Medicina Democratica Onlus e il processo d’appello per disastro contro Solvay di Spinetta Marengo

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Medicina Democratica Onlus e il processo d’appello per disastro contro Solvay di Spinetta Marengo : saremo parte civile fino alla sentenza definitiva

 

Medicina Democratica Onlus ha partecipato attivamente a tutti i momenti del processo per il disastro ambientale provocato dagli impianti attualmente di proprietà Solvay di Spinetta Marengo.

L’impegno nel nostro legale, l’Avv. Laura Mara, e dei nostri consulenti tecnici, tra cui il compianto Luigi Mara, unitamente a quello del Pubblico Ministero, hanno determinato una sentenza che, se non può soddisfarci, pure riconosciamo che ha sancito alcuni importanti punti fermi.

Per questo continua l’impegno di Medicina Democratica nell’affermare e nel far riconoscere, anche nelle aule giudiziarie, il principio che la mancata di prevenzione nei luoghi di lavoro, come nell’ambiente, è un crimine e come tale va sempre sanzionato, un impegno caratterizzato, dentro e fuori dalle aule dei tribunali, anche dal rigore scientifico con il quale ha sempre sostenuto e intende sostenere le proprie tesi.

Ad oggi constatiamo che i limiti della normativa (solo da un anno è stata approvata la “legge sugli ecoreati” e i suoi effetti sono ancora tutti da verificare) e della giurisprudenza, di fronte a condotte protrattisi negli anni con ricadute di così vasta portata come quelle portate in giudizio al cospetto della Corte d’Assise di Alessandria, che hanno più volte determinato assoluzioni dirette (es. Bussi) o sentenze di prescrizione (vedi per tutti il caso Eternit) non hanno completamente agito in questo processo, anche se la tesi del PM non è stata accolta, come avremmo auspicato avvenisse, nella sua formulazione originaria. Il reato previsto dall’art. 439 c.p. (avvelenamento delle acque) non è stato infatti riconosciuto nella sua dimensione oggettiva e soggettiva, soprattutto a causa della frammentarietà e della carenza di coraggiosi indirizzi giurisprudenziali di legittimità. Ma l’Autorità Giudiziaria ha stabilito, almeno, che la condotta degli imputati ha configurato reato di disastro ambientale innominato (art. 434 c.p.), senza derubricarlo a generico fatto di “inquinamento ambientale”.

La nostra storia quarantennale ci ha abituati a considerare l’affermazione di principi sacrosanti, come il diritto alla salute, ad un ambiente salubre, ad un lavoro esente da nocività, risultati da conseguire con la costanza di un lavoro continuo piuttosto che con una vittoria lampo.

Per questo apprezziamo il fatto che il verdetto sancisca la indispensabilità e l’obbligo di interventi di bonifica, vedendo in questo la possibilità di un risveglio e di un richiamo agli enti locali preposti, a svolgere la sacrosanta azione di tutela della salute pubblica.

Altro limite che individuiamo nella sentenza è da parte della Corte il mancato riconoscimento del dolo, in linea purtroppo con una tendenza giurisprudenziale da battere, ma ancora molto forte (basta solo pensare che nessuno mai ancora parla di omicidi sul lavoro ma sempre solo di infortuni mortali sul lavoro). Perseguendo come Associazione il fine di ottenere un cambiamento radicale di tale prassi nelle aule dei Tribunali, e in sede legislativa, siamo consapevoli che questo potrà avvenire solo con un cambio politico e legislativo che stabilisca che il lavoro, così come i luoghi di vita, sono beni da garantire e tutelare, non merci da consumare; beni di interesse primario il cui valore va anteposto in ogni caso al profitto.

Constatiamo infine, in positivo, che a diverse parti civili persone fisiche sono stati riconosciuti risarcimenti per il metus patito a causa dell’esposizione agli agenti inquinanti (con riferimento ai periodi di garanzia ricoperti dagli imputati riconosciuti colpevoli) e ciò consegue da una lettura estensiva, e non restrittiva, dei criteri giuridici usualmente applicati in processi analoghi (cfr. le sentenze di primo e secondo grado sul caso Eternit), tenuto conto che nel capo di imputazione non erano stati contestati gli omicidi colposi e le lesioni personali.

In conclusione, alla luce dei parziali risultati esposti e per quanto resta ancora da conseguire, l’impegno di Medicina Democratica continuerà con rigore nel processo anche in fase di appello, per sostenere le proprie tesi, per sostenere il Pubblico Ministero nella richiesta di modifica delle imputazioni per il riconoscimento integrale delle responsabilità degli imputati. E se l’attenta analisi delle condizioni del processo ci ha indotto a non procedere ad una impugnazione della sentenza di primo grado per gli interessi civili (ex art. 576 c.p.p.), avendo il Pubblico Ministero, quale organo legittimato ex lege, appellato tale decisione per l’intervenuta riqualificazione del fatto, non per questo Medicina Democratica si asterrà dalla battaglia legale al fianco delle vittime, anche in secondo grado, a sostegno della Pubblica Accusa.

Per il proseguimento di tale azione in sede giudiziaria Medicina Democratica ribadisce poi piena condivisione e sostegno all’operato dell’Avv. Laura Mara, riconoscendone nella competenza e impegno professionale un valido strumento di affermazione dei principi statutari che il nostro Movimento persegue concretamente da 40 anni.

 

Prof. Piergiorgio DUCA in qualità di legale rappresentante di “Medicina Democratica Movimento di Lotta per la Salute Onlus”

 

Di seguito il testo del dispositivo della sentenza.

Sentenza Spinetta – Corte Assise

 

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