SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 06/10/14

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SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 06/10/14

 

INDICE

 

Proletari Resistenti posta@resistenze.org

ROVIGO: ALTRE QUATTRO VITTIME DEL PROFITTO

 

Proletari Resistenti posta@resistenze.org

COSA PREVEDE IL JOBS ACT: MENO DIRITTI E PIÙ PRECARIETA’ PER TUTTI

 

Autoconvocati assemblealavoratori@libero.it

SATA-FIAT DI MELFI, LE TUTE BLU “STANCHI DI FARE LE MARIONETTE: NIENTE DA

FESTEGGIARE”

 

SpeziaPolis info@speziapolis.org

RENZI? FERMIAMOLO!

 

Mario Murgia info@associazioneespostiamiantovalbasento.it

LA CAPITALE AVVELENATA D’AMIANTO: ECCO LA MAPPA DELLE ZONE CRITICHE

 

Mario Murgia info@associazioneespostiamiantovalbasento.it

AMIANTO: DIRIGENTI BREDA/ANSALDO IMPUTATI DELLA MORTE DI DECINE DI LAVORATORI

 

Silvia Cortesi sylvyacort@gmail.com

IL VECCHIO E IL NUOVO: ARTICOLO SU IL MANIFESTO

 

USB Perugia perugia@usb.it

SCIOPERO GENERALE 24 OTTOBRE 2014

 

Controsservatorio Valsusa info@controsservatoriovalsusa.org

IL TRIBUNALE PERMANENTE DEI POPOLI HA RISPOSTO POSITIVAMENTE ALL’ESPOSTO DEL CONTROSSERVATORIO VALSUSA

 

Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com

REPORT MORTI SUL LAVORO NEI PRIMI NOVE MESI DEL 2014

 

COBAS Pisa confcobaspisa@alice.it

SAINT GOBAIN: NON E’ ORO TUTTO QUELLO CHE LUCCICA

 

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From: Proletari Resistenti posta@resistenze.org

To:

Sent: Thursday, September 25, 2014 2:37 AM

Subject: ROVIGO: ALTRE QUATTRO VITTIME DEL PROFITTO

 

Nella democratica Italia si continua a morire per il lavoro e a causa del lavoro.

Quattro operai sono morti e uno è rimasto ferito in modo grave nell’incidente che si è verificato presso la ditta Co.Im.Po di Adria, in provincia di Rovigo, azienda che si occupa del trattamento dei rifiuti industriali. Secondo le prime informazioni dei vigili del fuoco, gli operai sarebbero stati investiti dalle esalazioni di acido solforico.

Nicolò Bellato, 28 anni, Paolo Valesella di 53, e Marco Berti di 47, erano dipendenti della ditta, il quarto, Giuseppe Valdan, 47, di Campolongo Maggiore (Venezia), l’autista, era dipendente di un’altra ditta. Inoltre c’è stato anche un ferito grave di 41 anni, anch’egli di Adria.

In questo caso, come già è successo in passato, due delle vittime hanno cercato di soccorrere un compagno di lavoro che si era sentito male, e uno dopo l’altro sono morti a causa delle esalazioni dell’acido solforico mentre stavano pulendo l’autocisterna.

Ancora una volta, come spesso accade, la solidarietà fra compagni di lavoro, fra chi si guadagna da vivere ogni giorno per un salario miserabile, la solidarietà di classe e umana di persone che cercano di aiutarsi nel momento del pericolo a rischio della propria stessa vita (anche se il padrone non li ha forniti di mezzi di protezione adeguati) è costata la vita a tutti.

Nella crisi i padroni risparmiano anche i pochi centesimi che riguardano la sicurezza dei lavoratori e gli “incidenti” sul lavoro sono all’ordine del giorno.

Anche in questo caso come è già successo in passato in casi simili si parla di probabile errore umano. Secondo la prima ricostruzione del comandante dei Vigili del Fuoco, alla radice della probabile causa della nube tossica “c’è stata una errata manovra nel processo che la ditta faceva per trattare questi reflui, che ha comportato la nube tossica di anidride solforosa”. Dalle prime indagini sembra che i lavoratori non indossassero dispositivi di protezione individuali, né maschere di protezione: avrebbero gettato dell’acido solforico in una vasca che molto probabilmente conteneva già ammoniaca. Il mix delle due sostanze, non controllato, avrebbe provocato le esalazioni che hanno investito i cinque operai.

Come sempre sono i lavoratori che muoiono a sbagliare, non i padroni che li costringono a lavorare senza protezioni, senza sapere, né avere il tempo di verificare con cosa si sta lavorando, non lo Stato preoccupato solo di tagliare le leggi sulla sicurezza perché i “lacci e lacciuoli” scoraggiano gli investimenti.

I mercati sono più importanti delle vite umane.

Come sempre in questi casi si sprecano le lacrime di coccodrillo di chi poteva intervenire prima per evitare questi assassini e nulla ha fatto perché comunque i bilanci, dello Stato come delle aziende vengono sempre prima della vita dei lavoratori.

A cominciare dal capo dello Stato, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che in una nota del Quirinale scrive: “appresa con profonda commozione la notizia del tragico incidente, ho chiesto al Prefetto di Rovigo di esprimere ai familiari dei quattro operai deceduti i sentimenti di partecipe cordoglio e di rendersi interprete della sua solidale vicinanza all’operaio ferito”.

Anche i sindacati confederali versano la loro parte di lacrime da coccodrillo, dopo aver svenduto diritti e tutele dei lavoratori.

Ai lavoratori assassinati, alle loro famiglie va la nostra solidarietà di lavoratori, mentre aumenta la nostra rabbia e l’odio di classe contro i padroni e il sistema di sfruttamento capitalista che, pur di realizzare il massimo profitto, ogni anno condanna a morte per infortuni sul lavoro oltre mille lavoratori e fa morire altre migliaia per malattie professionali.

A questa rabbia bisogna però dare organizzazione, perché se non lo fanno i lavoratori stessi, nessuno fermerà questa strage infinita.

 

22 settembre 2014

Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio

Sesto San Giovanni

e-mail: cip.mi@inwind.it

 

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From: Proletari Resistenti posta@resistenze.org

To:

Sent: Thursday, September 25, 2014 2:37 AM

Subject: COSA PREVEDE IL JOBS ACT: MENO DIRITTI E PIÙ PRECARIETA’ PER TUTTI

 

E’ in discussione in Senato la legge delega sul lavoro, il cosiddetto Jobs Act. Una legge delega è una legge su cui il Parlamento vota soltanto i principi generali, lasciando poi al governo mano libera nel definire le norme concrete.

Nonostante la propaganda televisiva del governo, il Jobs Act non serve affatto a tutelare i precari che oggi hanno meno diritti, ma casomai a ridurre i pochi diritti di chi oggi ha un posto di lavoro a tempo indeterminato, tagliando ancora il sistema di ammortizzatori sociali, manomettendo lo Statuto dei lavoratori e cancellando quel che resta dell’articolo 18, i cui pesanti tagli della Fornero già hanno dimostrato nel 2012 di non essere in grado di creare mezzo posto di lavoro in più!

Anche rispetto alla riorganizzazione degli ammortizzatori sociali, il disegno di legge non serve a dare più tutele a quei precari che oggi non ce l’hanno. Anche questa considerazione fu utilizzata già dalla Fornero nella sua riforma: fu il pretesto per tagliare dal 2017 la mobilità a tutti. La conclusione (oggi come allora) è che in caso di crisi e disoccupazione involontaria ci saranno meno tutele per tutti.

Insomma, uniformare il mondo del lavoro, sì, ma al ribasso!

Non è un caso che il Jobs Act sia stato presentato dal Ministro del Lavoro Poletti, che da presidente delle Cooperative italiane, ha di fatto sperimentato da tempo tutte le forme di precarietà e bassi salari. E non è un caso che le forze di destra stiano dando il loro più totale consenso alla accelerazione di Renzi.

Qualunque governo che voglia tutelare i precari, non ha che da estendere loro lo Statuto dei lavoratori, gli ammortizzatori sociali e i diritti di cui dovrebbero godere tutti i lavoratori e le lavoratrici. Così come, qualunque governo voglia affrontare il tema dell’occupazione e della crescita del paese non ha che da ridurre l’orario di lavoro e l’età pensionabile!

Ecco le misure più pericolose contenute nel disegno di legge che rischia di essere approvato a breve.

ARTICOLO 18 E STATUTO DEI LAVORATORI

“Previsione per le nuove assunzioni del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio”. Con questa misura (che non sarebbe in via sperimentale ma a regime da subito) il Jobs Act distrugge quel che resta dell’articolo 18, già ampiamente manomesso dalla legge Fornero. Oggi l’articolo 18 prevede il reintegro del lavoratore licenziato soltanto nel caso di licenziamento discriminatorio e laddove il giudice verifichi che di un licenziamento disciplinare non sussista il fatto (caso assai difficile da dimostrare). Nei licenziamenti economici (soppressione della mansione) e in gran parte di quelli disciplinari al lavoratore già oggi non resta che il risarcimento economico. Il Jobs Act vuole eliminare del tutto il reintegro. Con il contratto a tutele crescenti, anche nel caso di assunzione a tempo indeterminato, entro i primi anni il lavoratore potrà essere licenziato in qualsiasi momento con un indennizzo proporzionato all’anzianità di servizio, senza quindi il reintegro. E la tutela del reintegro sembra essere esclusa anche alla fine del periodo, visto che il testo (non a caso) non ne parla in modo esplicito;

“Individuare e analizzare tutte le forme contrattuali esistenti, anche in funzione di eventuali interventi di semplificazione delle medesime”. Scritto così, non è affatto scontato, come si vuole invece far credere, che il contratto a tutele crescenti sostituisca tutte le altre forme di lavoro precario e a termine. E’ già difficile che vengano cancellate quelle di fatto meno utilizzate. Del tutto illusorio pensare che venga abrogato il tempo determinato, il contratto di somministrazione e la para-subordinazione, soltanto per citare quelli di fatto più utilizzati.

“Revisione della disciplina dei controlli a distanza” (articolo 4 dello Statuto). Oggi il controllo dei lavoratori a distanza tramite videocamere o altri sistemi elettronici è vietato. Il Jobs Act vuole abolire o comunque indebolire questa norma, sarà così possibile ai datori di lavoro di spiare a distanza i lavoratori, con evidenti ricadute disciplinari.

“Revisione della disciplina delle mansioni” (articolo 13 dello Statuto). Con questa norma si vuole permettere al datore di lavoro di demansionare un lavoratore (con la relativa riduzione di salario) in caso di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale. Diranno ai lavoratori che se non vogliono perdere il posto di lavoro, dovranno essere disponibili a farsi ridurre salario e professionalità.

Introduzione in via sperimentale del “compenso orario minimo per il lavoro subordinato e le collaborazioni coordinate e continuative”. Questa potrebbe in linea teorica essere una misura positiva, se non fosse che si chiarisce subito che sarà soltanto per quei settori dove non ci sono contratti nazionali e quindi di fatto del tutto scollegato da questi. Anzi, rischia di essere uno strumento per scardinare definitivamente i contratti nazionali.

“Possibilità di estendere il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio” (tramite i voucher, che oggi sono previsti per colf, baby sitter ecc.) “per le attività lavorative discontinue e occasionali in tutti i settori”, ampliando quindi la possibilità di lavorare senza diritti né pagamento dei contributi.

CASSA INTEGRAZIONE:

“Impossibilità di autorizzare le integrazioni salariali in caso di cessazione di attività aziendale o di un ramo di essa”. Già ora, dopo la riforma Fornero, è molto complicato ottenere la cassa integrazione nei casi in cui l’azienda sia cessata o fallita. Con il Jobs Act sarà semplicemente impossibile e a quei lavoratori non resterà che l’indennità di disoccupazione.

“Semplificazione delle procedure burocratiche, considerando anche la possibilità di introdurre meccanismi standardizzati di concessione”: significa, per esempio, possibilità di superare le procedure obbligatorie di consultazione sindacale quando l’azienda debba far ricorso agli ammortizzatori sociali.

“Necessità di regolare l’accesso alla cassa integrazione solo a seguito di esaurimento delle possibilità contrattuali di riduzione dell’orario di lavoro”: significa che prima di attivare la cassa integrazione, l’azienda può utilizzare tutte le ferie, i permessi, la banca ore che dovrebbero essere invece a disposizione del lavoratore e della lavoratrice.

“Revisione dei limiti di durata, rapportati ai singoli lavoratori e alle ore complessivamente lavorabili in un periodo di tempo prolungato”: significa che la cassa integrazione, così come l’ASPI (Assicurazione Sociale Per l’Impiego: la nuova indennità di disoccupazione introdotta dalla Fornero), avranno durata variabile, dipendente dall’anzianità di servizio dei singoli lavoratori. Si passa da una logica di tutela collettiva e universale a una tutele sempre più individuale.

“Riduzione degli oneri contributivi ordinari e rimodulazione degli stessi tra i settori in funzione dell’utilizzo effettivo”: significa che l’indennità sarà diversa, non soltanto a seconda di ogni lavoratore, ma anche per ogni settore, con il rischio che siano penalizzati proprio quei settori che hanno avuto più bisogno di cassa integrazione.

INDENNITÀ DI DISOCCUPAZIONE:

“Rimodulazione dell’ASPI con omogeneizzazione della disciplina ai trattamenti brevi, rapportando la durata alla pregressa storia contributiva del lavoratore”: significa che la ASPI sarà diversa per ogni lavoratore a seconda dei contributi versati.

“Incremento della durata massima per i lavoratori con carriere contributive più rilevanti”: è un prolungamento dell’ASPI, ma soltanto per quelli che hanno una lunga anzianità di servizio… forse gli esodati!

“Estensione dell’ASPI ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa […] con un periodo almeno biennale di sperimentazione a risorse definite”: significa che la possibilità di estendere l’indennità di disoccupazione ai para-subordinati, tanto propagandata, è in realtà vincolata alle risorse che verranno stanziate, quindi tutta da verificare!

“Introduzione di massimali in relazione alla contribuzione figurativa”: l’importo dell’ASPI varierà a seconda della contribuzione figurativa, quindi sarà minore per quei lavoratori e quelle lavoratrici che hanno periodi più lunghi di ammortizzatori sociali alle spalle. Se non verrà specificato diversamente, questa norma sarà penalizzante anche per i periodi di maternità e congedo parentale, quindi in larga misura per le donne.

“Eventuale introduzione, dopo la fruizione dell’ASPI, di una prestazione, eventualmente priva di copertura figurativa, limitata ai lavoratori, in disoccupazione involontaria, che presentino valori ridotti dell’indicatore della situazione economica equivalente, con previsione di obblighi di partecipazione alle iniziative di attivazione proposte dai servizi competenti”. Non è un reddito minimo di cittadinanza, perchè spetterebbe soltanto a chi ha perso il lavoro e in ogni modo viene chiarito che questa norma verrà sperimentata soltanto se ci saranno risorse sufficienti.

“Eliminazione dello stato di disoccupazione come requisito per l’accesso a servizi di carattere assistenziale”.

“Individuazione di meccanismi che prevedano un coinvolgimento attivo del soggetto beneficiario dei trattamenti di cassa integrazione e disoccupazione, al fine di favorirne l’attività a beneficio delle comunità locali”: significa introdurre l’obbligo ai lavori socialmente utili anche nel caso di cassa integrazione e disoccupazione.

Di fronte a questo attacco serve una mobilitazione più ampia possibile e la ricostruzione di un nuovo ciclo di lotte e di conflitto.

Va promossa una campagna nei luoghi di lavoro per discutere la necessità di una pronta mobilitazione fino a arrivare a un vero sciopero generale. Il tempo delle esitazioni deve finire.

Non possiamo più permetterci di attendere le estenuanti ricerche di azioni comuni con CISL e UIL o inutili incontri con padroni e governo.

SCIOPERO GENERALE ORA!

 

23/09/14

Il sindacato è un’altra cosa

http://sindacatounaltracosa.org

 

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From: Autoconvocati assemblealavoratori@libero.it

To:

Sent: Thursday, September 25, 2014 12:29 AM

Subject: SATA-FIAT DI MELFI, LE TUTE BLU “STANCHI DI FARE LE MARIONETTE: NIENTE DA

FESTEGGIARE”

 

La SATA di Melfi in festa in questi giorni per i venti anni dalla sua nascita e, contemporaneamente, l’avvio della produzione del nuovo mini-SUV nato dalla fusione con Chrysler.

Gli operai rispondono a “questa farsa” con una lettera aperta: Noi lavoratori della SATA non abbiamo nulla da festeggiare!!!

“Dopo le grigliate forzose e le ballate imbarazzanti, ci tocca ingoiare l’ennesimo rospo, come se nel nostro stabilimento vada tutto talmente bene che viene voglia di mangiare, ballare e cantare. In questi venti anni abbiamo subito di tutto, dalla gabbia salariale dei primi anni novanta (contratto che abbassava gli stipendi rispetto alle altre fabbriche del gruppo Fiat, turni massacranti mai svolti prima in nessun stabilimento e tanto altro ancora).

In questi venti anni è stata talmente pesante la condizione lavorativa e le pressioni psicologiche sugli operai che ad oggi più della metà di essi ha gravi limitazioni fisiche.

A tutto questo vanno aggiunti gli ultimi quattro anni di cassa integrazione (tra ordinaria e straordinaria), anni in cui noi lavoratori siamo messi sotto ricatto dai dirigenti aziendali che minacciano quotidianamente il nostro futuro lavorativo se non accettiamo ogni condizione.

Con il ricatto ci costringono a ballare, a presentarci alle grigliate, a preparare bruschette per il direttore, a venire alle feste come quella di oggi.

L’unico incontro al quale verremmo molto volentieri è sul futuro di questa fabbrica.

Questo sì ci renderebbe partecipanti attenti e coinvolti.

Siamo stanchi di fare le marionette a comando del direttore, non è per questo che siamo pagati, non è per queste cose che i nostri figli ci stimeranno”.

 

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From: SpeziaPolis info@speziapolis.org

To:

Sent: Thursday, September 25, 2014 12:41 PM

Subject: RENZI? FERMIAMOLO!

 

Ricevo da Mario Agostinelli (che ho incontrato nell’ambito delle lotte contro il carbone e con cui ho condiviso un progetto in Brasile) che forse qualcuno di voi conosce una nota e un appello che forse possono interessare.

Se volete potete linkare al sito (http://cepes.altervista.org/?p=309) dove è riportato un “manuale” a mio giudizio molto utile per approfondire i valori che la Costituzione ci consegna e che vanno difesi con la fermezza e la serenità di chi ha partecipato direttamente a straordinarie battaglie per l’uguaglianza e il riscatto dei più deboli.

Saluti.

Daniela

 

RENZI? FERMIAMOLO!

“Fino all’attacco all’articolo 18 e agli insulti, non certo rivolti solo ai dirigenti della CGIL (sotto tiro sono soprattutto i lavoratori organizzati, colpevoli di essere garantiti!), la deviazione autoritaria imposta da Renzi, appariva una forzatura presuntuosa per riallineare il Paese ai canoni del decisionismo liberista. Ora è più evidente che nella strategia concordata con Berlusconi si configura un attacco specifico alla democrazia economico-sociale in ogni suo punto”.

L’appello che ricevo da Mario Agostinelli proviene (come lui stesso scrive in una nota a parte) “nasce da un grandissimo disagio che si registra nel mondo sindacale, che, nonostante una crisi evidente rimane ancora nostro”.

L’appello segue un video messaggio in cui Renzi ha recentemente attaccato il sindacato, innescando una sorta di conflitto generazionale tra “precari” e “garantiti”. Naturalmente non si tratta di difendere il sindacato né eventuali privilegi. Si tratta, invece, di estendere i diritti anziché contrarli. In particolare in un momento di crisi che, come ben sappiamo, non ha nulla di contingente.

Agostinelli si appella “alle esperienze di quanti non si sono sentiti conservatori e responsabili della crisi, per aver militato in un sindacato di massa su cui si vorrebbero scaricare le responsabilità che le classi dirigenti vogliono eludere. L’appello (scrive) è una traccia cui annoteremo i commenti o le osservazioni che vorrete rimandare.

Il governo Renzi e questo premier strafottente in particolare (continua Mario nella sua nota) mettono sotto attacco la democrazia economica-politica-sociale alla base della Costituzione. Le reazioni sono finora troppo esangui per spostare un equilibrio sostenuto dai poteri forti, legati ad un asse atlantico-europeo che trova nella stretta liberista la soluzione della crisi. Riceviamo continuamente messaggi e siamo ancora abbastanza considerati per un riconosciuto disinteresse, da poter coagulare attorno ad una esperienza larga di anni passati, ma da rivitalizzare nella memoria, un sentimento politico, che vada oltre l’indignazione. Sappiamo quanto la rottura dell’argine del lavoro comporti una deriva irrecuperabile ben al di là del fronte sociale”.

Ecco la restante parte dell’appello

“La nostra passata esperienza sindacale ci aveva da subito avvertito che depotenziare e screditare a colpi di annunci il lavoro (dotato dalla Costituzione non solo di diritti, ma anche di poteri) significava non prendere di petto le cause vere della crisi e cercare di affrontarla a dispetto dell’uguaglianza e della stessa libertà”. Ma questa volta l’ex-sindaco di Firenze è andato oltre ogni limite. Toccare la carne viva e la dignità del corpo sociale, in sintonia con quelle forze di destra che ora si ritrovano entusiaste nelle parole del presidente e che hanno sempre accusato il sindacato, e la CGIL in primo luogo, di opporsi alle “moderne” flessibilità, rende provocatoria e insopportabile la domanda, rivolta anche a noi: “dove eravate?”. Soprattutto perché i più strenui oppositori delle libertà nei luoghi di lavoro e della democrazia nelle fabbriche e negli uffici hanno sempre cercato di attribuire l’aggravarsi della crisi e della disoccupazione all’autonomia del sindacato, sottraendosi alle proprie responsabilità.

Chi vuole rottamare l’articolo 18 in nome dei giovani senza lavoro (che non sanno cosa siano gli 80 euro e che, se dovessero trovare un lavoro, oltre i tre anni di contratto a termine senza causale, non avrebbero comunque la certezza di un futuro) deve sapere che ci sono molte persone che hanno scelto l’impegno sindacale senza altro privilegio che il consenso e la stima di quelli che hanno rappresentato. Che hanno provato, dopo essere stati eletti democraticamente e aver fatto esperienza di centinaia di assemblee conquistate con lo Statuto, a difendere al meglio la dignità di chi lavora, anche laddove, senza articolo 18, molto più difficile è la presenza sindacale e molto più facile il ricatto e il non rispetto dei diritti.

Queste persone si sentono ora insultate da chi non ha mai lavorato in vita sua, se non brevemente e con una strana qualifica di “dirigente” nell’azienda di famiglia senza dipendenti fissi e, quindi, senza ombra di Legge 300 da conoscere ed applicare. Da chi, oltretutto, in nome dell’antipolitica, ha sempre fatto politica nei partiti fin da giovanissimo, magari giovandosi del “distacco”, che proprio scioperi e lotte hanno legittimato.

Il problema è che questa deriva autoritaria e strafottente ha già fatto scuola, si è già trasferita dal centro alla periferia: sappiamo di atteggiamenti che copiano lo “stile renziano” e che si diffondono nelle aziende, con giovani capetti che insultano e umiliano lavoratori più anziani, padri di famiglia. E la frase irridente “ce ne faremo una ragione”, ripresa non a caso da Marchionne, sta intorbidando le relazioni sindacali in molte aziende.

Il disegno ha una sua chiarezza complessiva: togliere rappresentanza al sindacato e umiliarlo, come si è fatto con il Senato e si farà poi con la Camera dei Deputati, mera esecutrice dei Decreti e Disegni di Legge del Governo. Il video di insulti alla CGIL è solo l’ultimo atto di una involuzione che transita dai diritti civili a quelli sociali. E’ un disegno che si fa forte del patto del Nazareno: ma neppure Berlusconi era arrivato a tanto.

Non si sottovaluti la strategia di Renzi! Lo fermino la CGIL e i sindacati confederali, fin qui troppo timidi nel contrastare atti che hanno già prodotto danni rilevanti. Lo fermi la FIOM di Landini, che ha una credibilità tale da non dover ricorrere a comportamenti tattici nei confronti del premier. Lo fermino, se possibile, i parlamentari, rappresentanti di una Costituzione di democrazia sociale. Anche quelli del PD, che sono stati eletti su un mandato che non prevede acquiescenza né tantomeno complicità. E fermiamolo anche noi, a suo tempo sindacalisti, ma ancora fieri di qualche nostra “ideologia”, difficile da rottamare a buon prezzo, perché la scuola dei lavoratori ci ha insegnato a non farci ingannare.

 

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From: Mario Murgia info@associazioneespostiamiantovalbasento.it

To:

Sent: Saturday, September 27, 2014 11:49 AM

Subject: LA CAPITALE AVVELENATA D’AMIANTO: ECCO LA MAPPA DELLE ZONE CRITICHE

 

Trasmetto l’articolo pubblicato su La Stampa di Roma il 27/09/14.

Mario Murgia

 

ROMA AVVELENATA DALL’AMIANTO

Dall’ex velodromo dell’EUR fino all’aeroporto di Fiumicino: case, scuole, parchi e edifici pubblici da bonificare. Un drone ha mappato le aree più a rischio: almeno 30 gli obiettivi su cui intervenire. Ma quelle contaminate sono molte di più.

“Vogliamo mappare l’intera Roma”. Risponde così Maura Crudeli, presidente di AIEA Lazio, quando le si chiede quale sia il prossimo obiettivo nella lotta all’amianto.

La sfida è già cominciata. Nel luglio scorso, su iniziativa della stessa AIEA (Associazione Italiana Esposti Amianto), del I Municipio, di Automobile Club e di ACI Consult, un drone è volato nei cieli della Capitale per individuare tetti, comignoli e cisterne a rischio. “La situazione è critica. Basti pensare che in un’ora, in pieno centro città, abbiamo individuato trenta obiettivi da bonificare”, racconta Crudeli. ”Ed era solo un volo dimostrativo. Il prossimo, anche in collaborazione con il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), servirà a monitorare un intero comune della provincia, affiancando alla rilevazione fotografica quella termica”.

Per salvare la Capitale da un materiale che uccide, le nuove tecnologie diventano, così, fondamentali. A patto, ovviamente, che ci siano fondi sufficienti. ”I classici questionari non funzionano abbastanza”, spiega Maura Crudeli. ”Tanti cittadini nemmeno rispondono, per evitare di dover ammettere che l’amianto ce l’hanno in casa”. Il drone, invece, si avvicina e fotografa. Implacabile.

I casi sono tanti, troppi. A Fiumicino, in un solo litro d’aria, c’erano 517 fibre di amianto. Una situazione drammatica, descritta a chiare lettere da una sentenza della Corte d’Appello di Roma del 2008, secondo la quale gli addetti alla manutenzione degli aerei furono esposti per decenni al materiale killer. ”Era un livello di contaminazione altissima. E d’altra parte l’amianto veniva usato regolarmente per costruire aerei e treni”, spiega l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto.

Ora si sa tutto. Che l’amianto, sfaldandosi e liberando polvere nell’aria, semplicemente uccide. E’ il terribile gioco dell’usura del tempo che, oltre a provocare l’asbestosi, causa mesoteliomi che non danno scampo e facilita l’insorgenza del carcinoma polmonare. Storia ben nota, in realtà, dalla fine degli anni Sessanta. ”Ma la messa al bando è arrivata solo nel 1992. E, purtroppo, non ha imposto un’immediata bonifica, ma solo lo stop a qualsiasi nuova estrazione, lavorazione e commercializzazione”, precisa Bonanni.

Così, l’amianto è rimasto a lungo negli aeroporti, nelle stazioni, negli edifici pubblici. E ha continuato a nascondersi nelle nostre case, tra tubature, canne fumarie, serbatoi, elettrodomestici e perfino capi d’abbigliamento. Nonostante la sua polvere invisibile e quelle caratteristiche tettoie ondulate, dopo aver segnato i paesaggi delle nostre città, abbiano stravolto le vite di tanti.

Il problema vero resta la bonifica. Impossibile, infatti, per le autorità, velocizzare lo smaltimento dell’amianto nelle abitazioni private. Soprattutto di una metropoli. Per capirlo, basta fare un giro in Via Tiburtina, al Quartiere Prenestino, all’EUR, a Cinecittà, dove di tettoie di Eternit se ne vedono eccome. Coperture ondulate che, dagli anni Trenta, hanno riempito le case degli italiani e che ora devono essere rimosse rivolgendosi alle ditte autorizzate. Peccato che il costo dell’operazione sia davvero alto. Così, l’inerzia prende spesso il sopravvento e l’amianto resta dov’è. Oppure le lastre vengono abbandonate sulla strada e nelle aree verdi della Capitale. Come alla riserva naturale della Marcigliana e al Parco di Centocelle, abituati a trasformarsi in discariche di rifiuti e materiali tossici.

Anche negli edifici pubblici il problema è enorme. Tra i più minacciati ci sono bambini e ragazzi. Dall’Istituto Santi Savarino di Tor de’ Cenci al Salvo D’Acquisto di Tor Sapienza, dalla scuola Giovanni Paolo I a Settebagni alla Anna Magnani vicino a Conca d’Oro, dall’Istituto Giancarlo Bitossi nel quartiere Trionfale fino alla materna Paolo Biocca di Testaccio, è stata periodicamente emergenza amianto. Per vedere rimossi i componenti pericolosi i genitori hanno dovuto combattere. E armarsi di tanta pazienza.

Ma non ci sono solo le scuole. Nello sgretolarsi dei materiali, nel disperdersi di una polvere che uccide, ci sono decenni di storia del nostro Paese. Come nelle briciole delle Olimpiadi del 1960, rimaste a terra dopo che, nel 2008, la giunta Alemanno decise di far implodere il Velodromo dell’EUR. A far discutere fu il capitolo “verifiche” prima di procedere alla demolizione.

L’intenzione era di lasciare spazio a un (mai realizzato visto che a oggi i lavori non sono neppure partiti) parco acquatico, il risultato fu il sollevarsi di un’immensa nube bianca. Era carica di amianto, ma gli abitanti della zona non lo sapevano. E non ne furono mai informati. Lo scoprirono dopo, quando appresero anche che l’intervento sarebbe stato realizzato senza un adeguato piano di sicurezza e di monitoraggio ambientale. Motivo per cui, nei giorni immediatamente successivi, l’area venne posta sotto sequestro e ci volle un mese perché la ASL potesse fare un sopralluogo. Ora sarà un processo a far luce sulla vicenda, per la quale il dirigente responsabile per conto di EUR SpA, Filippo Russo, è imputato con l’accusa di disastro colposo. I cittadini, che allora si costituirono in un comitato, aspettano la verità. Mentre del Velodromo resta solo un avvallamento nel terreno, recintato e chiuso da un lucchetto.

Nei processi, come negli interventi di bonifica, il tempo è decisivo, ma non passa mai. Quando l’edificio è pubblico, poi, spesso occorre aspettare anni. E’ accaduto alla Caserma “Cefalonia Corfù” della Guardia di Finanza, nel quartiere Bravetta, a Roma Ovest, dove i finanzieri sono rimasti a lavorare in mezzo a 4.700 metri quadri di amianto. Proprio loro che mettono i sigilli ai depositi illegali di rifiuti tossici.

Anche la RAI ha i suoi problemi. Oltre a Viale Mazzini, a rischio era la sede DEAR del Centro Nomentano. Dopo una denuncia anonima, lo ha confermato un’ispezione: l’amianto si trova nei sottotetti degli studi televisivi. Alla dirigenza è stato, allora, ordinato di bonificare tutte le aree contaminate nel termine di 6 mesi. Ma per un intervento complessivo servirebbero decine di milioni di euro. Che non ci sono.

Poi ci sono le segnalazioni che riguardano il tribunale di Piazzale Clodio. E ora l’ultimo caso, da verificare, al Circolo degli Artisti, sulla Casilina Vecchia, dopo che un ex dipendente del primolive-club romano ha denunciato l’interramento di strutture in amianto proprio sotto l’area adibita a cinema all’aperto. Poco lontano, al Quartiere Pigneto, la biblioteca di Via Attilio Moridovette chiudere i battenti dopo vent’anni di attività all’insegna del multiculturalismo. Una lunga attesa, poi la bonifica, quindi l’assegnazione dei locali alla scuola Enrico Toti. Ma mancava un progetto per il futuro.

L’amianto colpisce e affonda proprio la Roma popolare, quella che ha più bisogno, in fondo, di spazi comuni da vivere.

Lo sanno bene al piccolo Parco Feronia di Pietralata, dove i bambini si lanciano dallo scivolo proprio accanto all’asbesto, alla lana di vetro, alle vernici. ”L’abbiamo detto tante volte, ma non è mai cambiato nulla”, spiegano gli anziani che la domenica pomeriggio si trovano qui per giocare a carte. Anche Legambiente segnalò più volte il caso: tutto inutile. ”C’è proprio un cumulo di Eternit, là dietro. Ma qui a Pietralata l’amianto si trova quasi ovunque, nei tetti come nelle tubature”, rivela con amarezza un signore. Che spiega anche quanto sarà inutile la bonifica in corso nel suo palazzo se gli edifici intorno resteranno come sono.

Quegli edifici si vedono, si possono fotografare. Con il loro ostinato Eternit e lo scherzo terribile delle onde scrostate. Ma c’è un amianto che non appare ed è quello insidioso delle tubature, delle cisterne, degli oggetti obsoleti che abbiamo dimenticato in qualche angolo di casa. ”Mio padre lavorava materassini di asbesto che finivano nei muri come isolanti termici”, torna a raccontare Maura Crudeli. ”E’ morto di mesotelioma, lui come tanti”. Ogni anno, in Italia, si contano 4.000 nuovi casi di patologie asbesto-correlate. E 5.000 morti, con un picco che dovrebbe essere raggiunto nel 2020. Secondo gli abitanti di Roma Nord, l’amianto si insinuerebbe addirittura nelle condotte dell’acqua che la rete idrica ARSIAL fornisce per l’Agenzia Regione Lazio. Un’ipotesi formulata dopo il recente scandalo dell’arsenico e che dovrà essere verificata dalla magistratura.

Indagini, sopralluoghi, interventi: serve tempo, ma di tempo non ce n’è. “Il Piano Nazionale Amianto del Governo Monti non è operativo. E’ stato bloccato dalla Conferenza Stato-Regioni perché mancava la copertura finanziaria per attuarlo. Così, occorre con urgenza un nuovo progetto di bonifica”, conclude Maura Crudeli. Ma dovrà essere un progetto serio, che ripulisca la Capitale nei suoi mille siti avvelenati. Prima che l’Eternit, che è tutt’altro che eterno, voli in aria e si attacchi ai polmoni.

Di Anna Madia

 

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From: Mario Murgia info@associazioneespostiamiantovalbasento.it

To:

Sent: Sunday, September 28, 2014 10:59 AM

Subject: AMIANTO: DIRIGENTI BREDA/ANSALDO IMPUTATI DELLA MORTE DI DECINE DI LAVORATORI

 

COMUNICATO STAMPA

Amianto: alla sbarra i dirigenti Breda/Ansaldo imputati della morte per amianto di decine di lavoratori

Si è svolto oggi 26 settembre davanti alla nona sezione penale (il Giudice designato è la Presidente della Nona Sezione Penale del Tribunale di Milano, dottorssa Anna Introini, il Pubblico Ministero il dottor Nicola Balice) la prima udienza del processo contro i dirigenti della Breda Termomeccanica/Ansaldo imputati della morte per amianto di 11 lavoratori e lesioni gravissime di un dodicesimo (ancora vivo).

Nell’udienza di oggi si sono costituiti come parti civili la FIOM-CGIL di Milano e l’Associazione Italiana Esposti Amianto, mentre erano stati già ammessi come parti civili i famigliari e gli eredi dei lavoratori deceduti, il nostro Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio e Medicina Democratica, entrambi difesi e assistiti dall’avvocata Laura Mara, oltre all’INAIL e Regione Lombardia.

Prima dell’udienza gli ex compagni di lavoro degli operai assassinati hanno manifestato insieme ai parenti delle vittime attuando un presidio davanti alla scalinata del Palazzo di Giustizia dalle ore 9:30 alle 11:00 con striscioni e cartelli in sostegno dei famigliari dei lavoratori uccisi dalla fibra killer, chiedendo giustizia e distribuendo volantini ai passanti in cui illustravano i motivi della protesta.

Al presidio sono giunte anche la solidarietà e l’adesione dei lavoratori della Breda/Ansaldo di Pistoia (anch’essi vittime dell’amianto) che tramite il Centro Documentazione Amianto e Malattie Amianto Correlate “Marco Vettori” di Pistoia hanno sottolineato che la nostra lotta è esattamente la loro “in nome di Marco Vettori e di tutti i lavoratori pistoiesi della Breda che sono morti a causa del lavoro o che ne portano nel corpo le ferite indelebili”.

Il giudice, dopo l’appello degli imputati (assenti) e formalizzata la costituzione delle nuove parti civili, si è riservata di esaminare per la prossima udienza del 3 dicembre 2014 la richiesta degli avvocati delle parti civili che hanno chiamato in causa come responsabili civili Ansaldo Energia SpA e Finmeccanica SpA, società che hanno assorbito la Breda Termomeccanica SpA e successive denominazioni.

Da anni insieme con altre associazioni lottiamo contro chi afferma e sostiene che i morti sul lavoro e da lavoro sono inevitabili, cercando di far luce su tutte le morti innaturali e lottando nelle fabbriche, nelle piazze e nei territori, fuori e dentro le aule dei tribunali.

 

Milano 26 settembre 2014

Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio

e-mail: cip.mi@tiscali.it

web: http://comitatodifesasalutessg.jimdo.com

cellulare: 335 78 50 799

 

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From: Silvia Cortesi sylvyacort@gmail.com

To:

Sent: Sunday, September 28, 2014 11:18 PM

Subject: IL VECCHIO E IL NUOVO: ARTICOLO SU IL MANIFESTO

 

A seguire l’articolo pubblicato sul Manifesto, di Piero Bevilacqua.

Credo sia interessante la sua lettura.

Saluti

Silvia Cortesi

 

IL VECCHIO E IL NUOVO

Renzi definisce conservatori i compagni del suo partito, che resistono all’abolizione definitiva dell’articolo 18. Non è la prima volta, negli ultimi anni, che nel dibattito politico esplode il motivo del conflitto tra conservatori e innovatori. Con un rovesciamento di senso rispetto a quel che normalmente significano questi due termini.

E’ un collaudato artificio retorico per mettere in difficoltà chi difende diritti e conquiste sociali consolidati, bollandolo come oppositore delle splendide novità portate dalla storia che avanza. Ci sarebbe da chiedersi se tutto il nuovo che si realizza nel corso del tempo corrisponda ad aspirazioni generali, porti benefici per tutti.

Prendiamo ad esempio il campo della scienza, quello che al senso comune appare come il campo trionfante del progresso. Davvero tutto l’avanzamento scientifico dell’età contemporanea è andato a beneficio dell’umanità?

La bomba atomica è stata una delle più grandi innovazioni scientifiche del ‘900. In campo militare si è passato dalle armi per combattere un nemico sul terreno a uno strumento di genocidio, di cancellazione di tutto il vivente. Mi pare difficile ascriverla tra i progressi dell’umanità.

L’amianto è un magnifico materiale ignifugo, che ha trovato infinite applicazioni industriali. E’ un vero peccato che esso induca il tumore mortale alla pleura o al polmone. Ma quella magnifica innovazione ci è costata e continua a costarci migliaia di morti all’anno oltre alle somme ingenti per eliminarlo da case e aziende.

Anche i gas clorofluorocarburi, quelli che servivano alla refrigerazione, rappresentavano una geniale innovazione chimica. Come è noto, lacerano lo strato atmosferico dell’ozono ed espongono gli esseri viventi a raggi solari che alterano la struttura del DNA. Dunque, non sempre andare avanti significa migliorare le cose.

Questa idea che cambiando l’esistente si approdi necessariamente al meglio, che andando più in là si diventi più felici che stando qui, è un vecchio cascame culturale sopravvissuto all’illuminismo. E’ una superstizione paesana, e ora dispositivo retorico di un ceto politico senza prospettive, che crede di cambiare il mondo cambiando il senso delle parole.

Ma poi è sempre da condannare la conservazione? Chi si oppone a che un territorio verde venga coperto col cemento di nuove costruzioni genera un danno alla collettività o crea qualche vantaggio agli abitanti del luogo e più in generale ai viventi? Chi lotta perché la via Appia non divenga luogo di lottizzazione per villette private è certamente un conservatore: vuole preservare le pietre di duemila anni fa da edifici nuovi fiammanti. Ma chi esprime rispetto per la bellezza e la grandezza del nostro passato, chi ha una idea di società meno spiritualmente gretta, chi propone la visione di un paesaggio irriproducibile da godere collettivamente, chi si fa carico delle nuove generazioni, chi esprime un senso dell’interesse generale e del bene comune: è da mettere alla gogna? Tutto questo distillato di civiltà dobbiamo buttarlo via perché è vecchio?

Ma la retorica contro i conservatori ha avuto come bersaglio prevalente le tutele dei lavoratori.

Tanto il centro-sinistra quanto il centro-destra hanno aperto una vasta breccia di innovazione nel mondo del lavoro: hanno inaugurato l’era del lavoro precario:lavoro in affitto, a progetto, interinale, somministrato, ecc. Un florilegio mai visto di innovazioni legislative.

In Italia la Fornero è riuscita a creare una figura unica nel suo genere: gli esodati, lavoratori senza salario e senza pensione. Nessuno può dire che non si tratti di una innovazione. Stabilire a vantaggio di chi è altra questione.

Anche il Presidente della Repubblica, nella discussione intorno all’articolo 18, ha portato un rilevante contributo di innovazione. Lo ha fatto sul piano del linguaggio. Ha esortato il governo e i suoi ad avere più coraggio. Coraggio a rendere più facilmente licenziabili operai e impiegati, coloro che tengono in piedi l’economia e i servizi del paese, spesso per un misero salario, coloro che talora entrano ed escono dalla cassa integrazione, che si infortunano, che sul lavoro ci muoiono, che rinunciano alla maternità, che vivono nell’angoscia di un licenziamento che può gettarli in strada da un momento all’altro. Non siamo di fronte a una innovazione?

Chi è, nel senso comune universale, coraggioso? Certamente colui che affronta un avversario più forte, che alza la voce contro chi sta in alto. Ad esempio chi mette in atto una politica fiscale contro le grandi ricchezze, chi critica l’arrogante politica bellica degli Usa, chi cerca di limitare l’arricchimento privato di tante pubbliche professioni. Il Presidente della Repubblica capovolge la verità storica e anche quella delle parole e si schiera contro i lavoratori del suo paese. A favore degli imprenditori, che così potranno disporre in piena e completa libertà della forza lavoro. Come facciamo a non considerarlo un innovatore?

Ma questa innovazione ci porta “avanti”? Indebolire la classe operaia, dunque il lavoro produttivo non sembra che faccia avanzare le società del nostro tempo. La vasta ricerca di Thomas Piketty, (Il capitale nel XXI secolo, Bompiani) mostra al contrario come l’ineguaglianza che si va accumulando, stia facendo ritornare indietro la ruota della storia. Misurando il peso crescente che l’eredità va assumendo nelle società industriali odierne, egli ricorda che “il passato tende a divorare il futuro: le ricchezze provenienti dal passato crescono automaticamente, molto più in fretta (e senza dover lavorare) delle ricchezze prodotte dal lavoro, sul cui fondamento è possibile risparmiare. Il che, quasi inevitabilmente, porta ad assegnare un’importanza smisurata e duratura alle disuguaglianze costituitesi nel passato, e dunque all’eredità”.

Le “mort saisit le vif”, si diceva un tempo, il morto trascina il vivo, il passato ingoia il presente. I novatori che avanzano innalzando i loro vessilli corrono in realtà verso il passato. L’innovazione dei coraggiosi capovolge non solo la verità morale delle parole, ma anche il corso, preteso progressivo, della storia del mondo.

 

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From: USB Perugia perugia@usb.it

To:

Sent: Monday, September 29, 2014 11:04 AM

Subject: SCIOPERO GENERALE 24 OTTOBRE 2014

 

Il Coordinamento Nazionale confederale USB riunito a Roma il 27 settembre 2014 ha discusso approfonditamente della situazione di violento, reiterato attacco in corso portato dal Governo Renzi al movimento dei lavoratori e agli strati popolari con il Jobs Act, con lo smantellamento dello Statuto dei lavoratori, attraverso la riforma della Pubblica Amministrazione che interessa tutta la struttura di welfare, dalla sanità alla previdenza alla giustizia alle autonomie locali e la riforma della scuola in cui sempre più si lascia spazio ai privati.

Il Coordinamento Nazionale USB ritiene che questo rinnovato profondo attacco sia portato dal governo Renzi in nome e per conto della BCE e dell’Unione Europea che, per offrire qualche spiraglio di flessibilità economica e di scostamento dai micidiali parametri europei, pretendono la definitiva e totale deregolamentazione della normativa del lavoro, la drastica riduzione della funzione sociale della pubblica amministrazione, la privatizzazione del sapere, la riduzione dei salari e la totale precarizzazione. La forza dirompente dell’attacco in corso è il frutto delle scelte di condivisione del progetto dell’Unione Europea da parte di tutte le forze politiche e quindi di tutti i governi che si sono succeduti negli anni. Ma la passività e la mancata risposta a tutti i provvedimenti che negli anni hanno portato ad una profonda riorganizzazione produttiva e ristrutturazione economica sono responsabilità di CGIL, CISL e UIL, sindacati ormai parte integrante della casta e sempre pronti ad accompagnare le scelte del capitale in cambio di briciole sul fronte dei servizi e della bilateralità.

Il Coordinamento Nazionale USB ritiene indispensabile dare un forte e rapido impulso alla riorganizzazione interna dell’USB per renderla sempre più adeguata alla crescita in atto e ai compiti strategici e di fase a cui il sindacato è chiamato per offrire a strati sempre più vasti di lavoratori, precari, disoccupati, senza casa, pensionati e migranti il sindacato che serve.

Il Coordinamento Nazionale USB decide pertanto di indire uno SCIOPERO GENERALE dell’intera giornata per il 24 ottobre 2014 di tutte le categorie pubbliche e private con manifestazioni nelle principali città italiane.

Decide inoltre di sostenere e praticare lo sciopero sociale e generalizzato promosso collegialmente dal sindacalismo di base e da settori dell’attivismo sociale per avviare un percorso di lotta contro la precarietà, per l’occupazione, il reddito il diritto all’abitare. A tal fine dispone almeno ulteriori quattro ore di sciopero da effettuarsi nella giornata del 14 novembre con articolazioni a livello territoriale e/o di categoria.

Ribadisce il sostegno e la promozione delle Giornate internazionali indette dal 13 al 16 novembre 2014 a Roma dalla Coalizione Internazionale dei Sans Papier, Migranti e Rifugiati di cui la USB e’ parte integrante.

Roma 27 settembre 2014

COMUNICATO STAMPA

USB: IL 24 OTTOBRE E’ SCIOPERO GENERALE

L’Unione Sindacale di Base, come deciso dal proprio Coordinamento Nazionale confederale di sabato 27 settembre, ha indetto lo SCIOPERO GENERALE per il giorno 24 ottobre 2014, con manifestazioni nelle principali città italiane, contro le politiche economiche e sociali del governo Renzi dettate dall’Unione Europea e dalla BCE in materia di lavoro, welfare, Pubblica Amministrazione, scuola e previdenza.

Nello specifico queste le motivazioni:

  • contro le politiche economiche e sociali del governo Renzi che provocano disoccupazione e precarietà, contro il Jobs Act, contro l’abolizione dell’articolo 18, contro le altre misure per il mercato del lavoro e la riforma Fornero del sistema previdenziale, per la riduzione dell’orario di lavoro e la crescita dell’occupazione;
  • contro il blocco dei contratti nel pubblico impiego e per consistenti aumenti salariali per tutti i lavoratori;
  • contro il Piano Renzi per la scuola, per l’assunzioni di tutti i precari docenti e ATA;
  • per un ruolo del pubblico nell’economia, per massicci investimenti nella scuola, sanità, trasporti e servizi pubblici, per la difesa dei beni comuni e contro l’attacco generalizzato al welfare, contro le privatizzazioni, le grandi opere e la distruzione del territorio;
  • contro il Fiscal Compact e gli altri trattati antipopolari dell’Unione Europea, contro il pareggio di bilancio inserito nella Costituzione;
  • per reddito garantito, salario minimo, rivalutazione delle pensioni, salute e sicurezza sui posti di lavoro, diritto all’abitare, contro precarietà e lavoro gratuito (modello Expo);
  • contro l’accordo del 10 gennaio 2014 tra Confindustria, CGIL, CISL e UIL e per la difesa e lo sviluppo della democrazia sui posti di lavoro e del diritto di sciopero;
  • contro la guerra che sta coinvolgendo l’Europa e l’Italia, contro le spese militari e le politiche di riarmo.

Manifestazioni si svolgeranno nelle principali città italiane.

Almeno ulteriori 4 ore saranno indette per il 14 novembre prossimo, da articolare sul piano territoriale e categoriale.

 

Roma, 29 settembre 2014

Unione Sindacale di Base

viale Castro Pretorio, 116 00185 Roma

e-mail: usb@usb.it

web: http://www.usb.it

telefono: 06 59 64 00 04

 

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From: Controsservatorio Valsusa info@controsservatoriovalsusa.org

To:

Sent: Monday, September 29, 2014 10:07 AM

Subject: IL TRIBUNALE PERMANENTE DEI POPOLI HA RISPOSTO POSITIVAMENTE ALL’ESPOSTO DEL CONTROSSERVATORIO VALSUSA

 

Ecco una ottima notizia: il Tribunale Permanente dei Popoli (TPP) ha ritenuto ammissibile l’esposto presentato dal Controsservatorio Valsusa e da un folto gruppo di amministratori locali in cui veniva denunciata la violazione di diritti fondamentali dei singoli abitanti e della comunità della Valle con riferimento alla progettata costruzione della linea TAV Torino-Lione.

E’ una importante vittoria e un significativo riconoscimento per il movimento di opposizione al TAV e non solo. Una ragione di più per continuare nell’impegno di questi anni.

Nella risposta pervenuta il 20/09/2014 il TPP ci comunica che ha aperto un procedimento nel quale esaminerà in particolare “le finalità e l’effettività delle procedure di consultazione delle popolazioni coinvolte e l’incidenza sul processo democratico”.

Nella risposta viene altresì segnalato che “sempre più chiaramente si evidenziano anche nei Paesi cosiddetti centrali, situazioni (più volte rilevate nei Paesi del Sud in sessioni del Tribunale per quanto riguarda il rapporto tra sovranità, partecipazione delle popolazioni interessate, livello delle decisioni politico-economiche) che mettono in discussione e in pericolo l’effettività e il senso delle consultazioni e la pari dignità di tutte le varie componenti delle popolazioni interessate. In questo senso il caso TAV, insieme alle altre vicende segnalate al TPP, è rappresentativo di processi e meccanismi più generali, specificamente importanti nell’attuale fase della evoluzione economica-politica europea e mondiale…”.

Di qui la decisione (particolarmente importante) di estendere il procedimento a casi analoghi, con una procedura avviata immediatamente e che si svilupperà nei prossimi mesi, a cavallo tra il 2014 e il 2015.

Il procedimento aperto oggi è il primo, nei 35 anni di storia del TPP, che affronta problemi di violazione di diritti fondamentali connessi alla realizzazione di un grande opera in Europa: segno che esistono i presupposti per ipotizzare che la Val di Susa rappresenti un laboratorio di ricerca avanzata di una nuova politica coloniale diversa nelle forme rispetto a quelle tradizionali ma non per questo meno devastante.

Sul sito del Controsservatorio (http://controsservatoriovalsusa.org) trovate altre informazioni e il testo della risposta del TPP.

Se l’accoglimento dell’esposto è già di per sé un fatto di grande rilievo e lascia ben sperare sulle possibili conclusioni, il nostro impegno continua affinché la specificità della questione TAV Torino-Lyon trovi il giusto spazio nel percorso avviato. Come Controsservatorio coinvolgeremo anche in questa nuova fase amministratori, tecnici e comitati, consapevoli che solo uno sforzo comune può produrre il migliore risultato: 25 anni di esperienza lo dimostrano.

 

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From: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com

To:

Sent: Tuesday, September 30, 2014 7:02 PM

Subject: REPORT MORTI SUL LAVORO NEI PRIMI NOVE MESI DEL 2014

 

Nei primi nove mesi del 2014 sono morti sui luoghi di lavoro 496 lavoratori e oltre 1.000 se si aggiungono i morti sulle strade e in itinere, tutti documentati in appositi file.

L’aumento dei morti sui luoghi di lavoro rispetto al 30 settembre del 2013 è del 7,8% e rispetto al 30 settembre del 2008 è del 5,9% E questo nonostante in questo periodo si sono persi milioni posti di lavoro.

La cosa che sgomenta di più è che parlano sempre di cali incredibili tutti gli anni, mentre non è affatto vero, se si prendono in considerazione tutte le morti sul lavoro che ricordiamo ancora una volta non sono solo quelle monitorate dal’INAIL, Istituto dello Stato che registra solo i propri assicurati, e in tantissimi non lo sono.

Praticamente nonostante l’opinione pubblica pensi il contrario a causa della propaganda, anche governativa di chi si è succeduto nel corso di questi anni, i morti sul lavoro non sono mai calati. Sono calati i morti tra gli assicurati INAIL, ma sono aumentati in modo esponenziale tra i precari, le partite IVA individuali e in nero. Praticamente in quelle categorie che non protette dall’articolo 18 che questo governo di destra sta cercando di eliminare.

In questo momento l’agricoltura con il 38% del totale ha un picco incredibile delle morti. In questo comparto il 69% sono morti in un modo drammatico: schiacciati dal trattore che guidavano. Dall’inizio dell’anno sono 130 e ben 120 da quando il 28 febbraio ho mandato una mail a Renzi, Martina e Poletti, avvertendoli dell’imminente strage che di lì a pochi giorni sarebbe ricominciata col ribaltamento dei trattori. E’ così tutti gli anni. Chiedevo loro di fare una campagna informativa sulla pericolosità del mezzo e di proporre una legge sulla messa in sicurezza delle cabine di questo mezzo che uccide così facilmente e che spesso è vecchissimo.

Inutile scrivere che non si sono mai degnati di rispondere e che il loro impegno è tutto dedicato a fare selfie, cinquettii e mangiare gelati, mentre per la vita di questi lavoratori che muoiono così drammaticamente non si fa niente. Non spendono neppure un minuto del loro prezioso tempo per sensibilizzarli.

In edilizia i morti sui luoghi di lavoro sono il 19,8% sul totale, con le solite cadute dall’alto che provocano tantissime morti in edilizia. Nell’industria il 9,9%, il 7,0% nell’autotrasporto. Poi ci sono tutti i lavoratori morti nei vari servizi alle imprese.

Percentualmente le morti sul lavoro sono distribuite in eguale misura in tutte le fasce d’età, a parte l’agricoltura, dove le vittime hanno un’età mediamente più alta. Gli stranieri morti sui luoghi di lavoro sono il 9,9% sul totale e i romeni sono sempre i più numerosi con oltre il 40% delle morti sui luoghi di lavoro tra gli stranieri. Le altre morti sono da ricercarsi nelle diverse attività, principalmente nel terziario.

Quando leggete questa terribile sequenza ricordatevi sempre che se si aggiungono anche i morti sulle strade e in itinere i morti sul lavoro sono almeno il doppio e tante vittime sulle strade muoiono per turni dove si dovrebbe dormire, per orari prolungati e stanchezza accumulata, per lunghi percorsi per andare e tornare dal lavoro.

 

Carlo Soricelli curatore dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro

http://cadutisullavoro.blogspot.com

 

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From: COBAS Pisa confcobaspisa@alice.it

To:

Sent: Saturday, October 04, 2014 11:48 AM

Subject: SAINT GOBAIN: NON E’ ORO TUTTO QUELLO CHE LUCCICA

 

Il 7 ottobre si celebrerà la giornata internazionale ambiente, salute e sicurezza di Saint Gobain, che leggiamo essere dedicata a tutti i dipendenti per sensibilizzarli e migliorare la qualità e la sicurezza dei suoi luoghi di lavoro.

Peccato che in questi anni salute e sicurezza non sempre hanno avuto diritto di cittadinanza in Saint Gobain così come l’attenzione verso il lavoro, come dimostra il mancato riassorbimento di oltre 20 lavoratori dell’indotto (CRM) e di altri che operavano in appalto.

I processi di ristrutturazione sono avvenuti non a costo zero, ma tagliando posti di lavoro e gli impegni assunti anche dal sindaco per riassorbire i lavoratori sono rimasti lettera morta.

Ci sono poi argomenti legati alla sicurezza che meritano massima attenzione.

A fine agosto un operaio intento a rimuovere eternit è caduto dal tetto di un capannone Saint Gobain nell’area viareggina.

Nel 2006 un autotrasportatore è morto nello stabilimento di Pisa e ci sono state 7 condanne.

Nello stabilimento di Pisa ci sono stati incidenti che hanno provocato il parziale e momentaneo blocco della produzione e alcuni dei casi sono stati denunciati dal blog www.cobaspisa.it.

Altri infortuni, anche gravi, si sono registrati negli ultimi anni in stabilimenti della Saint Gobain, sarebbe sufficiente una ricerca su internet per accertarsene direttamente.

Quindi da qual pulpito viene la predica in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro?

E perché gli ex CRM sono oggi disoccupati?

 

COBAS Pisa

www.cobaspisa.it

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