Da “ambiente svenduto” a “giustizia impossibile” ?

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Ennesimo assurdo episodio di non giustizia italiana, dopo sette anni di udienza “si scopre” che i giudici e la giuria che ha condannato la dirigenza iLVA, politici e funzionari pubblici (37 imputati) responsabili del disastro ambientale e sanitario a Taranto non erano sufficientemente sereni nel giudizio perchè erano da considerarsi nello stesso tempo parti offese dei reati che erano chiamati a giudicare in quanto non vivevano abbastanza lontano o meglio vivessero negli stessi quartieri di alcune persone costituite parti civili.

Se l’Italia è la patria degli azzeccagarbugli (e un legale della difesa se non ha altri appigli per sostenere la difesa si deve inventare qualunque cosa per guadagnarsi la parcella) dovrebbe anche essere contestualmente la patria del diritto ovvero della chiarezza e definizione di un percorso giudiziario dall’inizio senza che siano possibili giravolte a distanza.

Non è certo la prima volta che succede, l’abbiamo subito come Medicina Democratica (parte civile a Taranto come a Viareggio), anche con la sentenza della Corte di Cassazione a gennaio 2024 ove, dopo i tre gradi di giudizio e 140 udienze in cui abbiamo partecipato, siamo stati estromessi dal processo perchè non avremmo dovuto esserci dall’inizio.

Non è accettabile una simile conduzione dei procedimenti che favoriscono sempre imputati eccellenti e letteralmente uccidono una seconda volta le vittime dei reati, perchè a Taranto come a Viareggio, nessuno riesce a contestare le responsabilità per i reati contestati e allora si trova il modo di ridurre o azzerare le pene con questi cavilli che portano a giudizi ripetuti, tempi assurdi, in questo caso a partire dallo spostamento a Potenza del procedimento con relativo pressocchè certa estinzione del processo per prescrizione.

La prescrizione non è una assoluzione, semplicemente la giustizia si dichiara incapace di definire un giudizio e una situazione del genere è una sconfitta per tutti, tribunali inclusi, ad ogni livello.

Uno spostamento che rammenta quello per il processo della strage fascista (e di Stato) di Piazza Fontana da Milano a Catanzaro con le relative conseguenze sull’accertamento della verità (ancorchè quella giudiziaria), le responsabilità di quell’evento come di quelle relative all’ “ambiente svenduto”, anzi distrutto di Taranto.

Il messaggio è devastante : per i padroni inquinatori di continuare a far soldi distruggendo e uccidendo direttamente e indirettamente contando sull’impunità, per le vittime e le associazioni che le sostengono di non pretendere giustizia e, al più, di accontentarsi di qualche indennizzo monetario, in una catena perpetua di inquinamento, malattie – morte e non giustizia.

Nè in questo caso nè negli altri in cui Medicina Democratica è parte civile intendiamo arrenderci, reagiremo sia con gli strumenti legali che sostenendo e contribuendo nella mobilitazione sociale.

 

 


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