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Irresponsabilità verso i lavoratori
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La grave situazione che si è creata alla Solvay di Rosignano, con l’azienda “costretta” a dimezzare la produzione di soda a causa della mancanza d’acqua dolce, è figlia dell’irresponsabilità assoluta della multinazionale belga, che ha spremuto la spugna fino all’ultima goccia, ma anche (o soprattutto) delle istituzioni tutte, dai comuni alla Regione ai ministeri e ai sindacati, che hanno chiuso occhi e orecchi su quanto stava accadendo da decenni.

E come sempre accade, le conseguenze di comportamenti irresponsabili vengono fatte ricadere sulla parte più debole, prima la popolazione, ora i lavoratori Solvay. Non è giusto e non deve passare.

Da decenni Solvay ha potuto monopolizzare la risorsa acqua in una vastissima area, sottraendola alla popolazione. Da decenni le falde si sono abbassate tanto da insalinarsi ( ci vorranno forse vent’anni di stop ai prelievi per farle tornare a livelli accettabili), il fiume Cecina è ridotto ad una massicciata, la pochissima acqua rimasta alla popolazione è inquinata da arsenico, boro, mercurio, cromo, nitrati, che si concentrano sul “fondo del barile”, con conseguenze silenziose quanto disastrose sulla salute della popolazione.

L’ultimo colpo alla risorsa idrica della zona è avvenuto in primavera, sotto gli occhi di tutti: dal lago di Santa Luce, già ridotto allo stremo, Solvay ha continuato a far defluire acqua per alimentare i suoi pozzi a valle, fino a seccarlo completamente a fine luglio.

Un bell’esempio di programmazione lungimirante, sia di Solvay che delle istituzioni, che avrebbero dovuto controllare ed imporre alternative. Ancora il 19 luglio 2012 Solvay dichiarava impunemente in consiglio comunale a Rosignano, tra la riverenza di tutti i presenti che - in base ad un vecchio e pilotato studietto economico del 2003 su un dissalatore - che la dissalazione dell’acqua di mare non le conviene e non l’avrebbe fatta.

Ma altra acqua non c’è più - come si vede - quindi non c’è alternativa al dissalatore: è una strada obbligata proprio a salvaguardia primaria dei posti di lavoro. Un dissalatore da cui Solvay ricavi acqua e sale, sganciandosi dallo sfruttamento delle miniere di sale della Val di Cecina, dimostratosi insostenibile nei 100 anni passati. Un dissalatore alimentato da energie rinnovabili, sole e vento, da collocare negli ampi spazi liberi nello stabilimento. Un dissalatore pagato interamente da Solvay, che dovrà essere la sua nuova ed unica miniera.

Quello che si propone è un vero e proprio piano industriale serio, insieme alle bonifiche, l’unico che può garantire il posto ai lavoratori e dar loro prospettive solide. Il resto è il solito “mordi e fuggi” e non arriverà a dopodomani.

15 settembre 2012

Maurizio Marchi

www.medicinademocraticalivorno.it




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