
«È il momento di unire le forze dei movimenti». Così titolava Il Manifesto di domenica 4 agosto al seguito di un intervista a Stefano Rodotà. Non solo non possono essere più trascurati, ma potrebbero essere, o lo sono già, l’unica forza cui fare affidamento per un cambiamento politico e sociale effettivo. Molti di questi hanno una memoria storica e una capacità scientifica di analisi e di proposta che i partiti hanno abbandonato o non hanno mai avuto. I movimenti hanno una grande diffusione, operano su singoli problemi, tramite i quali riescono a volte a trarre conclusioni generali.
È un mondo molto variegato che rivendica diritti dimenticati o negati, anche se fondamentali come ad esempio quello della salute, sul quale chi scrive è fortemente impegnato. L’Istituzione sanitaria e sociale che ti trovi di fronte, ti spiega che vanno bene i diritti, ma il problema è quello della crisi, dell’economia, mancano i soldi, c’è il patto di stabilità, non abbiamo i fondi.
Non solo mancano i soldi, oppure vengono indirizzati in altre direzioni, ma pure mancano le intelligenze e le capacità di intervenire.
La dispersione politica e quella sociale si ripercuotono in ogni situazione, diventa difficile per tutti, anche per i movimenti, operare insieme, anche se si lavora sulle stesso tema, pur con grandi possibilità di comunicazione.
Lavorare insieme diventa una necessità. I limiti esterni diventano limiti interni; la fiducia si perde e si continua ad operare senza essere efficaci.
Ci siamo rivolti, come organizzazione che difende il diritto alla salute dei lavoratori e lotta per la salubrità ambientale, alla magistratura e, in non pochi casi, si sono ottenuti risultati positivi, ex post naturalmente, perché gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali proseguono, e non sono in diminuzione.
Invece che adeguare la società alla Costituzione, si vuole mutare la Costituzione per sottomettersi ad un senso comune diffuso per cui l’evasione fiscale, la corruzione non costituiscono un problema, sono quasi sono un titolo di merito.
Allora si può pensare, ritenere e auspicare che le molte espressioni associative, dei movimenti per il diritto e i diritti possano intraprendere un cammino unitario: si tratta di un’urgenza che richiederebbe di agire subito.
Che si trovi la forza, prima per singoli settori e poi unitariamente per organizzarsi, per lottare, non genericamente per una società migliore, ma per un altro tipo di società.
Mi sembra che sia il senso dell’intervista del prof. Stefano Rodotà e dei suoi ultimi interventi. Unire i movimenti, dargli forza politica non significa costituire un nuovo partito, ma opporsi alla deriva anti costituzionale oggi in atto, alla incongruità dei partiti e alla confusione delle istituzioni.
Fulvio Aurora
Medicina democratica movimento di lotta per la salute-segreteria@medicinademocratica.org
Assai probabilmente, siamo usciti dal disastro della seconda guerra mondiale, anche grazie alle energie suscitate dalle nuove Istituzioni democratiche, a cominciare dalla Carta Costituzionale.
Uno slancio che purtroppo si è affievolito nel tempo. Ma nel presente frangente della crisi economica, è opportuno e doveroso riprendere con nuovo vigore il tema della difesa delle Leggi che tutelano la dignità del lavoratore e del cittadino, per non rinunciare a costruire, nel futuro, una nuova società più giusta e equa, in cui tutti possano riconoscersi, piuttosto che cedere alle orrende distorsioni di un senso comune diffuso, dove l’illegalità e il sopruso diventano tollerati, ma assai perniciosi, mezzi di sopravvivenza. Un senso comune diffuso, dai valori stravolti, nell’ambito di una faticosa e poco disciplina quotidianità (dove anche le stesse Istituzioni, intese come complicati apparati burocratici locali, non sono mai arrivate a tutelare il cittadino) cui si deve la stessa origine, la stessa causa dell’attuale crisi economica.
Non si deve, dunque, rinunciare a realizzare il dettato della Legge fondamentale dello Stato, al fine di assolutamente evitare un possibile caos e rendere possibile la realizzazione delle migliori potenzialità del paese. E’ doveroso, perciò, non arrendersi al peggio, ma perseguire un cammino autenticamente virtuoso, nel rispetto delle buone Leggi esistenti.