, ma tutto comincia col primo colpo.

Questa “programmazione”, questo deliberato e continuato intento distruttivo, quanto dovrà
ancora durare? Come è possibile continuare a tacere?

14 marzo 2019

(1) APPELLO DEL CENTRO PALESTINESE PER I DIRITTI UMANI (PCHR)

http://imemc.org/article/pchr-on-international-childhood-cancer-day-israel-and-political-division-deepens-struggle-

of-children-with-cancer-in-gaza-strip

Ved i traduzione in italiano su: https://www.articolo21.org/2019/02/a-gaza-si-muore-di-cancro-piu-che-nel-resto-del-

mondo/

(2) Reproductive Toxicology https://doi.org/10.1016/j.reprotox.2019.02.003

Titolo La sorveglianza delle nascite in ospedale a Gaza, in Palestina, 2011-2017, e la contaminazione da metalli pesanti

delle madri rivelano l’impatto a lungo termine delle guerre. Autori Paola Manduca, ed altri

FIRME

Filippo Bianchetti, medico di base, Varese, Flavia Donati, psichiatra e psicoanalista, Roma, Fiorella
Gazzetta, medico di base, Varese, Laura Franceschini, psichiatra, Imperia, Loretta Mussi, medico in
pensione, Rosa Raucci, Direttore Pronto Soccorso di Aversa, Khaled Rawash, medico di base e
criminologo, Imperia, Khader Tamimi, pediatra di base, Rho (MI)

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