Per un Medio Oriente libero da armi nucleari e altre armi di distruzione di massa

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UNIONE INTERNAZIONALE DEGLI SCIENZIATI
Per un Medio Oriente libero da armi nucleari e altre armi di distruzione di massa
A cura della redazione IUS • 20 giugno 2025

Di Giorgio Ferrari.

Chissà se le lancette dell’Orologio dell’Apocalisse si avvicineranno ancora di più alla mezzanotte dopo che Israele avrà dichiarato guerra all’Iran. In ogni caso, si può essere certi che Netanyahu, nel lanciare il suo attacco, ha sfruttato appieno il clima bellicoso che si è radicato in Europa e le conseguenti politiche di riarmo.

Questo attacco introduce nella logica già terribile della guerra nuovi elementi estremamente pericolosi che non possono essere sottovalutati o ignorati.

In primo luogo, il bombardamento dei siti nucleari iraniani dovrebbe essere considerato molto simile a un vero e proprio attacco nucleare, perché così facendo, Israele ha consapevolmente rischiato il rilascio dell’uranio immagazzinato in quegli impianti, con il rischio di contaminare l’ambiente. Ciò è particolarmente allarmante se si considera che gran parte di questo uranio è immagazzinato sotto forma di gas (UF6, esafluoruro di uranio), che non solo è radioattivo, ma anche tossico e reattivo con l’acqua.

Questo è uno dei motivi principali per cui i Protocolli aggiuntivi del 1977 alle Convenzioni di Ginevra proibiscono il bombardamento di impianti nucleari, protocolli che, in particolare, Israele e gli Stati Uniti non hanno mai ratificato.

In secondo luogo, l’uccisione di sei scienziati iraniani, riportata dai media con malcelata soddisfazione, segna un ulteriore passo nella discesa verso la barbarie: d’ora in poi, sembra accettabile uccidere scienziati, soprattutto se coinvolti in programmi nucleari civili, ma a meno che non venga dimostrato il contrario, la stessa AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica), attraverso le sue ispezioni, ha verificato che il programma iraniano rientra strettamente nell’ambito civile. È vero che l’AIEA ha espresso dubbi al riguardo, ma non si uccide per un dubbio.

Ciò solleva interrogativi inquietanti sul ruolo svolto dall’AIEA in questa vicenda. Il 12 giugno, appena un giorno prima dell’attacco ai siti nucleari iraniani, il Consiglio dei governatori dell’AIEA ha pubblicato un rapporto in cui criticava l’Iran per non essere stato sufficientemente collaborativo nel soddisfare le richieste degli ispettori o nel fornire determinate informazioni. Il rapporto affermava persino, di sfuggita, che “finché queste questioni non saranno risolte, l’agenzia non sarà in grado di fornire garanzie che il programma nucleare iraniano sia esclusivamente pacifico”.

Ciò ha innescato una narrazione mediatica fuorviante, riassunta nella frase “L’Iran è a un passo dalla costruzione di una bomba”, un’affermazione che Israele ha poi utilizzato per “giustificare” i suoi bombardamenti e le sue uccisioni. L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Danny Danon, ha dichiarato che l’operazione “Rising Lion” contro l’infrastruttura nucleare e missilistica iraniana mirava a eliminare una minaccia esistenziale e immediata per i cittadini israeliani e per il mondo.

Ciò che né i media né Israele menzionano è che il livello di arricchimento dell’uranio in Iran è attualmente al 60%, mentre per costruire una bomba sono necessari livelli di arricchimento di almeno il 90%. Colmare questo divario non è né semplice né rapido: ci vorrebbe molto più tempo rispetto al passaggio al 60%.

Inoltre, il controverso rapporto dell’AIEA del 12 giugno è stato il risultato delle pressioni politiche esercitate da rappresentanti di Francia, Regno Unito, Stati Uniti e Germania (gli stessi Paesi che erano stati informati in anticipo dell’attacco israeliano) ed è stato approvato nonostante l’opposizione di Russia e Cina. L’Iran ha protestato, accusando persino l’AIEA di collusione con Israele fornendo informazioni sui suoi siti nucleari e sul personale scientifico.

La narrazione ora diffusa – che Israele in precedenza aveva usato per giustificare il bombardamento del reattore di Osirak in Iraq nel 1981 e di quello di Al-Kibar in Siria nel 2007 – è quella di un “attacco preventivo” per neutralizzare una minaccia nucleare. Eppure nessuno ritiene Israele responsabile del proprio arsenale nucleare, né delle menzogne e degli inganni che ha usato – prima con l’aiuto della Francia, poi con la complicità degli Stati Uniti – per svilupparlo e usarlo come una vera minaccia per tutti i paesi arabi confinanti.

Ancora più preoccupante è il fatto che a Israele, un Paese che non ha mai firmato il TNP (Trattato di non proliferazione nucleare) né ha consentito le ispezioni dell’AIEA, sia consentito attaccare una nazione che ha accettato e rispettato quelle stesse regole.

Tuttavia, con la fine di quest’ultima guerra in Medio Oriente, è chiaro che la questione delle armi di distruzione di massa nella regione – nucleari, chimiche e biologiche – deve essere finalmente affrontata e risolta. Le nazioni occidentali che invocano sistematicamente il “diritto all’autodifesa” di Israele hanno la maggiore responsabilità di questa situazione. Permettendo a Israele di sviluppare segretamente e incondizionatamente il suo programma nucleare, hanno creato una “creatura” che, anche se non si rivolta contro i suoi creatori come il mostro di Mary Shelley, è diventata incontrollabile, arrogante e ostile a qualsiasi regola che possa mettere in discussione il monopolio della forza irresponsabilmente concessole.

È giunto il momento di correggere questo errore e di disinnescare la minaccia rappresentata dall’arsenale nucleare israeliano, trasformando il Medio Oriente in una zona libera da armi nucleari e altre armi di distruzione di massa.

Facciamo di questo obiettivo una bandiera per il disarmo. Sostieni e firma la petizione che chiede al governo italiano di sostenere l’istituzione di una zona di questo tipo in Medio Oriente, come previsto dalla Conferenza ONU dedicata, e di spingere gli altri paesi europei a fare altrettanto.

* Giorgio Ferrari è un fisico nucleare italiano, uno dei massimi esperti di energia nucleare e un attivista antinucleare sin dal disastro di Chernobyl.

** Tradotto in inglese da Flavio Del Santo dall’articolo originale pubblicato il 15 giugno 2025.