SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N.188 DEL 12/12/14

Ascolta con webReader

SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N.188 DEL 12/12/14

 

INDICE

  • Il programma di miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza
  • “Io mi difendo”: DIOPPPS (Disoccupati Impiegati Operai Precari Partite IVA Pensionati Studenti)
  • Cassazione: niente indennizzo alla dipendente che scivola su una matita
  • Carrelli elevatori e sicurezza: manutenzione e ambiente di lavoro
  • Uso, montaggio e smontaggio dei ponteggi fissi
  • Le responsabilità del lavoratore in materia di sicurezza sul lavoro

 

Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste notizie a diffonderle in tutti i modi.

La diffusione è gradita e necessaria. L’obiettivo è quello di diffondere il più possibile la cultura della salute e della sicurezza e la consapevolezza dei diritti dei lavoratori a tale proposito.

L’unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la fonte.

 

Marco Spezia

ingegnere e tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro

Medicina Democratica

Progetto “Sicurezza sul lavoro – Know your rights!”

sp-mail@libero.it

https://www.facebook.com/profile.php?id=100007166866156

https://www.medicinademocratica.org/wp/?cat=210

 

——————————————-

 

IL PROGRAMMA DI MIGLIORAMENTO DELLE CONDIZIONI DI SALUTE E SICUREZZA

LE CONSULENZE DI SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! – N.59

 

Come sapete, uno degli obiettivi del progetto SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! è anche quello di fornire consulenze gratuite a tutti coloro che ne fanno richiesta, su tematiche relative a salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Da quando è nato il progetto ho ricevuto decine di richieste e devo dire che per me è stato motivo di orgoglio poter contribuire con le mie risposte a fare chiarezza sui diritti del lavoratori.

Mi sembra doveroso condividere con tutti quelli che hanno la pazienza di leggere le mie newsletters, queste consulenze.

Esse trattano di argomenti vari sulla materia e possono costituire un’utile fonte di informazione per tutti coloro che hanno a che fare con casi simili o analoghi.

Ovviamente per evidenti motivi di riservatezza ometterò il nome delle persone che mi hanno chiesto chiarimenti e delle aziende coinvolte.

Marco Spezia

 

 

QUESITO

 

Caro Marco,

ti scrivo perché, come sindacato, stiamo facendo un’analisi del piano industriale redatto a metà settembre dalla nostra azienda.

Inutile definirlo mediocre nei contenuti e nella programmazione, tant’è che non c’è nemmeno, non dico un capitolo, ma nemmeno un paragrafo che riguardi la sicurezza!

Non che la cosa mi sorprenda, per carità!

E’ solo che vorrei capire se ci sono i presupposti in termini di legge (magari l’81/08 qualcosa dice) affinché l’azienda in un piano industriale triennale, sia costretta a riservare una somma per la sicurezza.

Puoi dirmi qualcosa al riguardo.

Grazie

 

 

RISPOSTA

 

Ciao.

 

Non c’è nessuna normativa che imponga di inserire all’interno di un piano industriale di un’azienda anche i costi previsti per gli interventi sulla sicurezza.

 

Questo non vuol dire che non ci sia un obbligo ben preciso (e sanzionabile penalmente) per il datore di lavoro di una qualunque azienda di formalizzare un programma per migliorare le condizioni di salute e sicurezza per i lavoratori.

Tra l’altro tale programma deve essere reso noto ufficialmente al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), che a sua volta ha la facoltà di diffonderlo a tutti i lavoratori.

 

L’obbligo delle definizione di un programma di miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza deriva dal D.Lgs.81/08 e successive modifiche e integrazioni (“Testo Unico sulla sicurezza”, nel seguito Decreto) ed è una conseguenza del processo di valutazione dei rischi aziendali, che è un obbligo a carico esclusivo del datore di lavoro dell’azienda, che in questo modo deve definire la “politica programmatica” per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

 

Vediamo con ordine cosa prevede il Decreto a tale proposito.

 

Innanzitutto il Decreto definisce due obblighi non delegabili da parte del datore di lavoro, cioè i due obblighi di cui il datore di lavoro (in quanto “in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa” secondo l’articolo 2, comma 1, lettera b) del Decreto) ha piena ed esclusiva responsabilità.

A tale proposito l’articolo 17, comma 1 del Decreto stabilisce che:

Il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività:

  1. a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28;
  2. b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi”.

 

Pertanto, ai sensi della lettera a) di cui sopra, il datore di lavoro deve valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori ed elaborare un documento di valutazione, secondo i contenuti stabiliti dall’articolo 28.

 

L’articolo 28, comma 1 del Decreto stabilisce che nel processo di valutazione debbano essere compresi tutti i rischi per la salute e la sicurezza, citandone alcuni specifici:

La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato […] e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza […], nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro”.

 

La valutazione dei rischi deve essere formalizzata in un documento i cui contenuti sono definiti in dettaglio dall’articolo 28, comma 2 del Decreto:

2. Il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione […] deve essere munito […] di data certa e contenere:

  1. a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa […];
  2. b) l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a);
  3. c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
  4. d) l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;
  5. e) l’indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio;
  6. f) l’individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento”.

 

Pertanto, una volta individuati e valutati tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, il datore di lavoro è anche (e soprattutto) tenuto a definire le misure di prevenzione e protezione per eliminare o ridurre al minimo possibile tali rischi e a definire (e qui veniamo al tuo quesito) un programma formale di attuazione di tali misure (lettera c) del comma 2 dell’articolo 28 del Decreto).

Il Decreto non impone al datore di lavoro di specificare i contenuti economici del programma delle misure, in quanto non può entrare nel merito della gestione finanziaria di una azienda, ma rimane sempre l’imposizione di definire i contenuti del programma.

 

Una volta definiti all’articolo 28 i contenuti del documento di valutazione dei rischi (tra cui quindi il programma delle misure), il successivo articolo 29, comma 1 del Decreto ribadisce l’obbligo della redazione formale di tale documento da parte del datore di lavoro:

Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, nei casi di cui all’articolo 41”.

 

Nel caso di omesso adempimento dell’obbligo di cui all’articolo 29, comma 1, cioè l’omessa formalizzazione del documento di valutazione dei rischi, con i contenuti di cui all’articolo 28 (e quindi compreso il programma delle misure), il datore di lavoro è punito penalmente dall’articolo 55, comma 1 con la sanzione dell’arresto da tre a sei mesi o (in alternativa) con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro.

 

Per le seguenti tipologie di aziende:

  • aziende industriali a rischio di incidenti rilevanti (cioè con presenza di materiali pericolosi superiori ai quantitativi fissati dal D.Lgs,334/99);
  • centrali termoelettriche;
  • impianti e installazioni con rischio da radiazioni ionizzanti;
  • aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;
  • industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
  • strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori;
  • aziende con elevato rischio biologico;
  • aziende con rischio da atmosfere esplosive;
  • aziende con rischio da agenti cancerogeni mutageni;
  • aziende che eseguono attività di manutenzione, rimozione smaltimento e bonifica di amianto.

nel caso di omessa formalizzazione del documento di valutazione dei rischi, con i contenuti di cui all’articolo 28, il datore di lavoro è punito penalmente dall’articolo 55, comma 2 con l’arresto da quattro a otto mesi (senza l’alternativa della sanzione pecuniaria).

 

Nel caso invece che il documento di valutazione dei rischi sia stato formalizzato, ma al suo interno non sia contenuto il programma delle misure di prevenzione e protezione, il datore di lavoro è punito penalmente dall’articolo 55, comma 3 con l’ammenda 2.000 a 4.000 euro.

 

Come detto all’inizio il programma delle misure di prevenzione e protezione deve essere ufficialmente reso noto al RLS (assieme a tutto il documento di valutazione dei rischi), che a sua volta lo potrà comunicare a tutti i lavoratori.

 

Quanto sopra deriva da un ulteriore obbligo a carico del datore di lavoro (e, in questo caso, anche dei dirigenti se a ciò delegati formalmente dal datore di lavoro), cioè quello definito dall’articolo 18, comma 1, lettera o) che impone:

Il datore di lavoro […] e i dirigenti […] devono consegnare tempestivamente al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, su richiesta di questi e per l’espletamento della sua funzione, copia del documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche su supporto informatico […]; il documento è consultato esclusivamente in azienda”.

 

Si tratta, anche in questo caso, di obbligo sanzionabile penalmente: l’omessa consegna al RLS del documento di valutazione dei rischi (che deve contenere il programma delle misure di prevenzione e protezione) è punita dall’articolo 55, comma 5, lettera a) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 750 a 4.000 euro.

 

Se hai bisogno di ulteriori delucidazioni fammi sapere.

Un caro saluto.

Marco

 

——————————————-

 

“IO MI DIFENDO”: DIOPPPS (DISOCCUPATI IMPIEGATI OPERAI PRECARI PARTITE IVA PENSIONATI STUDENTI)

 

Da: Articolo 21

http://www.articolo21.org

 

11 dicembre 2014

 

Il nostro paese, il mondo del lavoro, i disoccupati, i precari, i pensionati, le partite IVA individuali, gli esodati e gli studenti hanno bisogno di qualcosa di nuovo che li rimetta al centro delle politiche; negli ultimi anni queste categorie sono state emarginate e utilizzate per fare gli interessi esclusivi di una classe politica e dei più abbienti che hanno nel Parlamento lobbies potentissime che lavorano esclusivamente per i loro interessi. E questo riguarda tutti i partiti.

 

DIOPPPS si propone di portare nelle Amministrazioni e nel Parlamento solo persone provenienti da queste categorie che sono state le sole a pagare la crisi.

In questi ultimi vent’anni sono stati tolti i diritti conquistati dalle precedenti generazioni e una minoranza di italiani si è immensamente arricchita a discapito delle categorie più deboli. Basta leggere l’ultimo rapporto OCSE sull’Italia che lo scrive esplicitamente.

 

Leggi come la Treu, la Biagi, la Fornero hanno ridotto alla fame e al silenzio sui diritti con il precariato, con tutte le forme di lavoro flessibile e l’allungamento dell’età pensionabile.

Tra l’altro è ormai provato che il cosiddetto lavoro flessibile, oltre che indebolire e ridurre in semi schiavitù chi lavora, provoca l’impoverimento anche delle aziende che lo praticano e uccide tantissimi lavoratori che muoiono per infortuni sul lavoro come può documentare l’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro.

Renzi e Poletti con il Job Act tolgono quei residui diritti che ancora resistevano con l’articolo 18, che di fatto viene abolito. Le conseguenze in pochi anni saranno drammatiche sotto tutti i punti di vista. Chi come me lavorava già negli anni sessanta sa di cosa parlo.

 

DIOPPPS si propone di abolire tutte queste leggi inique che hanno ridotto alla fame e al silenzio chi lavora. E questo si può fare solo se si portano in parlamento tantissimi lavoratori, pensionati, precari, disoccupati, partite IVA individuali e studenti. Qui ne va della sopravvivenza di chi lavora, di chi lo sta cercando e della dignità che non può fermarsi davanti ai cancelli dei luoghi di lavoro.

Rinchiudersi in un vuoto astensionismo non fa che aumentare il potere, le diseguaglianze e favori chi più ti sta danneggiando.

 

Tengo a precisare, come ho espresso più volte, che io non sono comunista, questa definizione non la merito; è impossibile in questo momento dell’Umanità, ancora in uno stadio troppo arretrato e primitivo per valori così alti quali l’uguaglianza e la giustizia sociale. L’uomo non è ancora pronto e probabilmente ci vorranno centinaia di anni per vedere realizzato un progetto simile. La tragica esperienza dell’Unione Sovietica ci ha mostrato questo. Che non siamo pronti come umani a un disegno così grandioso e che in noi tutti prevale ancora l’istinto primordiale che supera l’elaborazione culturale e l’egoismo individuale. Occorre allora cercare concretamente di difendere i più deboli, che devono cominciare a capire che non si può essere gli “utili idioti” di chi poi lavora contro i loro interessi.

 

Non bisogna rinchiudersi in un brontolio sordo che arriva al disimpegno verso tutto quello che sa di sociale e lasciare che i tuoi avversari imperversino in tutti i luoghi dove si prendono le decisioni che ti riguardano.

Occorre cercare di ridiventare protagonisti e difendere i diritti da chi te li ha tolti e ce li sta togliendo, senza dividersi e spezzettarsi in mille rivoli inconcludenti.

 

Come curatore dell’Osservatorio Indipendente di Bologna rimango sgomento nel vedere l’indifferenza di chi ci sta governando verso il fenomeno delle morti sul lavoro che non sono mai state così tante da quando ho aperto sei anni fa l’Osservatorio considerando che già un mese fa avevamo superato i morti sui luoghi di lavoro dell’intero 2013.

Noi abbiamo un grande italiano, il Procuratore di Torino Raffaele Guariniello che da anni propone una Procura Nazionale Sicurezza sul Lavoro e che ha sempre difeso il mondo del lavoro dal mancato rispetto delle leggi. Io mi augurerei che chi lavora e i sindacati lo proponessero come prossimo Presidente della Repubblica. In lui troverebbero un ostacolo insormontabile contro i diritti di chi lavora. Esiste uno spazio enorme, i lavoratori, i disoccupati, i precari, gli studenti che hanno idee di uguaglianza sono decine di milioni. Occorre dire basta alle divisioni e cercare di riproporre un soggetto unico portare dei valori di giustizia sociale.

 

Non rinchiuderti in te stesso, torna protagonista della tua vita e cerca di salvaguardare i tuoi interessi e di dare il tuo contributo.

Scrivi che apprezzi questo programma!

 

Un comitato formato da una decina di persone di diverse regioni italiane è già formato per mettere in campo un movimento che dalla base e senza intermediazioni cerchi di riaggregare quella sinistra dispersa che può diventare importante come Syriza in Grecia e Podemos in Spagna che nei sondaggi sono diventati i primi partiti in quegli Stati in poco tempo.

SI PUO’ TENTARE anche qui in Italia e a mio parere con risultati clamorosi. Riaggregare le basi di SEL, Sinistra PD, Rifondazione, L’Altra Europa con Tsipras i tantissimi cinquestellati di sinistra, anche la maggioranza degli italiani che non sono andati a votare, e coinvolgere la galassia che sta ancora più a sinistra in un progetto che abbia come cardine la difesa dei diritti dei lavoratori e dei pensionati, dei disoccupati e precari e delle partite iva. Credo possa diventare molto importante. Cosa ne pensate?

Non è in fondo necessario formare un nuovo partito se non si riesce, ma pretendere che a rappresentare queste categorie ci vadano persone che di queste categorie fanno parte. Non occorre più delegare ad altri, ai professionisti della politica la rappresentanza sociale di queste categorie. In questi ultimi anni abbiamo pagato la crisi solo noi. Occorre dire BASTA ai ladri di voti che in campagna elettorale e a parole difendono chi lavoro ma in pratica fanno solo i loro interessi e leggi per privare queste categorie dei diritti.

 

MANDIAMO NELLE AMMINISTRAZIONI E IN PARLAMENTO SOLO CHI CONOSCE LA FATICA E IL VALORE DEL LAVORO DIPENDENTE, DELLA SOFFERENZA DI ESSERE UN DISOCCUPATO, UN PRECARIO, UN PENSIONATO AL MINIMO E UNA PARTITE IVA INDIVIDUALE.

 

Carlo Soricelli del Comitato per la difesa dei diritti dei lavoratori e curatore dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro

 

——————————————-

 

CASSAZIONE: NIENTE INDENNIZZO ALLA DIPENDENTE CHE SCIVOLA SU UNA MATITA

 

Da Quotidiano giuridico Studio Cataldi

http://www.studiocataldi.it

 

Secondo la sentenza n.22280 del 21 Ottobre 2014 della Corte di Cassazione civile, Sezione lavoro, se la dipendente pubblica, in ufficio, scivola su una matita e riporta gravi lesioni permanenti, l’infortunio non è indennizzabile ai sensi del D.P.R.1124/65 (Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali).

 

Secondo i giudici del merito, infatti il rischio del lavoratore “non era diverso da quello che incombe su ogni altro soggetto che si sposti a piedi per ragioni non di ufficio”.

Nel caso di specie il rischio “connesso agli spostamenti spaziali, che incombe su chiunque si muova da un luogo all’altro” non era reso “maggiore dall’attività lavorativa svolta dall’infortunata”.

 

In altro giudizio la danneggiata, nel ricorrere avverso lo Stato italiano, aveva lamentato il mancato adeguamento del nostro ordinamento alla Direttiva CEE 89/391 del 12 Giugno 1989 circa l’utilizzo, sui luoghi di lavoro, di misure idonee a promuovere sicurezza e salute dei lavoratori durante l’orario d’ufficio.

 

In realtà già prima dell’emanazione della citata Direttiva nel nostro ordinamento vigeva un principio simile, contenuto nell’articolo 2087 del Codice Civile, secondo il quale “il datore di lavoro deve adottare le misure che, secondo le particolarità del lavoro, secondo le particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. Per tale motivo il ricorso è rigettato.

 

A distanza di 14 anni si conclude così definitivamente la vicenda della dipendente infortunatasi scivolando su una matita. E’ conclusione definitiva per una vicenda “approdata” a una prima sentenza (Sentenza della Cassazione n.1109 del 2000, richiamata dalla 22280) che confermava il rigetto della domanda d’indennizzo INAIL per detto infortunio ritenendo “esclusa la responsabilità del datore di lavoro, poiché la lavoratrice, scivolata su una matita, non era stata esposta a un rischio diverso da quello che incombe su ogni altro soggetto che si sposti a piedi in circostanze non caratterizzate dall’incombenza a lei assegnata, né il rischio connesso agli spostamenti spaziali, che incombe su chiunque si muova da un luogo a un altro, era reso, nella specie, maggiore dall’attività lavorativa svolta”.

 

S’intendeva confermare, così, nel “diritto vivente” la rilevanza del rischio assicurato come parametro della copertura assicurativa dell’azienda e dei suoi dipendenti che già all’epoca appariva superato in dottrina e nella stessa giurisprudenza (tanto che nella motivazione la Corte avvertiva il bisogno di spiegare, quasi difendere, la sua scelta) per casistiche sostanzialmente analoghe riconosciute indennizzabili, per dirla in breve, purché in assenza di rischio elettivo.

 

Non si intende riproporre qui le argomentazioni, le sentenze, le scelte amministrative a sostegno di quest’ultima impostazione su una questione che per l’assicurazione sociale deve oggi considerarsi chiusa dallo stesso INAIL con riferimento, da ultimo, a infortuni occorsi a lavoratori in missione (da ciò l’opportunità di chiarire notizie stampa che sembrano attualizzare il diniego dell’indennizzo INAIL quale contenuto della sentenza n.22280 che invece contiene solo il richiamo della precedente sentenza n.1109 in motivazione).

 

All’epoca, comunque, preso atto della sentenza, l’infortunata spostò l’attenzione, in un nuovo giudizio, sulla responsabilità civile del datore di lavoro; anzi, sul profilo del mancato adeguamento della normativa nazionale di prevenzione alla Direttiva 89/391/CEE sullo specifico punto che avrebbe consentito l’insorgere, a cascata, di detta responsabilità per il caso di specie e l’indennizzabilità dell’infortunio. Nel dettaglio, così, la sentenza 22280 riporta che “La ricorrente, ha convenuto in giudizio lo Stato italiano, addossandogli la responsabilità dell’infortunio per non essersi adeguato, alla Direttiva 89/391/CEE, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, e lamentando che la sentenza impugnata aveva omesso di accertare la conformità del D.P.R.1124/65 a tale Direttiva.

 

Anche questa richiesta è rigettata dai giudici di merito, prima, dalla Suprema Corte, da ultimo, con argomentazione complessa (di là dalla sua sinteticità) poiché coinvolge questioni di legittimità costituzionale, il tema dell’applicabilità immediata delle Direttive comunitarie, la centralità dell’articolo 2087 del Codice Civile, ecc..

Si legge, infatti, in motivazione che: “La Direttiva CEE non prevede alcun obbligo specifico a carico del datore di lavoro con riguardo all’ipotesi per cui è controversia. Essa, infatti, […] prevede al primo comma che il datore di lavoro è obbligato a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi con il lavoro e, al quinto comma, che la Direttiva non esclude la facoltà degli Stati membri di prevedere l’esclusione o la diminuzione della responsabilità dei datori di lavoro per fatti dovuti a circostanze a loro estranee, eccezionali o imprevedibili, o a eventi eccezionali”. Orbene, trattasi quindi di disposizioni non sufficientemente specifiche, in ordine alle quali non può ravvisarsi una inadempienza dello Stato italiano per la mancata trasposizione nel diritto nazionale (vedi anche Sentenza Cassazione n.1081317 del 02/05/11 e Sentenza Cassazione n.17261 del 12/0713).

 

Si tratta di questioni e motivazioni, insomma, che vanno ben di là dal caso di specie e che non è il caso certo di verificare in questa sede salvo per il fatto che il primo comma è molto chiaro e che il quinto comma prevede una facoltà il cui mancato esercizio rafforza il valore del primo per un principio sostanzialmente già presente nel nostro ordinamento. E’ solo una nota a margine, comunque, rispetto a una vicenda che interessa soprattutto per i profili riguardanti l’assicurazione infortuni, pur solo richiamati dall’ultima sentenza.

I commenti tecnici sono inutili per l’interessata rimasta invalida senza sostegno economico per colpa di…una matita che magari proprio lei aveva lasciato cadere realizzando, così, gli estremi di un rischio elettivo, magari con diretta responsabilità per possibili infortuni di colleghi!

 

Il dato più rilevante di tutta la vicenda, piuttosto, è il crescere della preoccupazione di quanti sollecitano da sempre un nuovo Testo unico dell’assicurazione infortuni non per esigenze estetiche o ansia di novità, ma per superare l’anomalia di un diritto sostanzialmente pretorio, senza esserlo formalmente, che si confronta, nel quotidiano, con un corpo normativo superato dal diritto vivente, reso sgangherato da isolati interventi legislativi, ma sempre formalmente a disposizione per divergenti prese di posizione basate su percorsi logici o emozionali che trascurano un secolo di evoluzione a tutela dei lavoratori infortunati.

 

E’ per questo che in un clima di forti spinte per rivisitare il welfare qualcuno ben potrà continuare a sostenere che il rischio di cadere nei modi prima richiamati è generico, comune a qualsiasi cittadino; senza nemmeno riflettere, per stare al gioco, sul fatto che scivolare su una matita è quanto meno un rischio generico aggravato dall’intensità dell’uso di matite in un ufficio. E magari il giorno stesso, su un altro tavolo giudiziario si afferma il contrario per fatti simili.

 

Ma proseguire su questo crinale scomodando normative comunitarie (e lì altre esercitazioni pro e contro) o un’infinita serie di studi, commenti e sentenza a poco serve, restando nel pieno diritto e dovere di giudici di merito e legittimità affermare di volta in volta un diverso principio, in assenza di una norma che, come dovrebbe essere, segua passo passo l’evolversi del diritto vivente per consolidarne al momento opportuno principi e soluzioni. Così non sembra si voglia fare per l’assicurazione infortuni rispetto a un Testo già vecchio quando è nato e, oltretutto rimaneggiato qua e là senza alcun intento sistemistico. Con il rischio dell’implosione del sistema e di una progressiva marginalizzazione di una tutela che, pure, per oltre un secolo è stata riferimento sicuro per tutele via via adeguate con salda collocazione nel sistema assicurativo generale e non, come accade oggi, con deviazioni assistenzialistiche in fondi e “una tantum” .

 

Il testo della sentenza n.22280 del 21 Ottobre 2014 della Corte di Cassazione civile Sezione lavoro è visionabile all’indirizzo:

http://olympus.uniurb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=11963:cassazione-civile-sez-lav-21-ottobre-2014-n-22280-dipendente-della-provincia-scivola-su-una-matita-in-ufficio-ed-eccepisce-la-mancata-trasposizione-della-direttiva-cee-89391-nessun-risarcimento-&catid=16:cassazione-civile&Itemid=60

 

——————————————-

 

CARRELLI ELEVATORI E SICUREZZA: MANUTENZIONE E AMBIENTE DI LAVORO

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

 

26 novembre 2014

 

L’importanza del mantenimento in efficienza del carrello elevatore e della verifica dei fattori di sicurezza correlati a organizzazione, comportamento e ambiente di lavoro. Controlli e interventi di manutenzione, carico/scarico e vie di circolazione.

 

Sono diversi i fattori di rischio correlati all’uso dei carrelli elevatori nel mondo del lavoro. Tuttavia i pericoli potenziali per i lavoratori aumentano ancor più se le attrezzature non sono efficienti, se l’ambiente di lavoro non è predisposto o se non vengono rispettate le corrette procedure di lavoro.

Per avere alcune informazioni su questi aspetti, torniamo a parlare della “Lista di controllo Carrelli Industriali Semoventi”, presentata sul sito dell’ASL Monza e Brianza in relazione al Piano Mirato di Prevenzione “Carrelli elevatori e viabilità sicura in azienda”.

Il documento, curato dalla Regione Toscana, vuole aiutare i datori di lavoro nella valutazione dei rischi per queste attrezzature e nell’individuazione di problemi e soluzioni attraverso una serie di domande per verificare i principali requisiti di sicurezza dei carrelli industriali semoventi.

Un capitolo del documento è dedicato al mantenimento in efficienza del carrello elevatore.

Il carrellista deve infatti eseguire i controlli giornalieri previsti nei manuali di uso e manutenzione e deve essere a conoscenza della procedura da seguire in caso vengano riscontrate delle anomalie. Il documento segnala che ogni carrellista, a inizio turno di lavoro, seguendo la lista riportata dal costruttore nel manuale di uso e manutenzione, deve eseguire i controlli giornalieri e quindi segnalare l’esistenza di eventuali anomalie al datore di lavoro, al capo reparto o altro referente definito nelle procedure aziendali.

Inoltre il carrello elevatore deve essere sottoposto a manutenzione periodica secondo le indicazioni del costruttore. Il D.Lgs.81/08 al paragrafo 3.1.2 dell’allegato VI, in relazione alle disposizioni concernenti l’uso delle attrezzature di lavoro che servono a sollevare e movimentare carichi, prescrive che le funi e le catene debbono essere sottoposte a controlli trimestrali in mancanza di specifica indicazione da parte del fabbricante.

La lista indica che considerando che nei carrelli elevatori i manuali indicano il controllo delle catene e relativa periodicità, di norma ne consegue che l’unico riferimento per la tempistica diventa il manuale di uso e manutenzione. La tempistica viene indicata quasi sempre in ore di lavoro o in periodi di tempo tenendo come limite quella delle due scadenze che cade prima. In caso di carrelli usati in modo molto saltuario in ambienti non aggressivi o insudicianti la tempistica potrà essere modificata, mantenendo comunque non meno di un controllo all’anno, su eventuali indicazioni del costruttore o del suo servizio di assistenza autorizzato. In ogni caso il conta ore deve essere presente e funzionante per programmare e verificare le manutenzioni in modo efficiente.

Il documento segnala che gli interventi di manutenzione, riparazione, ecc. devono essere eseguiti da personale interno in possesso delle attrezzature necessarie, di esperienza e di competenze professionali e tecniche adeguate per individuare ed eliminare, in condizioni di sicurezza, gli eventuali guasti e per garantire al carrello una manutenzione secondo la regola dell’arte oppure da ditte esterne con le medesime competenze.

E la normativa vigente prevede che il datore di lavoro debba prendere le misure organizzative necessarie affinché le attrezzature siano oggetto di idonea manutenzione da parte di personale qualificato in modo specifico. La strada più semplice per garantire il rispetto di questa prescrizione è quella di stipulare un contratto di manutenzione con ditta qualificata. Nel caso il carrello sia fornito dal costruttore con il libretto dei tagliandi lo stesso deve essere mantenuto aggiornato.

Si ricorda poi la necessità di effettuare controlli periodici e/o straordinari per assicurare il buono stato di conservazione ed efficienza ai fini della sicurezza. I carrelli elevatori devono infatti essere sottoposti a controlli periodici, secondo indicazioni fornite dal costruttore ovvero, in assenza di queste, dalle pertinenti norme tecniche o dalle buone prassi o da linee guida.

Riportiamo qualche indicazione tratta dalle domande della lista di controllo in merito a organizzazione, comportamento e ambiente di lavoro:

  • i carrellisti devono indossare indumenti di lavoro e dispositivi di protezione adeguati: il conducente deve indossare indumenti aderenti, privi di punti che possono impigliarsi con i comandi o parti del carrello e deve inoltre indossare scarpe antinfortunistiche;
  • per il carico e lo scarico dei camion deve essere adottata una procedura di sicurezza nota al guidatore del camion stesso: durante le fasi di carico e scarico dei camion il conducente dello stesso non deve sostare in cabina di guida ma si deve allontanare dalla zona di movimentazione merci; devono essere stabilite regole per l’esecuzione di queste operazioni ed essere indicate (ad esempio) zone di sosta, percorsi per allontanarsi dal mezzo, zone di attesa, disposizioni/procedure per la ripresa del mezzo, ecc.;
  • nei luoghi di lavoro è necessario controllare la sicurezza delle vie di circolazione interne e esterne aziendali: le vie di circolazione devono essere possibilmente: piane, senza buche, ostacoli o asperità; adeguate in relazione alle caratteristiche del mezzo secondo indicazioni del costruttore; dimensionate in modo adeguato; idonee a sopportare i carichi dinamici massimi prevedibili; gli eventuali ostacoli devono essere segnalati in modo adeguato (strisce giallo-nere); ben illuminate; i punti critici devono essere segnalati secondo le regole del traffico stradale; nei posti senza visuale devono essere applicati specchi, segnali, ecc.; le installazioni devono essere protette contro eventuali urti dei veicoli (guardrail o paraurti); i luoghi in cui i veicoli potrebbero cadere nel vuoto devono essere dotati di protezione quali, ad esempio, guardrail, parapetti, bordi rialzati, ecc.; le pendenze transitabili devono essere compatibili con i dati forniti dal fabbricante del carrello; devono essere definite le zone di parcheggio dei veicoli;
  • deve essere controllata e valutata anche la sicurezza della baia di carico: la banchina di carico deve essere protetta con parapetti normali (amovibili nella zona di raccordo con il veicolo) al fine di evitare le cadute accidentali di mezzi e/o lavoratori; il sistema di carico/scarico deve essere organizzato in modo tale da evitare il rischio di allontanamento del veicolo in fase di carico/scarico merci; in particolare la banchina deve essere dotata di paracolpi, in gomma rigida, sporgenti almeno 130 mm dal bordo; se la banchina di carico è provvista di rampe di raccordo ai pianali dei camion, queste devono avere: pavimentazione antisdrucciolo; i margini di rampa evidenziati con strisce giallo/nere; gonne laterali parapiedi anticesoiamento; larghezza minima tale da lasciare almeno 350 mm per lato dal bordo esterno carrello e bordo rampa; una targa di identificazione posta in zona visibile con l’indicazione della portata massima (concentrata e uniformemente distribuita); il sistema di raccordo al pianale del camion; comandi di azionamento ad uomo presente e le rampe, quali attrezzature di lavoro, devono essere mantenute in efficienza secondo manuale di uso e manutenzione fornito dal costruttore;
  • le zone operative e di transito dei carrelli elevatori devono essere separate dalle vie di circolazione e transito dei pedoni: uno dei maggiori pericoli nell’uso dei carrelli elevatori è l’uso in condizioni di promiscuità; per quanto tecnicamente possibile si devono separare le zone operative delle macchine semoventi dalle zone destinate ai pedoni; la separazione può essere di tipo strutturale (ambienti separati, barriere metalliche, ecc.), di tipo organizzativo (turni di lavoro, procedure di carico e scarico merci o soluzioni equivalenti) o di tipo tecnico (segnalatori/rilevatori di presenza); nelle zone di interferenza inevitabile (passaggi, attraversamenti, settori in parziale promiscuità di presenze, ecc.) si devono attuare le dovute precauzioni (semafori, strisce pedonali, procedure aziendali, distanze, ecc.);
  • i carrellisti devono conoscere il peso delle merci da movimentare: il carrellista è tenuto a informarsi e a essere informato circa le caratteristiche della merce (pesi, baricentri, tipo di imballo, stato fisico liquido o solido, ecc.), presupposto senza il quale non si può movimentare un carico in condizioni di sicurezza;
  • i carrelli elevatori endotermici (cioè con motore a combustione interna) possono essere utilizzati in ambienti interni solo in modo saltuario e sempreché sia assicurato un adeguato ricambio dell’aria;
  • i carrelli che vengono utilizzati, anche saltuariamente, su strada pubblica devono essere immatricolati presso la motorizzazione civile: per circolare su strada pubblica, anche saltuariamente, le macchine operatrici, compreso i carrelli elevatori, devono essere immatricolate/targate.

 

Ricordiamo anche che la lista di controllo è precedente all’emanazione dell’Accordo Stato-Regioni inerente le attrezzature di lavoro pubblicato il 22 febbraio 2012. E il carrello elevatore semovente con conducente a bordo è tra le attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori.

Segnaliamo, per concludere, che alla lista di controllo è allegata la scheda “Pianificazione delle Misure di Sicurezza Carrello Elevatore”, per annotare i problemi individuati e programmare gli interventi corrispondenti.

Il documento “Lista di controllo Carrelli Industriali Semoventi”, a cura della Regione Toscana, elaborata da un gruppo di lavoro coordinato dal dottor Alberto Lauretta è scaricabile all’indirizzo:

http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/141125_lista_controllo_carrelli_industriali_semoventi.pdf

 

——————————————-

 

USO, MONTAGGIO E SMONTAGGIO DEI PONTEGGI FISSI

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

 

27 novembre 2014

 

Indicazione dell’INAIL tratte da un quaderno tecnico per i cantieri temporanei o mobili dedicato ai ponteggi fissi. L’uso, il montaggio, lo smontaggio e la manutenzione dei ponteggi. Le risposte alle domande più frequenti.

 

Le cadute dall’alto rappresentano all’incirca un terzo degli infortuni mortali sui luoghi di lavoro e il settore di attività maggiormente colpito è quello delle costruzioni.

Per migliorare la prevenzione delle cadute in questo comparto torniamo dunque a parlare del Quaderno Tecnico per i cantieri temporanei o mobili dell’INAIL, dal titolo “Ponteggi fissi” e realizzato dal Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (DIT).

Ci soffermiamo in particolare sugli aspetti relativi all’uso, al montaggio e smontaggio dei ponteggi fissi.

Riguardo al montaggio il documento segnala che l’allegato XIX del D.Lgs.81/08 elenca le verifiche che devono essere effettuate prima del montaggio di ogni ponteggio.

In particolare prima del montaggio del ponteggio fisso (a telai prefabbricati, a montanti e traversi prefabbricati e a tubi e giunti) è necessario verificare:

  • la presenza dell’autorizzazione ministeriale e del libretto;
  • la presenza del PIMUS (Piano di Montaggio, Uso, Smontaggio) del ponteggio;
  • l’integrità di tutti i componenti e lo stato di corrosione degli elementi metallici;
  • l’appartenenza a un’unica autorizzazione Ministeriale di tutti gli elementi previsti;
  • l’appartenenza a un’unica autorizzazione ministeriale degli elementi in tubo e giunto eventualmente utilizzati (per esempio per la realizzazione di un ancoraggio) sui ponteggi metallici a telai prefabbricati o a montanti e traversi prefabbricati;
  • l’idoneità della struttura di ancoraggio (tipologia del materiale base, dimensioni, spessore);
  • le condizioni atmosferiche (vento, pioggia ecc.);
  • l’idoneità degli ancoraggi (meccanici, chimici) per l’uso previsto.

Nel documento sono presenti un esempio di ponteggio a telaio parapetto con montaggio dal basso e i dettagli relativi alla verifica per gli elementi dei ponteggi metallici a telai prefabbricati, per gli elementi dei ponteggi metallici a montanti e traversi prefabbricati e per gli elementi dei ponteggi metallici a tubi e giunti. Si segnala inoltre che durante il montaggio è necessario attenersi alle indicazioni del PIMUS e a quanto previsto nel D.Lgs.81/08 per i lavori in quota.

Veniamo all’uso del ponteggio fisso.

Anche in questo caso l’allegato XIX del D.Lgs.81/08 elenca le verifiche che devono essere effettuate durante l’ uso di ogni ponteggio.

Prima e durante l’uso del ponteggio fisso è necessario comunque verificare:

  • la presenza del PIMUS;
  • le condizioni atmosferiche e in particolare la presenza di vento o neve;
  • la presenza del disegno esecutivo conforme agli schemi tipo, firmato dal responsabile del cantiere e tenuto a disposizione, assieme al libretto, dell’autorità di vigilanza;
  • la presenza del progetto in caso di non conformità agli schemi tipo e altezza superiore ai 20 m, firmato da un professionista abilitato e tenuto a disposizione, assieme al libretto, dell’autorità di vigilanza;
  • la presenza della documentazione riguardante l’ultima verifica effettuata;
  • la presenza del progetto in caso di teli, graticci o altre schermature installate sul ponteggio, firmato da un professionista abilitato e tenuto a disposizione, assieme al libretto, dell’autorità di vigilanza;
  • la distanza tra l’impalcato e l’opera servita;
  • l’efficienza del parasassi al fine di intercettare i materiali eventualmente caduti dall’alto;
  • l’efficienza del serraggio dei giunti;
  • l’efficienza del serraggio dei collegamenti;
  • l’efficienza degli ancoraggi;
  • la verticalità dei montanti;
  • l’efficienza delle controventature di facciata e in pianta (linearità delle aste, stato di conservazione dei collegamenti ai montanti, stato di conservazione degli impalcati);
  • l’efficienza dei dispositivi di blocco degli impalcati,
  • l’efficienza dei dispositivi di blocco o di antisfilamento delle tavole fermapiede.

Inoltre prima dello smontaggio del ponteggio fisso è necessario verificare:

  • la presenza del PIMUS;
  • le condizioni superficiali dell’impalcato (presenza di ghiaccio, scivolosità);
  • la presenza di vento;
  • le condizioni atmosferiche.

 

Mentre dopo lo smontaggio del ponteggio è necessario verificare:

  • l’integrità di tutti i componenti.

Riportiamo anche alcune indicazioni essenziali di manutenzione che deve essere effettuata da parte di personale qualificato e che per i componenti metallici prevede: la verifica dello stato superficiale; la verifica dell’usura; la verifica dei danni dovuti alla corrosione; la verifica dello stato delle saldature; la verifica dello stato delle parti mobili; la verifica dello stato di viti, perni, dadi, bulloni e rivetti; la verifica del periodo di servizio.

 

Nel Quaderno sono presenti anche indicazioni per la manutenzione dei componenti in legno e si indica che il preposto, a intervalli periodici o dopo violente perturbazioni atmosferiche o prolungata interruzione di lavoro, deve assicurarsi della verticalità dei montanti, del giusto serraggio dei giunti, dell’efficienza degli ancoraggi e dei controventi, curando l’eventuale sostituzione o il rinforzo di elementi inefficienti.

Concludiamo la presentazione del quaderno con una selezione di risposte a domande poste frequentemente (Frequently Asked Questions, FAQ).

LA SICUREZZA STRUTTURALE DEL PONTEGGIO DA QUALI FATTORI DIPENDE?

Dall’utilizzo conforme all’autorizzazione Ministeriale, dalla corretta manutenzione degli elementi costituenti, dalla frequenza di utilizzo, dal numero dei montaggi e degli smontaggi, dal corretto stoccaggio dei componenti, dall’ambiente di lavoro e dallo stato di conservazione.

QUALI SONO GLI ELEMENTI COSTRUTTIVI FONDAMENTALI AI FINI DELLA STABILITA’ DEL PONTEGGIO?

Gli ancoraggi per numero e posizionamento, le basette, le diagonali, gli spessori degli elementi costruttivi.

E’ CONSENTITO L’UTILIZZO DI ELEMENTI FACENTI PARTE DI PONTEGGI DI TIPO DIVERSO E/O MISTO?

No, anche se si tratta di elementi di ponteggi autorizzati e salvo quanto disposto dalla Circolare Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n.20/03 (chiarimenti in relazione all’uso promiscuo dei ponteggi fissi). Infatti, dall’assemblaggio di parti autorizzate non necessariamente deriva l’idoneità del ponteggio, basti pensare all’incompatibilità dimensionale tra i vari elementi o alle differenze dei valori di scorrimento tra tubo e giunto.

E’ CONSENTITO L’USO PROMISCUO DI ELEMENTI DI PONTEGGIO A TUBI E GIUNTI CON ALTRI DI TIPO DIVERSO?

E’ consentito l’impiego di elementi di ponteggio a tubi e giunti, appartenenti a un’unica autorizzazione, per la realizzazione di schemi tipo a telai prefabbricati e a montanti e traversi prefabbricati. Infatti gli elementi di ponteggio a tubi e giunti possono essere utilizzati nell’ambito di uno specifico schema di ponteggio per la realizzazione di parasassi, montanti di sommità, piazzole di carico, mensole, travi carraie, particolari partenze e particolari connessioni (Circolare Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n.20/03).

E’ CONSENTITO L’USO PROMISCUO DI ELEMENTI DI PONTEGGIO A TELAI PREFABBRICATI CON QUELLI A MONTANTI E TRAVERSI PREFABBRICATI?

Normalmento no. Tuttavia, su conforme parere del Consiglio Nazionale delle Ricerche, si ritiene che tale possibilità debba essere consentita esclusivamente per particolari partenze (terreni declivi, condizioni di appoggio non comuni, ecc.) di uno specifico schema di ponteggio purché vengano soddisfatte le condizioni di seguito elencate:

  • lo schema specifico di utilizzo deve essere realizzato in base a un progetto, firmato da ingegnere o architetto abilitato a norma di legge all’esercizio della professione;
  • il progetto suddetto deve contemplare, oltre agli aspetti statici specifici, anche i requisiti di accoppiabilità fra i due tipi di ponteggio sovrapposti, i quali inoltre devono appartenere, ciascuno, a un’unica autorizzazione Ministeriale;
  • gli elementi di ponteggio a montanti e traversi prefabbricati, utilizzati per la realizzazione della particolare partenza, devono appartenere a una classe di carico (costruzione o manutenzione) non inferiore a quella del ponteggio a telai prefabbricati;
  • il piano di separazione fra i due tipi di ponteggi sovrapposti deve essere correttamente ancorato e fornito di irrigidimenti orizzontali;
  • sia per la realizzazione degli irrigidimenti orizzontali del piano di separazione fra i due tipi di ponteggi sovrapposti che per la realizzazione del requisito di accoppiabilità fra gli stessi devono essere utilizzati solo elementi di ponteggio, appartenenti alle autorizzazioni Ministeriali dei due tipi di ponteggi sovrapposti o elementi di ponteggio a tubi e giunti appartenenti a un’unica autorizzazione ministeriale;
  • in cantiere devono essere tenuti ed esibiti, a richiesta dell’organo di vigilanza, oltre al progetto di cui sopra, i libretti di autorizzazione dei due tipi di ponteggio sovrapposti e, se utilizzato, il libretto relativo al ponteggio a tubi e giunti (Circolare Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n.20/03).

E’ CONSENTITO SOSTITUIRE IL PARASASSI CON UN TELO?

No. La chiusura frontale del ponteggio mediante teli non realizza le stesse garanzie di sicurezza del parasassi che pertanto non può essere sostituito.

E’ CONSENTITO L’UTILIZZO DI IMPALCATI METALLICI PREFABBRICATI IN LUOGO DI IMPALCATI IN LEGNAME?

Sì. La sostituzione degli impalcati in legname con elementi di impalcato metallici prefabbricati è consentita purché agli stessi venga richiesta esclusivamente la funzione di costituire un piano di lavoro a sostegno dei carichi di servizio e non quella strutturale di collegamento fra le stilate contigue che deve essere realizzata mediante i correnti e le diagonali in pianta previsti dallo schema tipo relativo al ponteggio con impalcati in legname (Circolare Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n.20298/95).

IN CHE MODO PUO’ OPERARE IL DATORE DI LAVORO SECONDO IL D.LGS.81/08 RIGUARDO IL CORRETTO MONTAGGIO DI UN PONTEGGIO?

Il datore di lavoro provvede a redigere a mezzo di persona competente un piano di montaggio, uso e smontaggio (PMUS) e assicura che il ponteggio sia montato, smontato o trasformato sotto la diretta sorveglianza di un preposto, a regola d’arte e conformemente al PIMUS, a opera di lavoratori che abbiano ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste (articolo 136 del D.Lgs.81/08).

Il documento dell’INAIL, Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici “Ponteggi fissi”, Quaderno Tecnico per i cantieri temporanei o mobili a è scaricabile all’indirizzo:

http://www.inail.it/internet_web/wcm/idc/groups/intranet/documents/document/ucm_153623.pdf

 

——————————————-

 

LE RESPONSABILITA’ DEL LAVORATORE IN MATERIA DI SICUREZZA SUL LAVORO

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

 

28 novembre 2014

 

Un breve saggio di Olympus si sofferma sul ruolo e sulle responsabilità del lavoratore in materia di sicurezza sul lavoro. Il lavoratore non è più soggetto passivo, ma attore capace di influire e influenzare l’organizzazione della sicurezza.

 

Più volte abbiamo ricordato come il D.Lgs.81/08 non solo confermi l’impianto normativo precedente, ma presenti alcune novità rilevanti. Partendo ad esempio dalla premessa che la sicurezza sul lavoro si possa ottenere solo con il contributo di tutti coloro che operano sui luoghi di lavoro, il Decreto 81 coinvolge nella gestione della sicurezza tutti i soggetti impegnati nell’attività lavorativa, ciascuno in proporzione alle proprie possibilità e competenze.

Su questo tema e in particolare sul coinvolgimento e le conseguenti responsabilità del lavoratore interviene un Working Paper, pubblicato da Olympus nel mese di giugno 2014, dal titolo “L’individuazione e le responsabilità del lavoratore in materia di sicurezza sul lavoro” e a cura di Mariantonietta Martinelli (Avvocato del Foro di Trani, Specialista in Diritto del Lavoro e Sicurezza Sociale presso l’ Università di Bari).

Nel breve saggio l’autrice prende le mosse dall’evoluzione storica della normativa in materia, chiarendo la ragione che ha indotto il legislatore ad attribuire al lavoratore il nuovo ruolo di collaboratore di sicurezza del datore di lavoro e a considerarlo non più solo soggetto passivo, dal quale esigere il rispetto e l’esecuzione di ciò che altri soggetti abbiano stabilito.

Successivamente vengono analizzati i vari obblighi generali e specifici, le conseguenze degli inadempimenti del lavoratore agli obblighi di sicurezza e la loro incidenza sulla imputazione e sulla ripartizione delle responsabilità.

 

Con il nuovo Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro oltre ai soggetti tradizionalmente considerati titolari delle posizioni di garanzia, quali datore di lavoro, dirigenti e preposti, tenuti a garantire il rispetto della disciplina prevenzionale per la tutela dell’incolumità del prestatore di lavoro, anche lo stesso lavoratore è stato onerato di obblighi finalizzati proprio a prevenire il verificarsi di un evento lesivo in danno proprio, di altri lavoratori o di terzi.

In particolare è l’articolo 20 del Testo Unico a prescrivere obblighi a carico dei lavoratori in materia di sicurezza. E, sottolinea l’autrice, il suo ambito di applicazione è alquanto esteso rispetto a quello di cui all’abrogato articolo 5 del D.Lgs.626/94, in considerazione dell’ampia nozione di lavoratore e di soggetti a lui equiparati, fornita dall’articolo 2, lettera a) del D.Lgs.81/08.

Si segnala che mediante tale ampia nozione di lavoratore e tramite la tecnica dell’equiparazione, sono stati ricompresi nell’ambito di applicazione del Decreto Legislativo in materia di salute e sicurezza, come soggetti beneficiari della normativa, tutte le tipologie contrattuali autonome, subordinate, anche flessibili, nonché del cosiddetto non lavoro, compreso il volontariato.

 

Riguardo poi agli obblighi già presenti nella normativa previgente, sono aggiunte due significative e importanti disposizioni. Si tratta della lettera h), che impone ai lavoratori di partecipare ai corsi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro e della lettera i), che impone l’obbligo di sottoporsi ai controlli sanitari.

Secondo alcuni questo nuovo ruolo costituisce il nucleo centrale del sistema di prevenzione soggettivo, fondato, appunto, sulla partecipazione individuale dei singoli lavoratori.

Il saggio ricorda poi che il successivo articolo 21 del Testo Unico prescrive per la prima volta obblighi per i lavoratori autonomi (che compiono opere o servizi ai sensi dell’articolo 2222 del Codice Civile, nonché soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, coltivatori diretti del fondo, artigiani, piccoli commercianti) e per i componenti dell’impresa familiare, di cui all’articolo 230-bis del Codice Civile. Norma che si applica anche ai volontari, come definiti in particolare dalla nuova versione dell’articolo 3, comma 12-bis del D.Lgs.81/08 come modificato dal cosiddetto “Decreto del Fare”, convertito nella Legge 98/13. Si tratta di obblighi in materia di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuale e tessera di riconoscimento.

E infine gli articoli 59 e 60 del D.Lgs.81/08 sanciscono le sanzioni da applicare ai lavoratori, nel caso di violazione degli articoli 20 e 21.

Con il Testo Unico il lavoratore non è dunque più considerato soltanto beneficiario delle norme prevenzionistiche ma, al contempo, destinatario “iure proprio” di una serie di precetti antinfortunistici e, talvolta, addirittura, soggetto attivo del reato.

Insomma il lavoratore non è solo soggetto passivo dal quale esigere il rispetto e l’esecuzione di ciò che altri soggetti stabiliscono, ma attore capace di influire e influenzare, con il suo apporto, il sistema di organizzazione della sicurezza; non più solo creditore di sicurezza, ma anche debitore della stessa, obbligato cioè a collaborare con gli altri soggetti della sicurezza in virtù dei compiti di intervento, di segnalazione, di controllo e del suo fattivo contributo nell’organizzazione aziendale.

In questo senso è tenuto a partecipare ai programmi di formazione e addestramento organizzati dal datore di lavoro; è, altresì, tenuto a osservare le norme poste dal legislatore ed eventualmente dal datore di lavoro in materia di sicurezza; è, comunque, tenuto ad assumere comportamenti avveduti, accorti, prudenti, al fine di tutelare il bene salute sua e degli altri lavoratori e/o terzi.

L’autrice conclude questa parte del saggio soffermandosi sugli orientamenti giurisprudenziali.

La giurisprudenza per molti anni ha ignorato il comportamento del prestatore di lavoro e recentemente ha cominciato a prendere atto della “nuova filosofia” in materia e del nuovo ruolo che compete al lavoratore subordinato nel panorama dei molti soggetti destinatari e gravati del dovere di sicurezza.

Ad esempio viene riportata una rilevante e innovativa sentenza (Sentenza n.37248 del 7 novembre 2002 della Sezione IV della Cassazione Penale) in cui la Cassazione afferma il principio secondo il quale il lavoratore è tenuto a svolgere un ruolo di garanzia attiva all’interno dell’impresa o dell’unità produttiva, al fine di tutelare la propria, ma anche l’altrui sicurezza, senza, tuttavia, dimenticare che il soggetto primariamente obbligato sia e resti il datore di lavoro. Anche le sentenze successive si sono allineate e hanno confermato tale orientamento.

Il documento “L’individuazione e le responsabilità del lavoratore in materia di sicurezza sul lavoro” a cura di Mariantonietta Martinelli è scaricabile all’indirizzo:

http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/141128_WPO_37_responsabilita_lavoratore_sicurezza.pdf

Print Friendly, PDF & Email