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oggi è il: 23|04|2024


Pale eoliche in mare, un’occasione per riflettere
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E’ indubbio che in una società socialista e rispettosa dell’ambiente, quindi molto diversa e purtroppo molto lontana dalla società attuale, l’energia eolica dovrà avere un posto centrale. E’ altrettanto certo che il passaggio alle energie rinnovabili non deve essere solo un passaggio tecnico fra un metodo di produrre energia ed un altro, ma deve essere l’occasione epocale, ed irripetibile, per rimettere in mano alle popolazioni il controllo della propria energia, sottraendolo alle multinazionali o alle grandi aziende.

In altre parole, non basta che l’energia sia pulita e rinnovabile, occorre che sia anche gestibile e decisa dalle piccole comunità che la usano.

Occorre quindi un sano sospetto delle multinazionali dell’eolico, almeno quanto di quelle del petrolio o - nel prossimo futuro - dell’idrogeno.

Va premesso anche che le polemiche alla “ripadimeana” sono proprie di un ambientalismo di destra , conservativo ed ipocrita, che vuole mantenersi nell’ottica capitalistica, e che nei casi peggiori sfocia addirittura nel neomalthusianesimo.

Il “paesaggio” di cui parlano questi signori sembra essere il contraltare e quindi la legittimazione di fatto dell’esistenza delle aree industriali inquinate a morte, proprio quelle in cui vive (e muore) la grande maggioranza della gente, e che non si vogliono mettere in discussione.

Avete mai visto ad esempio un “ripadimeana” a Rosignano, o a Stagno di Livorno, o a Piombino ?

Ma è proprio l’esistenza di queste aree industriali “a perdere” il punto da cui partire , per parlare di eolico ed ambientalizzazione. Rosignano ha appena conosciuto un nuovo brutto sfregio in quest’ottica: si è permesso, anzi incentivato con oltre 20 milioni di euro pubblici, la costruzione di una nuova elettrolisi (a membrana) del sale, senza prescrivere la rimozione di un solo grammo di mercurio delle centinaia di tonnellate disperse nell’ambiente da Solvay, né misure minime verso l’uscita dallo sfruttamento minerario del salgemma in Val di Cecina.

Sembra restare nell’ottica dell’area a perdere la proposta, sponsorizzata dai verdi, e ripresa non a caso dal sindaco che “si è fatto le ossa” con la regionalizzazione della discarica di Scapigliato, e dalla destra locale, del parco eolico marino davanti Rosignano.

Bravi, verrebbe da dire, dopo aver devastato a terra ( ma anche il mare, con gli scarichi bianchi e il mercurio) , ora volete devastare anche il mare, ufficializzandolo come “sito industriale” con le pale eoliche ?!

La questione dell’inaccettabilità dell’utilizzo del mare come “sito industriale” è stato sollevato - giustamente - dal Comitato contro il rigassificatore off-shore di Livorno, ma anche in altri luoghi come in Abruzzo, dove si voleva impiantare un parco eolico da ben 160 megawatt.

Perché allora non costruire anche mega-inceneritori in mare, o centrali atomiche, o fabbriche particolarmente nocive e ad alto rischio ? Violando il principio “il mare non è un sito industriale”, si saprebbe come si parte, ma non dove si potrebbe arrivare.

“Meglio in mare che sulle colline”, dice la destra locale, strizzando l’occhio ai perplessi manifestatisi a Montescudaio ed altrove, dove il “centro sinistra” si candida a raccogliere le briciole del nuovo business.

Di fronte a queste “novità” sembra urgente riflettere attentamente ed abbozzare delle “linee guida” di sinistra sull’eolico, viste anche quelle diffuse da Rutelli (DPCM 12.12.2005) tutte interne al sistema vigente.

la prima dovrebbe essere che anche la produzione eolica , come altre che hanno un impatto anche modesto, non s’ ha da fare per business, ma solo per rispondere ad un bisogno sociale. Il proliferare dei progetti eolici nella nostra zona segue invece piattamente la linea dell’esistenza di un grande elettrodotto (Piombino-Rosignano-Acciaiolo) e semplicemente si affianca, per business, all’esistente infrastruttura elettrica toscana, concentrata quasi tutta nella Provincia costiera di Livorno. La seconda, particolarmente calzante per l’eolico, e legata alla prima è quella di sottrarsi alle multinazionali dell’energia, che già ci hanno cacciato nell’immenso guaio dell’energia da fonti fossili (petrolio, metano, carbone, uranio), e rimettere scelte e gestione alle comunità locali.

La terza è quella di non pretendere dall’investimento (popolare?) il massimo della produttività, ma accontentarsi della produttività naturale del luogo. Salterebbe in questo modo la scelta delle multinazionali di piazzare le pale sui crinali, che se sono i luoghi più ventosi, sono anche quelli più intatti.

La quarta, legata alle precedenti, è quella del riutilizzo prioritario, DOPO BONIFICA, dei luoghi industriali dismessi o sottoutilizzati o da recuperare smantellando impianti nocivi.

La quinta è quella secondo la quale la produzione elettrica da fonti rinnovabili non deve essere AGGIUNTIVA, ma SOSTITUTIVA di produzione da fonti fossili : ma la realtà è la grande scorpacciata di centrali turbogas, ancora in corso ....

Solo dopo il rispetto di queste linee guida (ed eventuali altre che l’ambientalismo alternativo e di sinistra deve proporre), a partire da quella sul riutilizzo dei siti industriali, ed a fronte di un programma austero di risparmio energetico, si potrebbero estendere le pale eoliche in mare, meglio se galleggianti.

Farlo ora sarebbe solo assecondare il business delle multinazionali dell’eolico.

21.2.08 Maurizio Marchi


E’ opportuno sapere che cosa si muove intorno e dietro alle energie alternative, come a qualunque affare in una società capitalista. Paolo Stefanini è di Italia Nostra: in questo intervento è molto critico nei confronti dei Verdi toscani sull’eolico.

Il costo della politica : il business di alcune delle fonti di energia rinnovabili in Toscana ed in Italia

La Toscana, si avvale dei poteri riconosciuti alle regioni dopo la revisione dell’art. 5 in materia di energia e si differenzia nelle applicazioni e disposizioni dalle Leggi nazionali, come invece non avviene per esempio in Puglia ed in altre regioni.

Questa anomalia dovrebbe essere superata dall’approvazione del nuovo Piano di Indirizzo Energetico Regionale. Cosa che si protrae nel tempo: quindi è vigente il precedente Piano Energetico Regionale, senza però che siano state mai emanate le linee-guida. Tutto ciò si traduce in comportamenti che suscitano, come minimo,delle perplessità ma che appunto trovano una giustificazione , (e si afferma : una legittimazione!!) in questo stato di cose.

Le fonti di energia rinnovabile cominciano ad essere un business ed alcune di queste si prestano potenzialmente e strutturalmente a delle “tentazioni”, sopratutto l’eolico.

Infatti mentre nel fotovoltaico le aziende produttrici sono innumerevoli,e quindi il mercato è frammentato,ed i clienti potenziali interessati sono di gran lunga più numerosi fra i privati cittadini; nell’eolico il mercato è oligopolista, con pochi produttori ed i clienti sono per lo più Comuni o loro articolazioni : in queste condizioni può venire la tentazione di trovare “scorciatoie”.

La Toscana come l’Italia ,certamente e scientificamente,non ha “vocazione eolica” ,SOLO 1.480h/anno (due mesi e 10 giorni/anno) di produzione, i mulini a vento infatti sono nella cultura e nella storia dell’Olanda e della Spagna, da noi ci sono sempre stati solo ad acqua. Erano davvero tutti stupidi i ns. vecchi? Non ci sono venti costanti e moderati. Quindi la produzione è molto intermittente; diminuisce d’estate, quando invece servirebbe.

E quella prodotta di notte non ci serve, anzi risulta più costosa per il sistema paese. Il posto più idoneo è nel mare Adriatico,dove oltretutto non sarebbe dannoso per l’ambiente. Ma allora perché alcuni settori ,come Legambiente e Verdi che si ammantano di credenziali ecologiste, propugnano l’eolico sempre, dovunque e comunque e fanno opera di convincimento verso i cittadini,esaltando solo aspetti positivi ?

C’è stata un’inchiesta del Secolo XIX di Genova nell’agosto scorso che ha sollevato clamore. Infatti è stato portato alla luce un accordo commerciale tra Gamesa ed i Verdi (per il tramite di equologia v. sito,promosso da Fabio Roggiolani, responsabile regionale dei Verdi e consigliere regionale),in sintesi Gamesa si accollava i costi di convegni nei quali i Verdi,sfruttando la propria immagine e credibilità ambientale promuovevano l’eolico,sempre,dovunque e comunque, facevano cioè attività di lobby , naturalmente,en passant,il tutto targato Gamesa.

In questo appoggiati da Legambiente, chissà perché?, contrastati invece da Italia Nostra e WWF. Comunque se non è Gamesa può essere una delle poche altre. Quindi in Toscana corsie preferenziali per l’eolico, anche troppo; se ,come è vero, il TAR ha decretato l’illegittimità dell’impianto da 25 milioni di euro di Scansano, a causa di ben 29 (ventinove) tra autorizzazioni mancanti ed altre irregolarità .

Un esempio : Montecatini Val di Cecina è un piccolo Comune arroccato di fronte a Volterra,nello stesso scenario paesaggistico di gran pregio, (a proposito Il Comune di Volterra ha proibito nel raggio di 10 km l’eolico,in quanto incompatibile con la salvaguardia paesaggistica,ambientale e turistica) e nel giugno di quest’anno vara una variante al piano urbanistico,dove prevede severissimi vincoli e puntigliosi limiti per l’installazione del solare termico e fotovoltaico.

Va bene, ha una sua logica. Solo dopo tre mesi però, seduta del 20 settembre 2007, vara entusiasticamente un parco eolico di quattro torri,poi destinate ad essere sei, dall’altezza di 100 mt ca, cioè quattro /sei grattacieli di 33 piani.

C’è coerenza ? La notizia,apparsa sul Tirreno(edizione Pontedera,mai smentita,anzi confermata dalla giornalista) del 21 settembre, fornisce dettagli che aumentano le perplessità,che evocano un ipotesi di costo sotterraneo della politica,che fanno intuire flussi di denaro i quali possono essere in grado di influenzare delle scelte, c’è infatti uno strano triangolo tra chi promuove il progetto,si attiva per reperire risorse a fondo perduto e la Regione che li eroga.

Oggi il sistema dei certificati verdi si traduce in un enorme regalia ai pochi produttori ben introdotti e protetti, che “stornano” un piatto di lenticchie ai Comuni ed accumulano tesoretti che possono essere sapientemente indirizzati. E tutto questo saccheggiando risorse pubbliche. Anche questo è un aspetto del costo della politica.

Paolo Stefanini ottobre 2007




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