SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N.193 DEL 29/01/15

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SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N.193 DEL 29/01/15

 

INDICE

  • Responsabilità e tempistiche della sorveglianza sanitaria – Prima parte
  • Agricoltura e sicurezza nei luoghi di lavoro
  • Vigilanza e competenze: l’Agenzia unica delle ispezioni del lavoro
  • Check list per apparecchi di sollevamento materiali di tipo mobile
  • Interpello: una precisazione su RLS e rappresentanze sindacali
  • Come formare in materia di sicurezza i lavoratori stranieri

 

Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste notizie a diffonderle in tutti i modi.

La diffusione è gradita e necessaria. L’obiettivo è quello di diffondere il più possibile la cultura della salute e della sicurezza e la consapevolezza dei diritti dei lavoratori a tale proposito.

L’unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la fonte.

 

Marco Spezia

ingegnere e tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro

Medicina Democratica

Progetto “Sicurezza sul lavoro – Know your rights!”

sp-mail@libero.it

https://www.facebook.com/profile.php?id=100007166866156

https://www.medicinademocratica.org/wp/?cat=210

 

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RESPONSABILITA’ E TEMPISTICHE DELLA SORVEGLIANZA SANITARIA – PRIMA PARTE

LE CONSULENZE DI SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! – N.63

 

Come sapete, uno degli obiettivi del progetto SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! è anche quello di fornire consulenze gratuite a tutti coloro che ne fanno richiesta, su tematiche relative a salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Da quando è nato il progetto ho ricevuto decine di richieste e devo dire che per me è stato motivo di orgoglio poter contribuire con le mie risposte a fare chiarezza sui diritti del lavoratori.

Mi sembra doveroso condividere con tutti quelli che hanno la pazienza di leggere le mie newsletters, queste consulenze.

Esse trattano di argomenti vari sulla materia e possono costituire un’utile fonte di informazione per tutti coloro che hanno a che fare con casi simili o analoghi.

Ovviamente per evidenti motivi di riservatezza ometterò il nome delle persone che mi hanno chiesto chiarimenti e delle aziende coinvolte.

In questo caso, vista la lunghezza e la complessità dell’argomento, dividerò il documento in due parti.

La prima (questa) è relativa a:

  • responsabilità della esecuzione sorveglianza sanitaria;
  • lavoratori soggetti a sorveglianza sanitaria.

La seconda (che pubblicherò nella prossima newsletter) sarà relativa a:

  • programmazione e periodicità della sorveglianza sanitaria;
  • numero e requisiti dei medici competenti;

Marco Spezia

 

 

QUESITO

 

Ciao Marco,

ho bisogno, per favore, di alcuni chiarimenti sulla visita medica periodica.

Innanzitutto la visita periodica deve riguardare tutti i lavoratori che appartengono alla stessa mansione?

Come si può individuare la periodicità della sorveglianza sanitaria periodica; con l’anno solare, con la data della visita o in quale altro modo?

E’ poi possibile che la visita medica non sia eseguita sempre dal medesimo medico? E’ possibile che la mia azienda abbia più medici e che requisiti devono avere?

Aspetto il tuo prezioso aiuto.

Grazie.
 

RISPOSTA

 

Ciao,

Secondo quanto stabilito dal D.Lgs.81/08 e successive modifiche e integrazioni (Testo Unico sulla sicurezza, nel seguito “Decreto”), la visita periodica viene definita dal medico competente sulla base del profilo di rischio della mansione lavorativa. Quindi a parità di mansione e di rischi, tutti i lavoratori di quella mansione devono essere sottoposti alle medesime visite.

Semmai il medico può decidere, sulla base della storia clinica del lavoratore o di altri fattori quali il genere e l’età, di integrare la visita con altri accertamenti.

La periodicità (di norma annuale) vale dall’ultima visita fatta e ciò viene formalizzato dal medico competente all’interno della cartella sanitaria e del giudizio di idoneità del singolo lavoratore.

E’ obbligo del datore di lavoro o del dirigente (non del medico) avviare i lavoratori alle visite. Cioè deve essere il datore di lavoro (o il dirigente) a programmare con il medico il calendario delle visite e comunicarlo poi ai lavoratori.

Infine il medico competente può avvalersi di uno o più collaboratori, purché essi siano ufficialmente designati dal datore di lavoro (o dal dirigente) e abbiano i requisiti richiesti dal Decreto.

 

Nel seguito citerò i riferimento normativi che portano alle affermazioni di cui sopra.

 

 

RESPONSABILITA’ DELLA ESECUZIONE SORVEGLIANZA SANITARIA

 

A livello generale la sorveglianza sanitaria costituisce una fondamentale misura di prevenzione, tanto che rientra tra le misure generali di tutela stabilite dal Decreto all’articolo 15, comma 1, lettera l):

Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono:

[…]

il controllo sanitario dei lavoratori;

[…]”.

La sorveglianza sanitaria ha il duplice scopo di verificare l’idoneità psico-fisica del lavoratore in relazione ai rischi presenti all’interno della sua mansione lavorativa e di individuare al loro sorgere, i possibili sintomi di malattia professionale, per impedire che essa si evolva negativamente per il lavoratore.

 

La sorveglianza sanitaria è un processo che vede coinvolti, ognuno per la parte di propria competenza e responsabilità, sia il datore di lavoro o i dirigenti, sia il medico competente.

 

L’esecuzione della sorveglianza sanitaria, secondo il principio di cui all’articolo 15 è obbligo a carico del datore di lavoro o dei dirigenti, che si avvalgono in tale adempimento della collaborazione del medico competente.

 

Primo obbligo fondamentale in tal senso, a carico del datore di lavoro o dei dirigenti, è la nomina del medico competente, sancito dall’articolo 18, comma 1, lettera a) del Decreto:

Il datore di lavoro […] e i dirigenti […] devono nominare il medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal presente decreto legislativo”.

 

I casi previsti dal Decreto sono i seguenti:

  • attività lavorative con significativa movimentazione manuale dei carichi (Titolo VI, articolo 168);
  • utilizzo di videoterminali per più di 20 ore a settimana (Titolo VII, articolo 176);
  • esposizione significativa a ultrasuoni, infrasuoni, microclima, atmosfere iperbariche (Titolo VIII Capo I articolo 185)
  • esposizione a rumore sopra i valori superiori di azione (Titolo VIII Capo II, articolo 196);
  • esposizione a vibrazioni per il corpo intero o per il sistema mano-braccio sopra i valori di azione (Titolo VIII Capo III, articolo 204);
  • esposizione a campi elettromagnetici a bassa o ad alta frequenza sopra i valori di azione (Titolo VIII Capo IV, articolo 211);
  • esposizione a radiazioni ottiche artificiali sopra i valori di azione (Titolo VIII Capo V, articolo 211);
  • esposizione ad agenti chimici pericolosi con rischio rilevante per la salute (Titolo IX Capo I, articolo 229);
  • esposizione ad agenti cancerogeni (Titolo IX Capo II, articolo 242);
  • esposizione all’amianto (Titolo IX Capo III, articolo 259);
  • esposizione ad agenti biologici se necessario a seguito della valutazione del rischio (Titolo X Capo I, articolo 279);
  • rischio di ferite da taglio e da punta se necessario a seguito della valutazione del rischio (Titolo X-bis, articolo 286-sexie, comma 1, lettera e)).

 

Pertanto in tutti i casi citati sopra e richiamati dai vari articoli del Decreto, il datore di lavoro o i dirigenti hanno l’obbligo di nominare il medico competente per l’esecuzione della sorveglianza sanitaria.

Il mancato adempimento di tale obbligo da parte del datore di lavoro o dei dirigenti è sanzionato penalmente dall’articolo 55, comma 5, lettera d) del Decreto con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.500 a 6.000 euro.

 

Obbligo del medico competente, come vedremo nel seguito, è la definizione del protocollo di sorveglianza sanitaria e della periodicità dei relativi accertamenti sanitari e visite mediche.

Una volta definita la periodicità delle visite, è invece obbligo del datore di lavoro o dei dirigenti avviare i lavoratori alle visite stesse, ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera g) del Decreto:

Il datore di lavoro […] e i dirigenti […] devono inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente decreto”.

Il mancato adempimento di tale obbligo da parte del datore di lavoro o dei dirigenti è sanzionato penalmente dall’articolo 55, comma 5, lettera e) del Decreto con l’ammenda da 2.000 a 4.000 euro.

 

Va osservato che, ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera g) sopra citato, a carico del datore di lavoro o dei dirigenti vi è anche l’obbligo di richiedere la medico competente (possibilmente formalmente, cioè con specifica lettera di incarico) il rispetto degli obblighi al lui imposti dal Decreto e in particolare dall’articolo 25 del Decreto.

 

 

LAVORATORI SOGGETTI A SORVEGLIANZA SANITARIA

 

Una volta nominato dall’azienda, il medico competente ha l’obbligo di definire, in funzione dei rischi a cui sono sottoposti i lavoratori della azienda stessa, il protocollo di sorveglianza sanitaria, cioè l’insieme di visite e di accertamenti a cui sottoporre i lavoratori per monitorarne lo stato di salute e definirne o meno l’idoneità psico-fisica alla mansione a cui essi sono chiamati.

Tale obbligo è sancito dall’articolo 25, comma 1, lettera b) del Decreto:

Il medico competente programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati”.

 

Come prescritto dall’articolo 25, comma 1, lettera b) del Decreto la sorveglianza sanitaria deve essere definita dal medico competente “in funzione dei rischi specifici” per la salute a cui sono sottoposti i lavoratori.

 

Il medico competente è a conoscenza dei rischi specifici per la salute per due motivi sanciti dal Decreto.

Il primo è che, ai sensi dell’articolo 25, comma 1, lettera a) del Decreto

Il medico competente collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori […]”.

Pertanto il medico competente è parte attiva nella individuazione dei rischi per la salute a cui sono sottoposti i lavoratori, collaborando in tale attività con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione.

Ciò costituisce obbligo a carico del medico competente, il cui mancato adempimento è punito dall’articolo 58, comma 1, lettera c) con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 400 a 1.600 euro.

Il secondo motivo è che, ai sensi dell’articolo 18, comma 2, lettera a) del Decreto:

Il datore di lavoro [o il dirigente] fornisce al servizio di prevenzione e protezione e al medico competente informazioni in merito alla natura dei rischi”.

Pertanto, al di là della partecipazione al processo di valutazione dei rischi, il medico competente deve essere informato da datore di lavoro o dirigenti sui rischi per la salute esistenti per le varie mansioni lavorative.

 

Poiché la sorveglianza sanitaria, ai sensi dell’articolo 25, comma 1, lettera b) del Decreto, deve essere definita dal medico competente in funzione dei rischi specifici di ciascuna mansione, le visite mediche e gli accertamenti sanitari definiti dal medico per ogni singola mansione devono essere effettuate su tutti i lavoratori appartenenti a quella mansione.

 

Il medico competente può però, sempre tenendo conto degli “indirizzi scientifici più avanzati”, modificare la sorveglianza sanitaria, prescrivendo visite specialistiche e ulteriori accertamenti, in funzione sia della storia clinica del lavoratore, sia di fattori specifici che influenza la percezione del singolo lavoratore dei rischi a cui è sottoposto.

 

Infatti, secondo quanto disposto dall’articolo 28, comma 1 del Decreto, nel processo di valutazione dei rischi il datore di lavoro (con la collaborazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e del medico competente), deve tenere conto dei rischi particolari “riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza […] nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro”.

 

Pertanto il medico competente dovrà personalizzare la sorveglianza sanitaria per ogni singolo lavoratore, tenendo in debita considerazione dei fattori sopra citati.

 

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AGRICOLTURA E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO

 

Da Rivista Agraria

http://www.rivistadiagraria.org

15 gennaio 2015

di Michele Piccioni (*)

 

INTRODUZIONE

 

L’agricoltura fin dalle origini ha costituito per l’uomo una risorsa economica e lavorativa importante.

L’agricoltura e l’edilizia costituiscono i settori in cui si riscontrano il numero maggiore di infortuni, sia essi di carattere generale che di natura mortale.

In agricoltura a causa della varietà delle forme di conduzione di un’azienda agricola, la variabilità dei terreni, la sistemazione dei fabbricati e l’età lavorativa degli addetti danno origine a numerosi potenziali fattori di rischio.

 

TESTO UNICO SULLA SICUREZZA N. 81/2008

 

Il Testo Unico sulla Sicurezza n. 81/2008 secondo quanto è previsto dall’articolo 3, viene applicato a tutti i settori produttivi compreso quello agricolo, a tutte le tipologie di rischio e a tutti i lavoratori (esclusi i lavoratori domestici e familiari) ovvero:

  • lavoratori subordinati;
  • soci della società;
  • lavoratori autonomi che compiono specifiche opere o servizi;
  • componenti delle imprese familiari;
  • piccoli imprenditori;
  • coltivatori diretti.

 

Il Testo Unico sulla Sicurezza n. 81/2008 prevede alcune specifiche disposizioni che coinvolgono tipologie lavorative precedentemente escluse dalla precedente normativa o diversamente disciplinate in particolare:

  • coltivatori diretti (articolo 2083 del Codice Civile);
  • soci della società semplice attive nel settore agricolo.

 

COMPUTO DEI LAVORATORI

 

In relazione al numero dei lavoratori la norma prevede particolari obblighi, a tal fine alcune categorie di soggetti non sono considerati e sono:

  • i collaboratori familiari di cui all’articolo 230-bis del Codice Civile;
  • i soggetti beneficiari delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento;
  • gli allievi degli istituti di istruzione e universitari e i partecipanti ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, comprese le attrezzature munite di videoterminali;
  • i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato, ai sensi dell’articolo 1 del Decreto Legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in sostituzione di altri prestatori di lavoro assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro;
  • i lavoratori che svolgono prestazioni occasionali di tipo accessorio ai sensi degli articoli 70, e seguenti, del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, nonché prestazioni che esulano dal mercato del lavoro ai sensi dell’articolo 74 del medesimo Decreto;
  • i lavoratori di cui alla Legge 18 dicembre 1973, n. 877, ove la loro attività non sia svolta in forma esclusiva a favore del datore di lavoro committente;
  • i volontari, come definiti dalla Legge 11 agosto 1991, n. 266, i volontari del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile e i volontari che effettuano il servizio civile;
  • i lavoratori utilizzati nei lavori socialmente utili di cui al Decreto Legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni;
  • i lavoratori autonomi di cui all’articolo 2222 del Codice Civile;
  • i collaboratori coordinati e continuativi di cui all’articolo 409, primo comma, n. 3, del Codice di Procedura Civile, nonché i lavoratori a progetto di cui agli articoli 61 e seguenti del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, ove la loro attività non sia svolta in forma esclusiva a favore del committente;
  • i lavoratori in prova;
  • i lavoratori utilizzati mediante somministrazione di lavoro e i lavoratori assunti a tempo parziale, si computano sulla base del numero di ore di lavoro effettivamente prestato nell’arco di un semestre.

 

Il numero degli operai impiegati a tempo determinato, anche stagionali (le aziende che impiegano i lavoratori stagionali che svolgono presso la stessa azienda un numero di giornate non superiore a cinquanta nell’anno, limitatamente a lavorazioni generiche e semplici non richiedenti specifici requisiti professionali e che impiegano lavoratori occasionali che svolgono prestazioni di lavoro accessorio di cui all’articolo 70 e seguenti del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276, che svolgano attività di carattere stagionale nelle imprese agricole sono esentati dagli adempimenti obbligatori per chi ha lavoratori dipendenti, quindi rimangono in un regime semplificato), nel settore agricolo si computa per frazioni di unità lavorative anno (ULA) come individuate sulla base della normativa comunitaria.

 

ISTITUZIONI E SICUREZZA

 

Le istituzioni coinvolte a vario tiolo in materia di sicurezza sono:

  • Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
  • Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro;
  • Comitati regionali di coordinamento;
  • Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro;
  • Enti pubblici aventi compiti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;
  • Regioni, Province e Province Autonome;
  • Forze di polizia e Vigili del Fuoco;
  • Aziende Sanitarie Locali territorialmente competenti.

 

LE FIGURE PROFESSIONALI DELLA SICUREZZA

 

Con il Testo Unico n. 81/2008 all’interno di ogni Azienda sono stati individuati una serie di soggetti ai quali sono assegnati precisi compiti in materia di sicurezza:

il datore di lavoro;

il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP);

il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza aziendale (RLS) o territoriale (RLST);

il medico competente;

il dirigente ed il preposto;

il lavoratore;

gli addetti ai “compiti speciali” (antincendio, gestione emergenze, primo soccorso).

 

IL DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI

 

Il Testo Unico n. 81/2008 individua inoltre nella “valutazione dei rischi” e nel relativo documento lo strumento operativo per la gestione dell’igiene e della sicurezza in azienda.

La valutazione dei rischi deve individuare tutti i rischi per la salute e la sicurezza a cui possono essere esposti i lavoratori.

 

Il documento di valutazione dei rischi (DVR) deve contenere:

  • una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza durante il lavoro, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa: semplicità, brevità, comprensibilità;
  • l’individuazione delle misure di prevenzione e protezione attuate;
  • l’individuazione dei dispositivi individuali di protezione;
  • il programma delle misure di miglioramento da adottare nel tempo, individuandone i tempi di attuazione e le figure responsabili dell’attuazione;
  • l’indicazione del nominativo del responsabile del servizio prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza aziendale o territoriale e del medico competente;
  • l’individuazione delle mansioni che espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione ed addestramento (ad esempio l’impiego di prodotti fitosanitari molto tossici, tossici e nocivi, l’utilizzo di piattaforme aeree, ecc.).

 

I rischi di cui tenere conto del DVR sono i seguenti:

  • rischio connesso ai luoghi di lavoro;
  • rischio da movimentazione manuale dei carichi;
  • rischio da esposizione ad agenti fisici;
  • rischio da esposizione a sostanze pericolose;
  • rischio da esposizione ad agenti biologici;
  • rischio da esposizione ad atmosfere esplosive;
  • rischio da stress lavoro correlato;
  • rischio connesso allo stato di gravidanza;
  • rischi connessi alla differenza di genere, di età e di provenienza da paesi diversi;
  • rischio connesso all’uso delle attrezzature di lavoro.

 

ASPETTI SPECIFICI DEL SETTORE AGRICOLO E ZOOTECNICO

 

In agricoltura il rischio infortunistico in particolare è legato all’uso di macchine agricole soprattutto all’uso improprio che ne viene fatto.

Gli infortuni maggiori che si verificano sono dovuti ai serbatoi di olio combustibile in agricoltura e allo stoccaggio di merci con particolare riferimento a foraggi, mangimi e cereali.

Per quanto riguarda l’uso di serbatoi di olio combustibile la normativa stabilisce che le aziende agricole possono installare ed utilizzare contenitori-distributori mobili per olio combustibile all’interno dell’azienda stessa.

Tuttavia il contenitore-distributore deve possedere precise caratteristiche:

  • può contenere al massimo 9.000 litri;
  • deve essere “di tipo approvato” dal Ministero dell’interno;
  • deve essere provvisto di bacino di contenimento di capacità non inferiore alla metà della capacità geometrica del contenitore, di tettoia di protezione dagli agenti atmosferici realizzata in materiale non combustibile e di idonea messa a terra;
  • deve essere contornato da un’area, avente una profondità non minore di 3 m, completamente sgombra e priva di vegetazione che possa costituire pericolo di incendio;
  • in prossimità dell’impianto devono essere installati almeno tre estintori portatili idonei;
  • gli impianti e le apparecchiature elettriche devono essere realizzate in conformità della legge.

Tutto il personale addetto all’approvvigionamento del combustibile deve ricevere un’adeguata formazione sui rischi specifici che comporta lo svolgimento di tale attività e il datore di lavoro deve garantire che venga valutato il rischio chimico per questa mansione specifica e che siano presenti e rispettate opportune procedure operative.

 

L’ultimo rischio è rappresentato dallo stoccaggio delle merci con particolare riferimento a foraggi, mangimi e cereali.

E’ consigliabile il rispetto di una serie di regole nel momento in cui si svolgono attività connesse allo stoccaggio delle merci:

  • proteggersi con mascherine ed occhiali per evitare l’inalazione e l’irritazione degli occhi da parte di materiali pulverulenti;
  • stoccare le balle e rotoballe in modo ordinato tenendo conto della possibilità di caduta della stesse;
  • accatastare le balle e rotoballe a “colonna” fino ad un massimo di 3 piani per evitare che queste cadano improvvisamente e travolgano l’operatore; per stoccaggi superiori ai 4 piani utilizzare cavi rompitratta;
  • accatastare le rotoballe “a rotoli”, cioè appoggiandole a terra per il bordo curvo, ponendo dei cunei sui lati esterni per evitarne il rotolamento;
  • usare il caricatore (frontale o posteriore) solo su una trattrice dotata di cabina, telaio o arco di protezione. Infilare le forche direttamente nella parte basale delle rotoballe oppure impiegare dispositivi a pinza;
  • accertare che non vi siano altre persone nel raggio di azione del caricatore;
  • non fumare o accendere fuochi nelle aree di stoccaggio di paglia, foraggi e mangimi, verificando la presenza di un estintore per la prevenzione degli incendi;
  • usare carri miscelatori-desilatori facendo attenzione a non operare vicino agli organi in movimento.

 

Nelle aziende agricole e zootecniche che occupano fino a 30 lavoratori, il datore di lavoro può svolgere direttamente il ruolo di responsabile del servizio prevenzione e protezione, di addetto al primo soccorso, di addetto alla prevenzione incendi ed all’evacuazione. Deve comunque frequentare gli specifici corsi di formazione previsti dalla normativa ed i relativi periodici aggiornamenti.

 

Le imprese a carattere familiare, i coltivatori diretti del fondo, i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi non sono soggetti a tutti gli obblighi normativi finora descritti, ma devono utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al titolo III del Testo Unico n. 81/2008.

 

Nel settore agricolo i cicli di lavoro sono caratterizzati da una prevalenza di manodopera familiare, o al limite si ricorre a lavoratori esterni al contesto familiare in determinati periodi dell’anno e in relazione a particolari operazioni agricole.

 

(*)

Michele Piccioni (piccioni_michele@libero.it), laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Camerino, ha conseguito successivamente un Master in Diritto Economia e Tecnologie Informatiche e una Specializzazione in Diritto Civile. Attualmente è docente presso diverse Scuole Superiori della Provincia di Macerata.

 

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VIGILANZA E COMPETENZE: L’AGENZIA UNICA DELLE ISPEZIONI DEL LAVORO

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

15 gennaio 2015

di Massimo Peca

 

Lo “stato dell’arte” della “Agenzia unica delle ispezioni del lavoro” in relazione alle probabili competenze sulla salute e sicurezza dei lavoratori.

 

Uno dei compiti di un giornale di informazione non è solo quello di presentare notizie o raccogliere utili strumenti per i propri lettori, ma anche quello di favorire il dibattito su temi rilevanti.

E sicuramente rilevante è il tema delle competenze in materia di salute e sicurezza, ancor più se in connessione al tema dell’attività di vigilanza e all’attualità della normativa più recente.

Su questo tema riceviamo e volentieri pubblichiamo un contributo di Massimo Peca, ispettore tecnico dell’Unità operativa vigilanza tecnica della Direzione Territoriale del Lavoro di Vicenza.

 

La Legge delega di riforma del lavoro (10 dicembre 2014, n. 183), presentata in Senato il 3 aprile 2014 e recentemente entrata in vigore, assegna al Governo, tra gli altri, il compito di istituire una Agenzia unica delle ispezioni del lavoro o potenziare il coordinamento tra le DTL/DRL del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l’INPS, l’INAIL, i servizi ispettivi per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori delle ASL (SPSAL) e ARPA (SIA).

Esattamente, il testo normativo del comma 7 e della lettera l) recita:

“Allo scopo di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione, nonché di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo e di rendere più efficiente l’attività ispettiva, il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente Legge, uno o più decreti legislativi, di cui uno recante un testo organico semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi, in coerenza con la regolazione dell’Unione europea e le convenzioni internazionali: razionalizzazione e semplificazione dell’attività ispettiva, attraverso misure di coordinamento ovvero attraverso l’istituzione, ai sensi dell’articolo 8 del Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n. 300, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, di una Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, tramite l’integrazione in un’unica struttura dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell’INPS e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), prevedendo strumenti e forme di coordinamento con i servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali e delle Agenzie regionali per la protezione ambientale”.

Dalla lettura del testo anzidetto, appare evidente che, mentre nel caso in cui venisse realizzata l’Agenzia, questa potrebbe interessare solo le funzioni ispettive dell’INPS e dell’INAIL, per quanto riguarda le attività ispettive descritte delle ASL e ARPA (circa 250 in tutto), la Legge delega (e di conseguenza il Decreto Legislativo che ne deriverebbe) prevede solo delle “forme di coordinamento” e quindi tali funzioni non potrebbero essere ricomprese tra i compiti dell’Agenzia, se verrà realizzata. Ciò a causa del vincolo posto dal Parlamento al Governo.

Lo stesso Governo Renzi ha presentato l’8 aprile 2014 al Senato, il disegno di legge costituzionale S1429 per la riforma del titolo V della Costituzione. Per quanto d’interesse in questa trattazione, la modifica dell’articolo 117 della Costituzione predisposta dal Governo prevedeva la seguente formulazione: “Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie e funzioni: […] norme generali per la tutela […] e sicurezza del lavoro”. Il testo licenziato dal Senato e ora in discussione alla Camera (C2613) è stato privato della parola “funzioni”, sebbene sia stato emendato nelle varie commissioni affari costituzionali.

Seppure il percorso della riforma costituzionale dell’articolo 117 non si sia ancora concluso, è importante rilevare dalla lettura del testo originario del Governo, che l’intenzione dello stesso parrebbe essere quella di creare i presupposti normativi costituzionali per riportare alla competenza esclusiva dello Stato non solo l’importantissima ed esclusiva potestà legislativa relativa alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, ma anche quella delle “funzioni” ad essa connessa, cioè l’attività di vigilanza a parere di chi scrive. Ben più pregnante, impegnativa e profondamente riformatrice dell’apparato pubblico ad essa destinato: principalmente ASL e ARPA. Le date di trasmissione dei due disegni di legge sono sintomatiche.

Orbene, seppure la riforma dell’articolo 117 della Costituzione tornasse nella sua precedente formulazione, cioè ricomprendendo anche le “funzioni”, queste sarebbero impossibili da esercitare se non previa modifica, sia della Legge delega appena approvata (n. 183 del 2014), che del conseguente Decreto Legislativo, perché esulerebbero dai vincoli “imposti” dal Parlamento. O meglio, sarebbe più opportuno parlare di vincoli “votati” dal Parlamento.

Sarebbe importante che l’obiettivo della riforma legislativa in atto fosse quello di ricondurre alla gestione unitaria dell’Agenzia, tutte le competenze frazionate in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro già assegnate ai Ministeri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, dello sviluppo economico, della difesa per la parte di competenza sulle funzioni delle Capitanerie di porto in merito alla navigazione civile, al Servizio sanitario nazionale, alle ARPA, alle Regioni direttamente o alle Province e pertanto dovrebbero essere ricondotte all’Agenzia anche i compiti svolti da organismi regionali o statali relativi a:

  • porti e navigazione delle navi mercantili e da pesca;
  • ferrovie e aeroporti;
  • industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee, torbiere;
  • acque minerali e termali;
  • radiazioni ionizzanti in ambito sanitario.

Si evidenzia come l’Agenzia così definita, esercitando i compiti già assegnati ad altri organi pubblici, statali o locali, riunirebbe in un unico soggetto una molteplicità di funzioni che attualmente sono sovrapponibili con quelle già presenti in alcune direzioni generali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Per tale ragione, il Ministero di riferimento non avrebbe più la necessità di contenere al suo interno la Direzione generale dell’attività ispettiva, le divisioni II e VI della Direzione generale delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro, similmente per gli altri Ministeri indicati. In termini generali, i principali compiti specifici dell’Agenzia, relativamente agli aspetti della salute e sicurezza dei lavoratori, sono ben delineati negli articoli 5, 6 e 7 del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

 

Questa sarebbe una vera riforma di una parte della pubblica amministrazione che consentirebbe di affrontare in modo decisivo ed organico i 2.282.000 tra malattie professionali e a esse assimilate degli ultimi 12 mesi (di cui tra i 700 e 900 causano la morte – dato sottostimato) rispetto ai “soli” 714.000 infortuni dello stesso periodo, di cui 833 mortali (INAIL – ultimo rapporto). Nel nostro Paese, una stima prudenziale del 4% di tutte le morti per neoplasie, porterebbe a quantificare in 6.400 l’anno quelle di origine lavorativa (Ultimo Piano sanitario nazionale).

Se si considera che l’INAIL assicura solo i 2/3 della forza lavoro del nostro Paese, rispetto agli 8.000.000 non assicurati, tra cui si stimano 3.000.000 di lavoratori irregolari, si capisce come l’immenso e frammentato apparato pubblico di controllo si perda in molti rivoli e sia del tutto inadeguato ad affrontare la situazione gravissima che ci contraddistingue rispetto al resto del mondo, sia per le competenze ripartite tra i vari organi di controllo, che per i dati allarmanti facilmente reperibili nell’apposito data base dell’ILO (International Labour Organizzation) in cui è possibile confrontare i nostri con quelli degli altri Paesi, da cui si evince che, per quanto riguarda gli infortuni mortali il rapporto tra Italia e resto del mondo è del 238% e tra Italia e resto della UE è del 542%.

 

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CHECK LIST PER APPARECCHI DI SOLLEVAMENTO MATERIALI DI TIPO MOBILE

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

16 gennaio 2015

 

Un documento INAIL riporta quattro liste di controllo per apparecchi di sollevamento di tipo mobile. Lista dei controlli a carico del conduttore di gru, del personale di manutenzione, del tecnico esperto e dell’imbracatore.

 

Secondo quanto indicato all’articolo 71, comma 8, del D.Lgs.81/08, il datore di lavoro ha l’obbligo di effettuare (secondo le indicazioni fornite dai fabbricanti ovvero, in assenza di queste, dalle pertinenti norme tecniche o dalle buone prassi o da linee guida) precisi controlli delle attrezzature di lavoro per assicurarne la sicurezza e il buon funzionamento.

Per definire con precisione gli interventi di controllo da condurre (a carattere volontario) sulle attrezzature di sollevamento già in uso e sui relativi accessori di sollevamento (ove non siano disponibili le istruzioni del fabbricante) l’INAIL ha prodotto (con la collaborazione di Aisem, Ance, Anfia, Anima, Confindustria, Coordinamento tecnico interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro, Ministero del lavoro e delle politiche sociali e UCoMESA) diversi documenti tecnici.

Ad esempio nel documento “Schede per la definizione di piani per i controlli di apparecchi di sollevamento materiali di tipo mobile e relativi accessori di sollevamento (articolo 71, comma 8 D.Lgs.81/08)” sono presenti precise informazioni relative ai controlli sulle attrezzature di sollevamento materiali di tipo mobile, alla loro frequenza e alle persone che devono eseguirli.

 

Per fornire uno strumento di supporto per le diverse figure coinvolte nei controlli, presentiamo oggi il contenuto dell’appendice A del documento, una breve raccolta di check list che riassumono le ispezioni da condurre in base alla periodicità con le quali sono effettuate (giornaliere, frequenti, periodiche).

Nell’appendice dal titolo “Liste di controllo per apparecchi di sollevamento di tipo mobile (articolo 71, comma 8 D.Lgs.81/08)” sono presenti quattro liste di controllo:

  • lista dei controlli a carico del conduttore di gru: il conduttore di gru (identificabile con l’operatore di cui all’articolo 69 del D.Lgs.81/08) è la persona che fa funzionare la gru al fine di posizionare dei carichi; è responsabile della manovra corretta dell’attrezzatura: deve essere adeguatamente addestrato per la specifica tipologia di gru e avere una sufficiente conoscenza adella gru, dei suoi comandi e dei suoi dispositivi di sicurezza (norm EN 12480-1);
  • lista dei controlli a carico del personale di manutenzione: il personale di manutenzione (identificabile con l’operatore di cui all’articolo 69 del D.Lgs.81/08 se specificatamente qualificato secondo quanto previsto all’articolo 71, comma 7) è il personale responsabile della manutenzione della gru e del suo sicuro e soddisfacente funzionamento; è tenuto a effettuare ogni manutenzione necessaria; deve avere piena familiarità con l’attrezzatura e i rischi che essa presenta e con le procedure di intervento previste (norma EN 12480-1);
  • lista dei controlli a carico del tecnico esperto: il tecnico esperto (identificabile con l’operatore di cui all’articolo 69 del D.Lgs.81/08 se in possesso delle competenze necessarie come previsto all’articolo 71, comma 8) è la persona che, per la sua preparazione ed esperienza, possiede capacità e conoscenze nel campo delle gru e sufficiente familiarità con le principali regolamentazioni per poter determinare eventuali scostamenti dalle condizioni previste (norma ISO 9927);
  • lista dei controlli a carico dell’imbracatore: l’imbracatore (identificabile con l’operatore di cui all’articolo 69 del D.Lgs.81/08) è responsabile dell’attacco e dello sgancio del carico al e dall’organo di presa della gru, così pure dell’utilizzo della corretta attrezzatura di sollevamento in conformità con la pianificazione della manovra per il buon posizionamento dei carichi (norma EN 12480-1).

A titolo esemplificativo ci soffermiamo oggi in particolare sulla check list per le ispezioni giornaliere a carico del conduttore di gru.

La scheda riporta l’oggetto del controllo, la modalità di controllo e un spazio bianco per riportare l’esito.

Questi i controlli generali segnalati:

  • gru nel suo insieme: controlli generali della funzionalità e dell’assenza di rumorosità anomale, deformazioni e usure;
  • segnali e pittogrammi, cartelli e targhe: controlli dell’integrità e della leggibilità;
  • pneumatici e cingoli: controllo di integrità e del grado di usura;
  • dispositivi di traslazione, sterzo e frenatura: controllo funzionale e di integrità;
  • equipaggiamenti elettrici, dispositivi indicatori e di illuminazione: controlli generali della funzionalità;
  • equipaggiamenti idraulici: controlli generali della funzionalità e dell’integrità delle tubazioni;
  • equipaggiamenti pneumatici (applicabile solo alle gru mobili): controlli generali della funzionalità;
  • dispositivi di comando e controllo (compresi radiocomando, postazione comando stabilizzatori, segnalazioni acustiche e luminose, arresto di emergenza e/o pulsante di stop): controlli generali della funzionalità;
  • posti di comando, cabine e relativi accessi: controllo della pulizia, dell’accessibilità e dell’integrità;
  • limitatori di carico elettrici, elettronici e idraulici (ove presenti): controllo efficienza;
  • gancio di sollevamento o organi di presa diversi dal gancio (applicabile solo alle gru su autocarro) purché siano parte integrante dell’attrezzatura di sollevamento: controllo dell’efficienza dei dispositivi contro lo sganciamento accidentale o di ritenuta del carico in assenza di forza motrice.

I controlli relativi a stabilizzatori e contrappesi sono:

stabilizzatori e relative valvole, piattelli: controllo efficienza ed integrità;

  • dispositivi di bloccaggio degli stabilizzatori: controllo efficienza ed integrità;
  • contrappesi e relative strutture di sostegno: controllo integrità;
  • perno di sicurezza bloccaggio stabilizzatori (ove presente): controllo efficienza.

I controlli relativi a unità di rotazione colonna /torretta sono:

  • stabilizzatori e relative valvole, piattelli: controllo efficienza ed integrità;
  • finecorsa di rotazione: controlli generali della funzionalità;
  • freno di rotazione: controlli generali della funzionalità;
  • pattini di scorrimento: controllo efficienza;
  • perno di sicurezza bloccaggio torretta (ove presente): controllo efficienza.

I controlli relativi al gruppo bracci sono:

  • carrucole testa braccio, perni e boccole: controllo efficienza.

I controlli relativi alla unità di sollevamento (ove presente) sono:

  • motori di sollevamento: controlli generali della funzionalità e dell’assenza di rumorosità anomale;
  • freno di sollevamento: controlli generali della funzionalità;
  • finecorsa di sollevamento: controlli generali della funzionalità;
  • funi di sollevamento: controllo dell’assenza di deformazioni apprezzabili;
  • dispositivo di sicurezza anti-scarrucolamento: controllo integrità.

I controlli relativi agli accessori di sollevamento sono:

  • segnali, pittogrammi e targhe: controllo integrità e leggibilità;
  • pulsantiera di comando comprese segnalazioni acustiche e luminose (ove presenti): controlli generali della funzionalità;
  • freno (ove presente): controlli generali della funzionalità;
  • equipaggiamenti elettrici (ove presenti): controlli generali della funzionalità;
  • equipaggiamenti idraulici/pneumatici (ove presenti): controlli generali della funzionalità e dell’integrità delle tubazioni.

Concludiamo riportando le indicazioni sui controlli giornalieri da eseguire sugli accessori di sollevamento:

  • elementi di sospensione (funi, brache catene, manicotti, ecc.): controllo dell’assenza di deformazioni apprezzabili;
  • elementi di giunzione (campanelle, capicorda, grilli, perni, funi, bretelle, ecc.): controllo dell’assenza di deformazioni apprezzabili;
  • organi di presa (ganci, golfari, magneti, pinze, ecc.): controllo efficienza dispositivi contro lo sganciamento accidentale o di ritenuta del carico in assenza di forza motrice.

Il documento dell’INAIL, Settore Ricerca Certificazione e Verifica, Dipartimento Tecnologie di Sicurezza (DTS), Dipartimento Certificazione e Conformità di prodotti e impianti (DCC) “Schede per la definizione di piani per i controlli di apparecchi di sollevamento materiali di tipo mobile e relativi accessori di sollevamento (articolo 71, comma 8 D.Lgs.81/08)” è scaricabile all’indirizzo:

http://www.inail.it/internet_web/wcm/idc/groups/internet/documents/document/ucm_143560.pdf

mentre le appendici a tale documento sono scaricabili all’indirizzo:

http://www.inail.it/internet_web/wcm/idc/groups/internet/documents/document/ucm_143559.pdf

 

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INTERPELLO: UNA PRECISAZIONE SU RLS E RAPPRESENTANZE SINDACALI

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

17 gennaio 2015

di Tiziano Menduto

 

Una precisazione della Commissione Interpelli relativa all’Interpello n. 20/2014 sulla possibilità per le aziende con più di 15 lavoratori di poter eleggere RLS non facenti parte delle rappresentanze sindacali aziendali.

 

Non sempre le risposte della Commissione Interpelli, prevista dall’articolo 12, comma 2 del D.Lgs.81/08, risolvono adeguatamente o completamente i dubbi, i quesiti posti dagli organismi/enti che possono inviare istanza di interpello (organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, consigli nazionali degli ordini o collegi professionali).

E così è stato per l’Interpello n. 20/2014 del 6 ottobre 2014 che rispondeva a un quesito posto dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e che ha richiesto un ulteriore chiarimento inviato allo stesso Consiglio Nazionale il 31 dicembre 2014.

 

Ricordiamo brevemente che l’interpello, tra i tanti pubblicati in questi anni per chiarire le indicazioni normative relative alla figura del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), si soffermava sul quesito relativo alla possibilità per le aziende con più di 15 lavoratori di poter eleggere o meno degli RLS non facenti parte delle rappresentanze sindacali aziendali, con particolare riferimento all’articolo 47, comma 4, del D.Lgs.81/08.

Nell’istanza di interpello il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro aveva chiesto di sapere “[…] se per le imprese con più di 15 lavoratori sia consentita l’elezione o la designazione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza esclusivamente tra i componenti delle Rappresentanze Sindacali Aziendali, o se diversamente l’elezione possa riguardare anche lavoratori non facenti parte delle Rappresentanze Sindacali Aziendali (ferma restando la designazione in caso di mancato esercizio del diritto di voto)”.

E la Commissione in risposta aveva sottolineato che “la scelta operata dal legislatore, per le aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori, è quella di individuare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nell’ambito delle rappresentanze sindacali aziendali”.

E aveva continuato indicando che “come espressamente previsto dall’articolo 47, comma 4 secondo periodo, del Decreto in parola, l’eleggibilità del Rappresentate, fra i lavoratori non appartenenti alle RSA, opera esclusivamente laddove non sia presente una rappresentanza sindacale a norma dell’articolo 19 della Legge 300/70”, cioè dello Statuto dei Lavoratori.

Ricordiamo brevemente il contenuto del quarto comma dell’articolo 47 del D.Lgs.81/08:

“Articolo 47 – Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

(…)

  1. Nelle aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell’ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, il rappresentante è eletto dai lavoratori della azienda al loro interno.

(…)”.

Veniamo ora alle nuove Precisazioni dell’interpello n. 20/2014 del 06/10/14, inviate (insieme a un nuovo gruppo di interpelli) il 31 dicembre 2014.

La Commissione indica che a seguito della risposta all’interpello sicurezza n. 20/2014 relativo alla corretta interpretazione dell’articolo 47, comma 4, del D.Lgs.81/08, la Commissione ha ritenuto di inviare una precisazione relativa alle “rappresentanze sindacali aziendali”.

In particolare la Commissione si sofferma sulle possibili forme di tale rappresentanza.

Infatti indica che “la scelta operata dal legislatore, per le aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori, é quella di individuare il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza nell’ambito delle rappresentanze sindacali in azienda, nelle diverse forme che non si esauriscono in quelle di cui all’articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori, demandando la regolamentazione delle modalità di elezione o designazione alla contrattazione collettiva di riferimento, che attualmente trova attuazione in numerosi accordi interconfederali nazionali che regolano la rappresentanza ai sensi del D.Lgs.81/08”.

Ricordiamo che il contenuto dell’articolo 19 della Legge 300/70 (relativa alle “Norme sulla tutela della libertà e dignità del lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nel luoghi di lavoro e norme sul collocamento”, il cosiddetto Statuto dei Lavoratori) ha avuto vita travagliata. Ad esempio è stato modificato dal D.P.R. 28 luglio 1995, n. 312 a seguito di Referendum popolare (ad esempio è stata tolta la lettera a), che faceva riferimento alle “associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale”).

E la Corte Costituzionale, con una sentenza del 2013, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 19, primo comma, lettera b) “nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita anche nell’ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell’azienda”.

Ritornando dunque alle “diverse forme” della rappresentanza sindacale indicate dalla Commissione, l’interpello si conclude indicando che come espressamente previsto dall’articolo 47, comma 4 del D.Lgs.81/08, “l’eleggibilità del Rappresentante, direttamente fra i lavoratori dell’azienda, opera esclusivamente laddove non sia presente una rappresentanza sindacale in azienda, in una delle diverse forme suddette”.

Il documento della Commissione per gli interpelli “Interpello n. 20/2014 con risposta del 6 ottobre 2014 al Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro” è scaricabile all’indirizzo:

http://www.lavoro.gov.it/AreaLavoro/saluteSicurezza/Documents/Interpello%2020-2014.pdf

 

Il documento della Commissione per gli interpelli “Precisazioni dell’interpello n. 20/2014 del 06 ottobre 2014” è scaricabile all’indirizzo:

http://www.lavoro.gov.it/AreaLavoro/saluteSicurezza/Documents/Interpello%2020-2014-Precisazioni.pdf

 

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COME FORMARE IN MATERIA DI SICUREZZA I LAVORATORI STRANIERI

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

di Tiziano Menduto

18 gennaio 2015

 

Una formazione efficace del lavoratore straniero è possibile solo se vi è una conoscenza basilare della lingua italiana. Una tesi si sofferma sulla formazione in materia di sicurezza sul lavoro con particolare riferimento alle conoscenze linguistiche.

 

PuntoSicuro si sofferma sempre volentieri sulle tesi universitarie che presentano lavori originali e utili per il miglioramento della prevenzione in Italia. Ancor più se queste tesi sono realizzate da persone con consolidate esperienze in materia prevenzionistica.

E’ il caso della tesi “La formazione in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro dei lavoratori stranieri nella provincia di Chieti: problematiche e soluzioni” realizzata dal dottor Alberto Munno nell’ambito del Master di primo livello in Tecnico della prevenzione presso l’ Università Telematica Pegaso.

 

Nella tesi si affronta in particolare il tema delle conoscenze linguistiche perché una formazione efficace del lavoratore straniero è possibile solo se vi è una conoscenza basilare della lingua italiana.

Lo scopo della tesi è infatti quello di illustrare i limiti dello strumento attualmente in uso e preliminare alla formazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, il test in italiano, utilizzato per verificare la conoscenza della lingua italiana da parte dei lavoratori immigrati ma, in realtà, inidoneo in quanto somministrato in maniera generalizzata. Attraverso la tesi di Alberto Munno si propongono soluzioni diverse che, tenuto conto dei paesi di provenienza e delle differenti tradizioni culturali dei soggetti destinatari dell’attività formativa, mirano in primis a verificare l’effettiva conoscenza della lingua italiana e, successivamente, ad applicare la materia prevenzionistica calandola nelle diverse realtà lavorative affinché la formazione erogata diventi uno strumento di prevenzione efficace.

Dopo aver presentato un utile panorama della presenza lavorativa dei lavoratori stranieri in Italia (anche con riferimento al Quarto Rapporto annuale “Gli immigrati nel mercato del lavoro in Italia”, curato dalla Direzione generale dell’Immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in collaborazione con varie altre realtà associative e istituzionali) la tesi ricorda quanto indica il D.Lgs.81/08 in materia di formazione.

Il comma 4 dell’articolo 36 specifica ad esempio che il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo.

Dopo aver presentato la struttura e le difficoltà applicative di un test di comprensione dell’italiano, preliminare a ogni attività formativa, l’autore della tesi ricorda come l’attività formativa per la sicurezza andrebbe vista come uno strumento che non solo promuove e divulga la cultura della tutela delle norme e l’importanza della prevenzione, ma rappresenta anche un indispensabile momento di condivisione di saperi, di investimento in conoscenza e di innovazione. E se i lavoratori immigrati vivono percorsi di vita discontinui, legati a cambiamenti molto forti determinati dallo sradicamento dal paese d’origine e dal tentativo di trovare una nuova cittadinanza all’interno di nuovi contesti sociali, sarebbe opportuno che la didattica che si rivolge innanzi tutto a degli adulti, ma anche giovani, presti attenzione al riconoscimento delle diversità dei lavoratori, delle loro esperienze, del background di appartenenza.

Inoltre la progettazione e la realizzazione di un corso formativo deve assicurare la comprensione ma, soprattutto, la memorizzazione dei contenuti della formazione ed informazione.

In particolare sarebbe opportuno attuare scelte didattiche che, affinché siano efficaci, optino per metodologie in grado di:

  • riprodurre, simulare, a diversi livelli, con un elevato livello di immersione, l’esperienza di lavoro e le situazioni di pericolo, concentrandosi sulla percezione del rischio;
  • favorire un utilizzo immediato e semplice del materiale didattico da parte del discente e flessibile, adattabile a tutte le tematiche della sicurezza, all’evolversi delle stesse nel tempo;
  • garantire percorsi innovativi e con un livello di attrattività, con utilizzo di diversi mezzi di comunicazione, diversi linguaggi simbolici e multimediali che si possano avvicinare all’esperienza e al contesto culturale dei discenti, spesso con una scarsa conoscenza della lingua italiana.

Insomma è necessario un approccio al tema che non sia solo di tipo tecnico e legislativo, ma che scommetta sulla qualità di un obbligo formativo inteso come capacità di aumentare la qualità del lavoro partendo dalle esigenze e dalle diversità dei lavoratori.

Il documento propone poi vari strumenti per favorire comprensione e apprendimento di tutti coloro che hanno difficoltà linguistiche (ad esempio anche attraverso la collaborazione di mediatori culturali o attraverso l’insegnamento della lingua italiana).

Infine dopo essersi soffermato sull’insegnamento dell’italiano nel mondo del lavoro, la tesi sottolinea che nel contesto dell’informazione e della formazione sulla sicurezza l’attivazione di percorsi di lingua italiana garantisce che il lavoratore comprenda meglio se stesso nella realtà organizzativa in cui è inserito. Inoltre, apprendere la lingua in azienda permette al lavoratore di vedere questo sforzo, che secondo il D.Lgs.81/08 deve essere effettuato in orario di lavoro, come finalizzato a un’attività concreta e fondamentale, attivando il meccanismo della motivazione. L’apprendente non è un ragazzo, ma più spesso un adulto e l’atteggiamento che ha verso la nuova lingua e le tappe della sua evoluzione dipendono anche dal valore e dal significato che ad essa conferisce.

La tesi si conclude ricordando che alfabetizzare consente di sviluppare la comunicazione verbale e far conoscere le principali caratteristiche dei codici non verbali in uso nella cultura italiana e in un determinato contesto lavorativo. Significa che il lavoratore ottiene le competenze per l’uso di strumenti espressivi verbali e non verbali sviluppando una sensibilità di tipo interlinguistico e interculturale utile per l’organizzazione e l’azienda.

Il documento “La formazione in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro dei lavoratori stranieri nella provincia di Chieti: problematiche e soluzioni”, tesi del dottor Alberto Munno è scaricabile all’indirizzo: http://www.puntosicuro.it/_resources/files/140601_Tesi_Munno_lavoratori%20stranieri.pdf

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