DALLA MUTUA LA SALUTE NON AVRAI ANCHE SE LA MUTUA PAGHERAI

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Abbiamo scoperchiato l’ennesima porcata della Giunta Fontana/Bertolaso relativa all’entrata forzata nel servizio sanitario pubblico della sanità integrativa veicolata da mutue, assicurazioni e  “welfare aziendale” segnalando l’approvazione (non sbandierata come al solito dall’assessore) della DGR 4986 del 15.09.2025 (click il link qui di seguito)

In Lombardia arriva la “super intramoenia” per dare il colpo di grazia al SSN universalistico – Medicina Democratica

Non abbiamo finora registrato reazioni significative dalle realtà sociali principali e dai partiti di opposizione salvo qualche eccezione per lo più individuale. Consideriamo estremamente pericoloso non considerare seriamente la questione perchè si sta rivelando come una apertura di una voragine che limiterà fortemente se non distruggerà il servizio sanitario nazionale a partire dalla universalità e parità di accesso (già compromesso dallo stato pietoso in cui è stata ridotta la sanità pubblica).

E’ opportuno sottolineare alcuni passaggi per meglio rendersi conto del rischio ulteriore che corriamo tutti/e se non facciamo sentire forte la nostra opposizione a questo andazzo.

La delibera è sicuramente parte di un modello lombardo, dal “quasi mercato” al “quasi tutto mercato” della sanità che la giunta non solo vuole rafforzare  ma proporlo alle altre regioni e quindi a livello nazionale:  non va dimenticato che Fontana – allo stato indisturbato – si è proposto alla Conferenza Stato Regioni come il portatore di una proposta di “riforma” del servizio sanitario nazionale. E’ essere facili profeti prevedendo che i contenuti saranno all’insegna dell’affossamento di quelli della legge di istituzione del servizio sanitario del 1978 che aveva chiuso proprio con l’allora imperante sistema mutualistico (che lasciava fuori da ogni tutela circa 6 milioni di persone, grossomodo quelle che oggi rinunciano alle cure).

Nei confronti delle realtà che non vedono negativamente il ruolo della sanità integrativa, l’hanno introdotta nei contratti nazionali (incluso quello della sanità pubblica) o la comprendono tra gli strumenti della propria attività di realtà no profit va ricordato che la delibera esplicita un “diritto” di saltare la fila per chi ha un reddito o una condizione lavorativa tale da consentirgli di accedere a queste forme di (pseudo)tutela…. e gli altri ? Si arrangino.

Chi non ha reddito sufficiente, chi è pensionato e non può accedere a welfare aziendali, chi ha bisogno di cure continue per cronicità e/o fragilità rimarrà in fondo alla fila finendo per incrementare chi esce dalla fila perchè non ce la fa più e non si cura. E’ un modello basato su sempre più evidenti disuguaglianze che queste realtà intendono, per convinzione o per inerzia, sostenere?

Oppure dobbiamo riunire le forze per affermare il diritto di tutti/e per evitare – almeno – che la sanità integrativa prenda il sopravvento nelle possibilità concrete di cura e che chi “possiede” questi strumenti finisca, come ha segnalato Vittorio Agnoletto, per condizionare le scelte della sanità pubblica (altro che sanità partecipata !).

In questa offensiva liberista chi ci va di mezzo, oltre al portafoglio delle persone ?

Sicuramente gli operatori sanitari, anche quelli “contenti” di poter integrare il proprio inadeguato salario con prestazione aggiuntive ulteriori (la “super intramoenia”), anzichè unirsi (anche con gli utenti) per ottenere condizioni di lavoro migliori a partire dalla soddisfazione di poter dare servizi migliori alle persone (tra cui ci sono anche gli operatori stessi) garantendo percorsi di cura idonei e continuativi e non spezzettati, dilazionati con ripetizioni di prestazioni spesso del tutto inutili. La medicina è fatta dal rapporto tra operatori e persone e non può essere delegata alle macchine (nemmeno alla intelligenza artificiale).

Certo, la struttura “aziendale” delle ASL  (in Lombardia ATS e ASST) non favorisce il confronto e l’iniziativa degli operatori ma nessuno – nei servizi come in fabbrica – ha mai ottenuto qualcosa senza scontrarsi con chi nega o comprime diritti e non garantisce  condizioni di lavoro (a partire da quelli organizzativi) decenti perchè non gli interessa “produrre salute” ma gli obiettivi del bilancio aziendale (e intascare i “premi di produzione” per direttori e direzioni …).

Soprattutto ci va di mezzo la salute della collettività come quella individuale, la sanità integrativa non è strutturata per garantire il benessere delle persone (che significa, oltre all’accesso alle cure, condizioni ambientali salubri, abitazioni idonee, accesso ad una alimentazione sana, sicurezza e igiene sul lavoro ecc ecc – tutti obiettivi della riforma sanitaria del 1978) ma esclusivamente per fornire prestazioni sanitarie : un modello di “salute” quale sommatoria di prestazioni definite dentro un elenco sottoscritto con il contratto con l’erogatore e/o nei contratti nazionali che li contengono.

Si cura “meglio” (di più) chi potrà pagare ma dentro un sistema alla rovescia rispetto agli obiettivi di salute, ciò non garantirà neppure di “star meglio” rispetto a chi non può pagare (ovvero paga “solo” con le proprie tasse) : dalla mutua la salute non avrai anche se la mutua pagherai…..

Le sirene del liberismo – con le relative imprese, fondi ecc portatori di giganteschi interessi economici concreti fondati sul bisogno di salute che abbiamo tutti – ci vogliono convincere che pagando avremo un servizio migliore e una salute migliore. Noi siamo convinti del contrario, che una salute migliore si ha quando il servizio sanitario è organizzato per garantire le funzioni e gli obiettivi per cui è nato grazie alle lotte sociali dal dopoguerra al 1978 : prevenzione (primaria) cura e riabilitazione come diritti di tutti/e senza distinzioni di alcun genere.

Medicina Democratica intende contrastare questa deriva che costituisce una ferita mortale  del servizio sanitario anche informando e svelando le conseguenze di questa decisione (e di quelle a corollario), alzando il volume della protesta cercando di estenderla e a tutti/e coloro, individui e realtà associative nazionali e locali, condividono l’urgenza di reagire con la partecipazione e l’opposizione prima che sia troppo tardi e non si possa che piangere sulle occasioni perdute.

Vi invitiamo a considerare questo come un appello della nostra associazione (che è un ente “no profit” essendo riconosciuta come ente del terzo settore) per raccogliere in un movimento aperto e includente tutti/e coloro che non vogliono rinunciare ad un servizio sanitario pubblico in grado di rispondere a quel diritto fondamentale alla salute sancito dalla Costituzione Repubblicana – evitando che ci venga scippato e/o svuotato.

La nota che leggete è stata redatta da Marco Caldiroli sulla base della discussione interna della realtà lombarda di Medicina Democratica.

 

 



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