Solo il Servizio pubblico può contenere l’epidemia

Ascolta con webReader


Segnaliamo e riproponiamo l’intervento di Edoardo Turi (Medicina Democratica Roma) apparso su Il Manifesto il 18.10.2020

. Una «ri-mutualizzazione» del SSN, che compra prestazioni «esterne» a costi elevati e non produce
servizi, anche con il Covid è subalterno al privato. Urge un movimento di lotta
Per la prevedibile recrudescenza autunnale dei casi di Covid e le nuove misure di prossima
emanazione è utile uno sguardo critico. Le epidemie non sono nuove per l’umanità che convive con
malattie infettive da sempre per scelte operate dall’uomo: allevamento animale (morbillo), commerci
(peste), guerra (spagnola).
La rivoluzione industriale dell’Ottocento modificò l’epidemiologia con comparsa di malattie
cronico-degenerative (cuore, polmoni, diabete, tumori) per nocività da lavoro e ambientale, consumi
e riduzione di malattie infettive per miglioramento di condizioni di vita nel mondo a capitalismo
avanzato (acqua, abitazioni, alimenti, farmaci, vaccini, servizi sanitari).
NEL SUD DEL MONDO le malattie infettive sono ancora un flagello. Il capitale ha avuto interesse a
ridurre le malattie infettive interferenti con la produzione ma non le malattie cronico-degenerative:
sviluppo in tarda età, non subito mortali, motivo di profitti con farmaci e diagnostica.
L’epidemia da Covid nasce da sfruttamento ambientale (megalopoli), salto di specie (pipistrelli) e
globalizzazione. Le società industrializzate hanno diminuito prevenzione e controlli, preferendo
vaccinazioni e farmaci a più alta redditività di capitale. L’Italia taglia la spesa sociosanitaria, per
vincoli Ue e fiscal compact in Costituzione, e indebolisce il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) con
l’idea di «Sistema» (usato da molti al posto di «Servizio», erroneo sinonimo teorizzato dal pensiero
neoliberale come complementarietà tra SSN pubblico e privato).
La spesa sanitaria è il 70% dei bilanci regionali e il personale incide al 60%, settore ad alta intensità
di lavoro umano. Qui i tagli: un falso in bilancio, che sposta la spesa da personale a acquisizione di
beni e servizi: erogatori privati, esternalizzazioni, convenzioni di medici/pediatri di base, specialisti
ambulatoriali, consulenze.
PIÙ DEL 50%. Il privato fa profitti con regole meno severe del pubblico su assunzioni, con ricorso a
partite Iva, licenziamenti, riappropriandosi del prelievo fiscale. Le mutue integrative, prospettate in
molti CCNL, sottraggono altre risorse con la defiscalizzazione. L’epidemia conferma: privati posti
letto Covid, test sierologici e tamponi, Unità domiciliari Covid. Toscana, Veneto, Lombardia, Le Case
della Salute invece in Emilia-Romagna autorizzano tamponi molecolari nel privato. Recovery Fund e
Mes al 50% prenderanno queste strade. Una «ri-mutualizzazione» del SSN, che compra prestazioni
private a costi elevati e non produce servizi, anche nell’epidemia è subalterno al privato.
Il SSN è impreparato all’epidemia perché, in attesa di vaccino o farmaco, e l’imbuto di tamponi,
laboratori, difficoltà al tracciamento dei contatti, che richiede centinaia di operatori, non si è
pensato in questi mesi a specifici servizi di prevenzione e cura Covid con organico dedicato, come si
fece in passato per l’Aids.
Alla morte da Covid si somma anche quella per blocco di attività sanitarie come durante il lockdown.
Il SSN deve attrezzarsi a convivere con la pandemia, per non chiudere il Paese, con danni a salute,
lavoratori esposti (iniziando con classificare correttamente Covid nel rischio biologico 3,
trasmissibile alla popolazione), istruzione e reddito dei cittadini.
IL LAVORO AGILE È UN PRIVILEGIO di classe senza regole che scarica costi sui lavoratori.
Serve subito una ripubblicizzazione della sanità con assunzioni sufficienti, concorsi regionali per
discipline, graduatorie a scorrimento e re-internalizzazioni, compresa la medicina di base,
ripensandone la formazione collocandola in ambito universitario oltre il numero chiuso.
Le Regioni, con tagli di spesa, diventano traduttrici di confuse indicazioni di Governo e Ministero
della salute: siamo al regionalismo differenziato anticipato da un governo di centro sinistra con la
modifica del titolo V della Costituzione e il Sud al palo con guerra delle ordinanze e costo diverso dei
tamponi. Non serve il centralismo, ma un giusto rapporto costituzionale Stato-Regioni-Comuni, negli
organismi previsti, per l’ uniformità dei diritti.
Il SSN ha poi un vulnus democratico, aggravato dagli accorpamenti di Aziende Sanitarie, Distretti
enormi, incapacità dei Comuni di rappresentare le realtà locali nei confronti delle Regioni e direzioni
aziendali anacronisticamente simbolo di una verticalizzazione autoritaria.
DECENTRAMENTO E PARTECIPAZIONE sono negate, erano le bandiere della sinistra che, dopo
anni di governo, non può accusare altri. Le Case della salute, che Maccacaro pensò nel 1975 erano
realtà partecipative in Usl e Distretti piccoli, riviste nel 2004 dalla Cgil, per una trasformazione della
medicina territoriale come presa in carico dei cronici in ASL.
Le Case della salute invece in Distretti di grandi dimensioni, presenti in poche Regioni, sono spesso
proposte come soluzione a tutto, senza adeguate risorse e progettualità. Ma serve un movimento di
lotta a partire dall’epidemia che apra su questo conflitti e vertenze, scuotendo la pigra sinistra.

*L’autore è medico-Direttore Distretto ASL Roma e partecipa al Forum per il diritto alla salute; Medicina Democratica Roma

Print Friendly, PDF & Email