L’inumanità del 41bis, il caso di Alfredo Cospito ma non solo

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L’inumanità del 41bis, il caso di Alfredo Cospito ma non solo

La vicenda di Alfredo Cospito, detenuto in regime di 41bis contro le esortazioni dell’umanità e le più elementari indicazioni di quella che si vorrebbe una cultura giuridica democratica, presenta sia tratti di eccezionalità sia tratti di continuità con alcune tendenze dell’attuale cultura istituzionale italiana.

Eccezionale è l’accanimento con cui le istituzioni giudiziarie hanno trattato la persona e giudicato le azioni di Cospito. Come è stato rilevato da molti qualificati osservatori, la condanna riservata a Cospito è ingiusta, l’identificazione del reato è abnorme e ideologica, la pena comminatagli è sproporzionata rispetto ai danni provocati dai reati commessi e alla pericolosità reale dell’individuo.

In continuità con la cultura e le prassi istituzionale attuale sono: la criminalizzazione dei conflitti sociali, la sistematica disattenzione al diritto alla salute per chi è sottoposto a regimi penitenziari, l’ottusità che in Italia caratterizza la cultura penale e la riflessione sul carcere nel suo complesso incluso il regime del 41bis e l’ergastolo ostativo. Negli ultimi 20 infatti la criminalizzazione dei conflitti sociali (si veda l’esempio del movimento No TAV) è stata una drammatica specificità, che si è inscritta nella più ampia tendenza a declinare come fenomeni penali una sempre più vasta fetta di problemi sociali (si guardi alla gestione del fenomeno migratorio o al problema del cosiddetto decoro urbano, che ha contribuito ad legittimare un framework sempre più repressivo nella gestione della povertà). Quando questo processo non è direttamente sospinto da tribunali e magistratura (soprattutto da quella parte di essa che un tempo si fregiava dell’attributo di “democratica”, un segnale del profondo arretramento di quella che era stata la nostra stessa parte politica), i suoi effetti si respirano nelle Aziende Sanitarie ove un clima di terrore manageriale disincentiva lavoratrici e lavoratori a prendere parola sulle condizioni della sanità, e nel dibattito pubblico in generale, come ha dimostrato l’assenza di un vero confronto pubblico informato sulla gestione dell’ultima pandemia.

Il caso di Alfredo Cospito è quindi un’occasione per noi di MEDICINA DEMOCRATICA di tornare a dare battaglia sui molti temi che la sua vicenda sintetizza in modo esemplare. Gli elementi di continuità con le tendenze esistenti che la sua vicenda esprime devono essere  la base per un’azione di movimento che torni ad incidere sui rapporti di forza e modificare la realtà.

MEDICINA DEMOCRATICA non mancherà di incalzare le istituzioni garanti della democrazia in questo paese ad agire in modo straordinario per evitare che, con la  morte, di Alfredo Cospito venga dato un colpo letale ai principi su cui posa il nostro ordinamento giuridico come pure per abrogare le forme estreme e disumane introdotte con il regime del 41bis come dell’ergastolo ostativo.

Il Consiglio Direttivo di Medicina Democratica

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