SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N.194 DEL 02/02/15

Ascolta con webReader

SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N.194 DEL 02/02/15

 

INDICE

  • Responsabilità e tempistiche della sorveglianza sanitaria – Seconda parte
  • FILCAMS CGIL Lombardia: Più autonomia per il medico competente
  • La collocazione aziendale del medico competente in relazione al servizio di prevenzione e protezione
  • Videoterminali: obblighi del datore di lavoro e attrezzature di lavoro
  • Pubblicato il Decreto attuativo per l’amministrazione della giustizia
  • Scale portatile: le istruzioni, la manutenzione e le risposte ai dubbi

 

Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste notizie a diffonderle in tutti i modi.

La diffusione è gradita e necessaria. L’obiettivo è quello di diffondere il più possibile la cultura della salute e della sicurezza e la consapevolezza dei diritti dei lavoratori a tale proposito.

L’unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la fonte.

 

Marco Spezia

ingegnere e tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro

Medicina Democratica

Progetto “Sicurezza sul lavoro – Know your rights!”

sp-mail@libero.it

https://www.facebook.com/profile.php?id=100007166866156

https://www.medicinademocratica.org/wp/?cat=210

 

——————————————-

 

RESPONSABILITA’ E TEMPISTICHE DELLA SORVEGLIANZA SANITARIA – SECONDA PARTE

LE CONSULENZE DI SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! – N.63

 

Come sapete, uno degli obiettivi del progetto SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! è anche quello di fornire consulenze gratuite a tutti coloro che ne fanno richiesta, su tematiche relative a salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Da quando è nato il progetto ho ricevuto decine di richieste e devo dire che per me è stato motivo di orgoglio poter contribuire con le mie risposte a fare chiarezza sui diritti del lavoratori.

Mi sembra doveroso condividere con tutti quelli che hanno la pazienza di leggere le mie newsletters, queste consulenze.

Esse trattano di argomenti vari sulla materia e possono costituire un’utile fonte di informazione per tutti coloro che hanno a che fare con casi simili o analoghi.

Ovviamente per evidenti motivi di riservatezza ometterò il nome delle persone che mi hanno chiesto chiarimenti e delle aziende coinvolte.

In questo caso, vista la lunghezza e la complessità dell’argomento, ho diviso il documento in due parti.

La prima (pubblicata nella precedente newsletter) era relativa a:

  • responsabilità della esecuzione sorveglianza sanitaria;
  • lavoratori soggetti a sorveglianza sanitaria.

La seconda (questa) è relativa a:

  • programmazione e periodicità della sorveglianza sanitaria;
  • numero e requisiti dei medici competenti;

Marco Spezia

 

 

QUESITO

 

Ciao Marco,

ho bisogno, per favore, di alcuni chiarimenti sulla visita medica periodica.

Innanzitutto la visita periodica deve riguardare tutti i lavoratori che appartengono alla stessa mansione?

Come si può individuare la periodicità della sorveglianza sanitaria periodica; con l’anno solare, con la data della visita o in quale altro modo?

E’ poi possibile che la visita medica non sia eseguita sempre dal medesimo medico? E’ possibile che la mia azienda abbia più medici e che requisiti devono avere?

Aspetto il tuo prezioso aiuto.

Grazie.
 

RISPOSTA

 

PROGRAMMAZIONE E PERIODICITA’ DELLA SORVEGLIANZA SANITARIA

 

Con particolare ed esclusivo riferimento alle visite periodiche, le modalità d esecuzione della sorveglianza sanitaria sono definiti in dettaglio dall’articolo 41, comma 2, lettera b) del Decreto:

La sorveglianza sanitaria comprende visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. La periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa, viene stabilita, di norma, in una volta l’anno. Tale periodicità può assumere cadenza diversa, stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del rischio. L’organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati dal medico competente”.

 

Il Decreto pertanto stabilisce in maniera esplicita che “di norma” la cadenza delle visite mediche periodiche è annuale, salvo che il Decreto stesso non disponga altrimenti (ad esempio nel caso delle visite mediche per gli addetti a lavoro con videoterminali). Il medico competente può variare tale cadenza (aumentando o diminuendo la frequenza delle visite), ma solo se ciò è giustificabile dai risultati della specifica valutazione dei rischi per la salute che richiedono sorveglianza sanitaria. Tale giustificazione deve essere di natura formale, come vedremo dopo.

 

I contenuti della sorveglianza in termini di tipologie di visite e di accertamenti sanitari e di periodicità delle stesse devono essere definite dal medico competente ai sensi di quanto disposto dall’articolo 25, comma 1, lettera b) del Decreto, anche secondo quanto stabilito dal comma 4 dell’articolo 41:

Le visite mediche di cui al comma 2, a cura e spese del datore di lavoro, comprendono gli esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente”.

Il mancato adempimento di tale obbligo da parte del medico competente è sanzionato penalmente dall’articolo 58, comma 1, lettera b) del Decreto con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da 300 a 1.200 euro

Per formalizzare i risultati della sorveglianza sanitaria, il medico competente è tenuto a istituire aggiornare e custodire (secondo quanto stabilito dalla vigente normativa di tutela della privacy) una specifica cartella sanitaria per ogni singolo lavoratore sottoposto a sorveglianza.

Tale obbligo è sancito dall’articolo 25, comma 1, lettera c):

Il medico competente istituisce, aggiorna e custodisce, sotto la propria responsabilità, una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria; tale cartella è conservata con salvaguardia del segreto professionale e, salvo il tempo strettamente necessario per l’esecuzione della sorveglianza sanitaria e la trascrizione dei relativi risultati, presso il luogo di custodia concordato al momento della nomina del medico competente”.

Il mancato adempimento di tale obbligo da parte del medico competente è sanzionato penalmente dall’articolo 58, comma 1, lettera b) del Decreto con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da 300 a 1.200 euro.

 

La forma e i contenuti della cartella sanitaria di rischio non sono lasciati alla scelta del medico competente, ma sono definiti dal Decreto all’interno dell’allegato 3A, come stabilito dall’articolo 41, comma 5 del Decreto stesso:

Gli esiti della visita medica devono essere allegati alla cartella sanitaria e di rischio di cui all’articolo 25, comma 1, lettera c), secondo i requisiti minimi contenuti nell’Allegato 3A […]”.

Il mancato adempimento di tale obbligo da parte del medico competente è sanzionato penalmente dall’articolo 58, comma 1, lettera e) del Decreto con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 4.000 euro.

 

Secondo l’allegato 3A del Decreto, la cartella sanitaria e di rischio, deve contenere anche indicazioni sul protocollo di sorveglianza sanitaria, con indicazione quindi del tipo delle visite mediche e degli accertamenti sanitari e la loro periodicità.

Per ogni verifica periodica il medico competente deve compilare i risultati degli accertamenti, il giudizio di idoneità e la data della visita. Se non esplicitamente specificato, la visita successiva deve essere eseguita alla scadenza prevista dal protocollo di sorveglianza sanitaria, cioè, ad esempio, se la frequenza prevista è annuale, allo scadere di un anno dalla ultima visita eseguita.

Il modello di cartella sanitaria previsto dall’allegato 3A del decreto riporta infatti un campo “scadenza visita medica successiva” per il quale è specificato “da indicare solo se diversa da quella riscontrabile dal protocollo sanitario”. Ciò significa che la visita medica periodica successiva all’ultima deve essere eseguita alla scadenza prevista dal protocollo di sorveglianza sanitaria, se non diversamente previsto (e formalizzato per quanto detto sopra) dal medico competente.

Per motivi di privacy, la cartella sanitaria può essere resa nota, da parte del medico competente, solo al lavoratore a cui è riferita.

 

Ciò nonostante il Decreto prevede che il datore di lavoro sia comunque formalmente informato dal medico di quale sarà la data della visita medica successiva a quella appena effettuata, in modo da poter programmare l’esecuzione della sorveglianza sanitaria.

In esito alle visite e agli accertamenti eseguiti nel corso della sorveglianza sanitaria, il medico competente deve infatti comunicare al datore di lavoro o ai dirigenti dell’azienda, per ogni singolo lavoratore, i risultati della sorveglianza sanitaria stessa, con il giudizio di idoneità o meno alla mansione (ma ovviamente senza entrare nel dettaglio dei risultati degli accertamenti eseguiti).

 

Infatti l’articolo 71, comma 6-bis del Decreto prevede che:

Nei casi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6 [idoneità; idoneità parziale, inidoneità temporanea; inidoneità permanente] il medico competente esprime il proprio giudizio per iscritto dando copia del giudizio medesimo al lavoratore e al datore di lavoro”.

Il mancato adempimento di tale obbligo da parte del medico competente è sanzionato penalmente dall’articolo 58, comma 1, lettera e) del Decreto con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 4.000 euro.

Anche il giudizio di idoneità deve essere compilato secondo i “contenuti minimi della comunicazione scritta del giudizio di idoneità alla mansione” riportati dall’allegato 3A del Decreto.

Tra tali contenuti minimi del giudizio di idoneità previsti dall’allegato 3A è obbligatorio anche riportare l’indicazione della data della visita medica successiva a quella effettuata, da indicare nel campo “scadenza visita medica successiva (periodicità)”.

 

In tal modo il medico competente informa il datore di lavoro o i dirigenti dell’azienda di quale dovrà essere la data della successiva visita medica, per permettere a loro di adempiere all’obbligo di cui all’articolo 18, comma 1, lettera g) del Decreto (“inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria”).

 

Da quanto disposto da tale articolo è evidente che il datore di lavoro o il dirigente dovranno programmare la data della visita medica successiva a quella appena effettuata prima che sia trascorso il termine indicato dal medico e non oltre tale data.

In caso contrario, come visto in precedenza, il datore di lavoro o il dirigente, commettono reato sanzionato penalmente.

 

 

NUMERO E REQUISITI DEI MEDICI COMPETENTI

 

Ogni azienda, nei casi previsti dal Decreto e sopra elencati, è obbligata a nominare il medico competente.

 

Il Decreto prevede esplicitamente la possibilità che una azienda possa nominare (quando obbligatorio) più di un medico competente.

Infatti l’articolo 39, comma 6 stabilisce che:

Nei casi di aziende con più unità produttive, nei casi di gruppi d’imprese nonché qualora la valutazione dei rischi ne evidenzi la necessità, il datore di lavoro può nominare più medici competenti individuando tra essi un medico con funzioni di coordinamento”.

Tale possibilità è lasciata alla discrezione del datore di lavoro (o del dirigente) in funzione della complessità e vastità dell’azienda o dei risultati della valutazione del rischio (ad esempio necessità di eseguire numerosi accertamenti su una alta percentuale di lavoratori).

E’ però obbligatorio che il datore di lavoro definisca, all’interno del collegio dei medici competenti, un medico che abbia il ruolo di coordinatore.

 

Ovviamente ognuno dei medici competenti nominati dalla azienda deve possedere i requisiti richiesti dal Decreto.

Tali requisiti sono dettagliatamente indicati dall’articolo 38 del Decreto:

1. Per svolgere le funzioni di medico competente è necessario possedere uno dei seguenti titoli o requisiti:

  1. a) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica;
  2. b) docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia e igiene del lavoro o in clinica del lavoro;
  3. c) autorizzazione di cui all’articolo 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
  4. d) specializzazione in igiene e medicina preventiva o in medicina legale.

d-bis) con esclusivo riferimento al ruolo dei sanitari delle Forze armate, compresa l’Arma dei carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di finanza, svolgimento di attività di medico nel settore del lavoro per almeno quattro anni.

  1. I medici in possesso dei titoli di cui al comma 1, lettera d), sono tenuti a frequentare appositi percorsi formativi universitari da definire con apposito decreto del Ministero dell’università e della ricerca di concerto con il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. I soggetti di cui al precedente periodo i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, svolgano le attività di medico competente o dimostrino di avere svolto tali attività per almeno un anno nell’arco dei tre anni anteriori all’entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono abilitati a svolgere le medesime funzioni. A tal fine sono tenuti a produrre alla Regione attestazione del datore di lavoro comprovante l’espletamento di tale attività.
  2. Per lo svolgimento delle funzioni di medico competente è altresì necessario partecipare al programma di educazione continua in medicina ai sensi del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, e successive modificazioni e integrazioni, a partire dal programma triennale successivo all’entrata in vigore del presente decreto legislativo. I crediti previsti dal programma triennale dovranno essere conseguiti nella misura non inferiore al 70 per cento del totale nella disciplina medicina del lavoro e sicurezza degli ambienti di lavoro.
  3. I medici in possesso dei titoli e dei requisiti di cui al presente articolo sono iscritti nell’elenco dei medici competenti istituito presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali”.

 

L’elenco dei medici competenti di cui all’articolo 38, comma 4 del Decreto è anche consultabile al link:

http://www.salute.gov.it/MediciCompetentiPortaleWeb/ricercaMedici.jsp

 

Il medico competente è obbligato ad autocertificare il possesso dei requisiti di cui all’articolo 28, come sancito dall’articolo 25, comma 1, lettera n) del Decreto:

Il medico competente comunica, mediante autocertificazione, il possesso dei titoli e requisiti di cui all’articolo 38 al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Tale obbligo non è però sanzionato dal Decreto.

 

Il singolo lavoratore o il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza può comunque verificare il possesso dei requisiti del medico competente, verificando se egli è iscritto nell’elenco di cui all’articolo 38, comma 4, al link sopra riportato.

 

Inoltre, poiché il decreto sancisce all’articolo 18, comma 1, lettera a) l’obbligo per datore di lavoro e dirigenti di nomina di un medico competente (nei casi previsti dal Decreto), è evidente che spetta a loro verificare il possesso dei requisiti richiesti dal Decreto per il medico competente stesso, richiedendo dichiarazione da parte del medico o, più semplicemente, verificando la sua presenza nell’elenco ministeriale.

 

 

CONCLUSIONI

 

Il datore di lavoro o i dirigenti, qualora sussistano nell’attività lavorativa i rischi per la salute dei lavoratori previsti dal Decreto, sono obbligati a nominare il medico competente.

 

Il datore di lavoro o i dirigenti possono, a loro discrezione, nominare più medici competenti, di cui però devono individuarne uno come coordinatore.

 

Tutti i medici competenti devono possedere i requisiti professionali previsti dal decreto ed essere iscritti all’elenco predisposto presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e consultabile in rete.

 

Il datore di lavoro o i dirigenti devono, all’atto della nomina del medico (o dei medici) competenti verificare il possesso da parte del medico stesso dei requisiti richiesti dal Decreto.

 

Il medico competente ha l’obbligo di definire il protocollo di sorveglianza sanitaria per ogni singolo lavoratore della azienda, in funzione dei fattori di rischio per la salute a cui il lavoratore è sottoposto nella sua attività lavorativa.

 

All’interno del protocollo di sorveglianza sanitaria, il medico competente ha l’obbligo di individuare anche la periodicità delle visite mediche e degli accertamenti sanitari. Il Decreto stabilisce che la cadenza delle visite deve essere di norma annuale, salvo diversa frequenza stabilita dal medico competente sotto la sua responsabilità e in maniera formale.

 

Poiché la sorveglianza sanitaria è definita in funzione dei rischi specifici di ogni mansione, essa deve essere eseguita per tutti i lavoratori della specifica mansione. Il medico competente può integrare le visite e gli accertamento specifici per la mansione in funzione della storia clinica e di altri fattori di ogni lavoratore.

 

Il medico competente è obbligato a comunicare formalmente al lavoratore (per mezzo della cartella sanitaria e di rischio) e al datore di lavoro o ai dirigenti (per mezzo del giudizio di idoneità alla mansione) la data della visita medica successiva a quella appena effettuata.

 

Il datore di lavoro o i dirigenti hanno l’obbligo di organizzare la sorveglianza sanitaria in modo da inviare i lavoratori alle visite, entro la data stabilita dal medico competente e formalizzata come sopra detto.

 

——————————————-

 

FILCAMS CGIL LOMBARDIA: PIU’ AUTONOMIA PER IL MEDICO COMPETENTE

 

Da: Rassegna.it

http://www.rassegna.it

 

di Giorgio Ortolani

Responsabile Salute e sicurezza FILCAMS CGIL Lombardia

 

Una figura spesso sottovalutata, ma con un compito importante nella prevenzione. Il loro ruolo va però ridisegnato: nei loro giudizi di idoneità lavorativa non è sempre ininfluente il parere dei datori di lavoro.

 

In periodi di crisi, la sicurezza e la salute dei lavoratori passano spesso in secondo piano rispetto alla difesa del posto di lavoro e del reddito. Questo non significa che i problemi non ci siano, anzi. Solo che vengono vissuti come una questione individuale, ossia della persona che incorre in un infortunio o in una patologia. Troppo spesso nelle aziende si bada più a un rispetto formale e cartaceo della norma piuttosto che a un reale e fattivo intervento preventivo, che sarebbe invece nello spirito e nella lettera della legge.

 

E’ necessario quindi, soprattutto in questa fase, riflettere un poco di più sul ruolo del medico competente: una figura spesso sottovalutata nell’ambito della prevenzione, la cui attività viene solitamente intesa come limitata all’effettuazione delle visite mediche e alla redazione dei giudizi di idoneità lavorativa. Il medico competente non va considerato un semplice collaboratore del datore di lavoro e del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSSP), ma ha un compito importante nella gestione della sicurezza e soprattutto nella prevenzione. E’ infatti chiamato a svolgere un ruolo autonomo e distinto dal datore di lavoro, con obblighi sanzionati penalmente, dei quali è chiamato a rispondere direttamente, sia all’azienda, sia alla collettività. Deve pertanto agire in modo imparziale, non tenendo conto dell’interesse del datore di lavoro, anche qualora sia dipendente dello stesso.

 

Per questo siamo sempre stati particolarmente attenti al fatto che il medico competente (articolo 41, comma 6 bis) “esprime il proprio giudizio per iscritto, dando copia del giudizio al lavoratore e al datore di lavoro”. Proprio in virtù di questo non possiamo accettare ritardi nella consegna dei giudizi di idoneità lavorativa al lavoratore che non siano stati determinati dalla necessità di ulteriori analisi per valutarne l’idoneità: questi ritardi, insomma, ci inducono a pensare che nella redazione dei giudizi stessi a volte non sia ininfluente il parere dei datori di lavoro o dei dirigenti.

 

Torniamo a cosa deve (ma occorre dire “dovrebbe”, vista la realtà) fare il medico competente. Il Decreto Legislativo 81/08 intende la salute come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale” (articolo 2, comma 1, lettera o)). Ma possono essere solo il datore di lavoro e il RSPP, senza quindi l’apporto del medico competente, a valutare questo “stato”? Tanto più che sempre il decreto 81 (all’articolo 28) prevede la valutazione dei rischi anche per “i lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui quelli collegati allo stress-lavoro correlato”: anche in questo caso, la valutazione può avvenire senza la collaborazione attiva del medico competente?

 

E’ evidente, quindi, che questa figura vada ridisegnata. Il medico non deve limitarsi a eseguire gli accertamenti obbligatori e a prescrivere eventuali esami specialistici. Dovrebbe, bensì, mantenere contatti continui con le altre figure coinvolte, ricercare il consenso e la collaborazione degli Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), conoscere il processo produttivo, partecipare attivamente alla valutazione dei rischi, denunciando le eventuali malattie professionali e intervenendo al fine di trovare soluzioni, di concerto con RSPP e RLS, per rimuoverne le cause.

 

Un’ultima questione. Nella grande distribuzione organizzata le patologie sono in crescita, come dimostrano ormai decine di studi. Riporto solo l’ultima in ordine di tempo, realizzata nel 2014 dalla ASL 2 di Lucca su cassieri e addetti al rifornimento del reparto drogheria: il 62,5 per cento dei lavoratori esaminati è portatore di almeno una patologia diagnosticata degli arti superiori. Eppure, in tutte le aziende oggetto delle indagini sono presenti uno o più medici competenti, che però non hanno mai, o quasi mai, segnalato la presenza di patologie legate all’attività lavorativa. E’ fin troppo ovvio, quindi, sostenere che qualcosa nella sorveglianza sanitaria non funzioni. Un “sospetto”, infine, confermato anche dai dati 2014 della ASL di Milano sui ricorsi avversi presentati dai lavoratori contro i giudizi di inidoneità emessi dai medici competenti “aziendali”: meno di uno su quattro (precisamente il 23 per cento) di questi giudizi è stato confermato dagli organi di vigilanza.

 

——————————————-

 

LA COLLOCAZIONE AZIENDALE DEL MEDICO COMPETENTE IN RELAZIONE AL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

22 gennaio 2015

di Anna Guardavilla

 

A partire dai chiarimenti della Commissione Interpelli, un approfondimento sulla collocazione funzionale del Medico Competente atta a garantirne l’autonomia e il ruolo di consulente in staff al datore di lavoro.

 

Con la risposta a Interpello n. 28/2014, la Commissione per gli Interpelli si è pronunciata sulla corretta applicazione dell’articolo 39, comma 4 del D.Lgs.81/08 (“Il datore di lavoro assicura al Medico Competente le condizioni necessarie per lo svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone l’autonomia”) e di conseguenza su alcuni temi particolarmente importanti per il Medico Competente, quali quello dell’autonomia che a questi deve essere garantita dal datore di lavoro e, correlato al tema dell’autonomia, quello della collocazione organizzativa del Medico Competente all’interno di un’azienda.

In particolare, l’interpellante si domandava se l’articolo 39 fosse rispettato in quelle situazioni organizzative di Aziende Sanitarie Locali, ma anche presso alcune grandi aziende private, in cui il datore di lavoro subordina gerarchicamente, funzionalmente e organizzativamente il Medico Competente al responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione.

 

Come noto, la Commissione per gli Interpelli ha chiarito che “nel caso in cui organizzativamente vi sia coincidenza tra ruolo di direttore di Unità Operativa Complessa (UOC) o di analoga struttura con lo svolgimento da parte dello stesso direttore anche delle funzioni di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, la subordinazione gerarchica di un medico incardinato nella stessa UOC o struttura, incaricato di svolgere le funzioni di Medico Competente, può riguardare i soli aspetti che esulano da tale incarico, stante la condizione di piena autonomia organizzativa e funzionale che deve essere garantita dal datore di lavoro al Medico Competente per lo svolgimento delle proprie funzioni”.

La questione affrontata da questo Interpello è di particolare rilevanza, alla luce della frequenza con cui nella pratica capita di imbattersi in situazioni in cui il Medico Competente è inserito all’interno del Servizio di Prevenzione e Protezione e dunque merita qualche approfondimento.

E’ stato osservato a tale proposito che in alcuni casi può ricorrere la richiesta di posizionare nell’organigramma di aziende private e/o di aziende pubbliche, in particolare strutture sanitarie complesse (ad esempio Aziende sanitarie locali o Aziende ospedaliere), il medico che svolge le funzioni e che ha assunto il ruolo di “Medico Competente” ai sensi della normativa vigente, all’interno del Servizio di Prevenzione e Protezione (addirittura anche nella qualità di Addetto al Servizio di Prevenzione e Protezione).

In tal modo si viene a determinare, nei fatti, una condizione di subordinazione (talora anche gerarchica) tra i ruoli di “Medico Competente”, professionista diretto consulente del datore di lavoro, e “Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione”, soggetto che collabora e risponde al datore di lavoro, utilizzato dal datore di lavoro e che dirige il Servizio di Prevenzione e Protezione.

Tale condizione è palesemente illegittima, alla luce degli obblighi specifici (penalmente sanzionati nel caso di inadempienza) attribuiti dalla legge al Medico Competente e, altresì, dei compiti specifici di cui invece il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione è titolare.

E’ opportuno sottolineare che una simile visione, riduttiva e confusa, finisce comunque per ledere l’autonomia e la professionalità di un medico titolare di formazione specialistica, qualificata e specifica, fondamentale ai fini della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori e ha la conseguenza di ostacolarne la stessa attività.

 

Dunque, in termini operativi, al fine di facilitarne l’accessibilità e le attività consultive, il Medico Competente, soprattutto quando titolare di un rapporto di dipendenza con il datore di lavoro che lo ha nominato, deve essere inquadrato nell’ambito dell’organigramma aziendale all’interno di una struttura operativa autonoma.

Quindi la collocazione ottimale (e rispettosa delle norme) del Medico Competente deve essere in staff al datore di lavoro, al pari degli altri “uffici” di staff, quali ad esempio il Servizio di Prevenzione e Protezione.

 

E’ chiara infatti la volontà del legislatore di distinguere il Servizio di Prevenzione e Protezione, la cui organizzazione è definita dall’articolo 31 del D.Lgs.81/08 e i cui compiti sono quelli dell’articolo 33 del Decreto, dal Medico Competente, la cui organizzazione, pur in mancanza di una specifica norma, è comunque definita per alcuni aspetti dagli articoli 39 e 25, e i cui compiti e (in questo caso anche) obblighi sono elencati da quest’ultima disposizione (in combinato disposto con l’articolo 41).

Pertanto per queste ragioni si ritiene non colga lo spirito e la lettera della norma l’ipotesi della collocazione del Medico Competente all’interno del Servizio di Prevenzione e Protezione.

Una visione lucida del rapporto tra Servizio di Prevenzione e Protezione e Medico Competente ci viene consegnata dalla giurisprudenza e in particolare dalla Cassazione Penale, che ha avuto modo di rilevare che la “peculiare figura istituzionale del sistema prevenzionistico costituita dal Servizio di Prevenzione e Protezione, insieme al Medico Competente, svolge un peculiare ruolo di collaborazione con il datore di lavoro”, precisando al contempo che il Servizio di Prevenzione e Protezione “coopera in un contesto che vede coinvolti diversi soggetti, con distinti ruoli e competenze, in breve, un lavoro in equipe” (Cassazione Penale, Sezione IV, Sentenza 21 dicembre 2012 n. 49821)

Un’adeguata collocazione del Medico Competente all’interno della struttura organizzativa aziendale, dunque, è certamente un elemento atto a contribuire alla salvaguardia dell’autonomia del medico stesso (autonomia che in ogni caso deve essere garantita dal datore di lavoro), per non dire addirittura una pre-condizione (accanto alle altre) affinché si realizzi tale garanzia voluta dal legislatore del D.Lgs.81/08 all’articolo 39.

 

E non va dimenticato, parlando di autonomia, che tale vincolo è “un obbligo giuridico, e non soltanto una raccomandazione, per il datore di lavoro il quale deve mettere il Medico Competente in condizione di poter adempiere a tutti i suoi compiti (dove l’inciso “garantendone l’autonomia” sembra porre a carico del datore di lavoro l’onere di astenersi da qualsiasi attività che possa toccare in qualche modo l’indipendenza del medico)”.

 

——————————————-

 

VIDEOTERMINALI: OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO E ATTREZZATURE DI LAVORO

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

23 gennaio 2015

di Tiziano Menduto

 

Una guida si sofferma sugli obblighi del datore di lavoro in relazione alle attività con attrezzature munite di videoterminali. La valutazione dei rischi e le caratteristiche dei videoterminali. Focus su schermo, tastiera e software.

 

Nel Titolo VII del D.Lgs.81/08, dedicato alle “attrezzature munite di videoterminali”, l’articolo 174 richiede al datore di lavoro di organizzare e predisporre i posti di lavoro, in conformità ai requisiti minimi di cui all’allegato XXXIV del Testo Unico e di adottare le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni, tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.

Ricordando che ormai nel mondo del lavoro è sempre più diffuso l’utilizzo dei videoterminali, tanto da diventare spesso protagonista nel lavoro d’ufficio, vediamo di raccogliere utili indicazioni sui compiti del datore di lavoro dalla guida prodotta dall’Ente Bilaterale Nazionale del settore Terziario, dal titolo “Datori di lavoro e lavoratori. Guida pratica agli adempimenti di sicurezza e all’apparato sanzionatorio”.

Dopo aver ricordato che il lavoro con i videoterminali (VDT) può comportare vari effetti sulla salute, in relazione alla durata dell’esposizione, alle condizioni dell’hardware, dell’ergonomia del posto di lavoro e delle condizioni ambientali, la guida segnala i principali obblighi del datore di lavoro:

  • provvedere all’aggiornamento del documento di valutazione dei rischi, attraverso il quale vengono previste adeguate misure di prevenzione e protezione, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed in collaborazione con il medico competente;
  • procedere all’individuazione dei dipendenti che rientrano nell’applicazione della normativa, accertando l’effettivo raggiungimento o superamento del limite settimanale di adibizione, in collaborazione con i dirigenti preposti alle varie strutture e tenendo conto della specifica attività degli interessati, delle modalità e dei tempi del suo svolgimento in riferimento alle logiche organizzative proprie di ogni amministrazione;
  • effettuare l’adeguamento immediato, se non già effettuato, dei posti di lavoro.

Ricordiamo che il videoterminalista è il lavoratore che (articolo 173 del Testo Unico) utilizza un’attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all’articolo 175.

In particolare il documento schematizza e riporta anche le fasi che il datore di lavoro dovrà seguire per la valutazione del rischio:

  • esame preliminare dell’attività lavorativa e riunione con le funzioni preposte e responsabili e con i rappresentanti dei lavoratori;
  • sopralluoghi degli ambienti di lavoro, delle apparecchiature e degli impianti di ogni unità organizzativa elementare, consultazione dei lavoratori e verifica generale degli adempimenti di legge pregressi;
  • descrizione del processo lavorativo;
  • individuazione e caratterizzazione delle fonti potenziali di rischio per ogni luogo di lavoro e per mansione;
  • individuazione e caratterizzazione dei lavoratori addetti ai videoterminali;
  • identificazione del rischio di esposizione residuo, in riferimento alle regole di buona tecnica;
  • identificazione delle non conformità alla legislazione e alla norme tecniche vigenti;
  • valutazione dei rischi identificati ed elaborazione di un giudizio di gravità per ciascuno dei essi, con riguardo a norme di legge, standard nazionali e internazionali di buona tecnica, linee guida di tutela della salute e igiene del lavoro, prassi amministrative, orientamenti dei fabbricanti di macchine e attrezzature, integrando tali dettami con indicazioni derivanti dal buon senso e dalla pratica ingegneristica;
  • individuazione delle misure di prevenzione e protezione da attuare in seguito agli esiti della valutazione e dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) da fornire ai lavoratori;
  • preparazione del documento di valutazione del rischio contenente un programma temporale di attuazione degli interventi, secondo le priorità emerse dall’analisi;
  • discussione con le funzioni preposte e responsabili, i rappresentanti dei lavoratori del documento preliminare di valutazione e del relativo programma di attuazione degli interventi;
  • stesura della relazione finale;
  • approvazione da parte del datore di lavoro del documento finale di valutazione.

La guida riprende poi le indicazioni di maggior rilievo relative alle articolate disposizioni che individuano le caratteristiche che devono possedere i videoterminali e le modalità di predisposizione e organizzazione dei posti di lavoro.

Si segnala ad esempio che riguardo allo schermo:

  • i caratteri devono avere una buona definizione e una forma chiara, una grandezza sufficiente e vi deve essere uno spazio adeguato tra i caratteri e le linee;
  • l’immagine deve essere stabile; esente da sfarfallamento o da altre forme d’instabilità; la brillanza e/o il contrasto tra i caratteri e lo sfondo dello schermo devono essere facilmente regolabili da parte dell’utilizzatore del videoterminale e facilmente adattabili alle condizioni ambientali.

Inoltre lo schermo:

  • deve essere orientabile ed inclinabile liberamente e facilmente per adeguarsi alle esigenze dell’utilizzatore; è possibile utilizzare un sostegno separato per lo schermo o un piano regolabile;
  • non deve avere riflessi e riverberi che possano causare molestia all’utilizzatore.

Riportiamo anche alcune indicazioni relative alla tastiera che deve essere inclinabile e dissociata dallo schermo per consentire al lavoratore di assumere una posizione confortevole e tale da non provocare l’affaticamento delle braccia o delle mani.

Inoltre lo spazio davanti alla tastiera deve essere sufficiente onde consentire un appoggio per le mani e le braccia dell’utilizzatore.

Altre indicazioni sono le seguenti:

  • la tastiera deve avere una superficie opaca onde evitare i riflessi;
  • la disposizione della tastiera e le caratteristiche dei tasti devono tendere ad agevolare l’uso della tastiera stessa;
  • i simboli dei tasti devono presentare sufficiente contrasto ed essere leggibili dalla normale posizione di lavoro.

Rimandando a una lettura integrale della guida, che in merito alle caratteristiche dei videoterminali e posti di lavoro si sofferma su vari elementi (piano di lavoro, sedile di lavoro, spazio, illuminazione, riflessi e abbagliamenti, rumore, calore, radiazioni, umidità, ecc.), concludiamo dando qualche indicazione relativa all’interfaccia elaboratore/uomo.

Infatti all’atto dell’elaborazione, della scelta, dell’acquisto del software, o allorché questo viene modificato, come anche nel definire le mansioni che implicano l’utilizzazione di unità videoterminali, il datore di lavoro deve tener conto dei seguenti fattori:

  • il software deve essere adeguato alla mansione da svolgere;
  • il software deve essere di facile uso e, se del caso, adattabile a livello di conoscenza e di esperienza dell’utilizzatore;
  • nessun dispositivo o controllo quantitativo o qualitativo può essere utilizzato all’insaputa dei lavoratori;
  • i sistemi debbono fornire ai lavoratori delle indicazioni sul loro svolgimento;
  • i sistemi devono fornire l’informazione di un formato e ad un ritmo adeguato agli operatori;
  • i principi dell’ergonomia devono essere applicati in particolare all’elaborazione dell’informazione da parte dell’uomo.

Il documento “Datori di lavoro e lavoratori. Guida pratica agli adempimenti di sicurezza e all’apparato sanzionatorio” dell’Ente Bilaterale Nazionale del settore Terziario è scaricabile al link:

http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/131220_guida_sicurezza_Datori_di_lavoro.pdf

 

——————————————-

 

PUBBLICATO IL DECRETO ATTUATIVO PER L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

26 gennaio 2015

di Tiziano Menduto

 

Il Decreto del Ministero della Giustizia recante norme per l’applicazione, nell’ambito dell’amministrazione della giustizia, delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro, entra in vigore il 4 febbraio.

 

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il 20 gennaio, del Decreto 18 novembre 2014 n. 201 “Regolamento recante norme per l’applicazione, nell’ambito dell’amministrazione della giustizia, delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro” si aggiunge un altro tassello al lungo e tortuoso percorso di attuazione del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Ricordiamo a questo proposito che il Decreto Legislativo 81/08 riporta all’articolo 3 (Campo di applicazione), comma 2: “nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, dei servizi di Protezione Civile, nonché nell’ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, […] le disposizioni del presente Decreto Legislativo sono applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative […] individuate […] con Secreti emanati (…) dai Ministri competenti di concerto con i Ministri del lavoro, della salute e delle politiche sociali, e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

 

Dopo il parere positivo sullo schema di Decreto ministeriale della Conferenza Stato-Regioni, espresso già nella seduta del 15 maggio 2014, e la firma del Decreto a dicembre, finalmente il 20 gennaio il nuovo Decreto 201/2014 è stato pubblicato ed entrerà in vigore il 4 febbraio 2015.

Il “Regolamento recante norme per l’applicazione, nell’ambito dell’amministrazione della giustizia, delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro” viene adottato in attuazione delle disposizioni correlate agli articoli 3 e 13 del D.Lgs.81/08.

Dell’articolo 3 del Testo Unico e dei Decreti “annunciati” al comma 2 abbiamo già parlato.

L’articolo 13 del Testo Unico prevede che, con i medesimi Decreti, vengano anche individuate le aree all’interno delle quali la vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sia demandata ai servizi competenti per la vigilanza nell’ambito delle strutture penitenziarie.

Entriamo più nel dettaglio dell’analisi del Decreto 201/2014.

L’articolo 1 definisce il campo di applicazione del regolamento con riferimento alle particolari esigenze connesse ai servizi istituzionali espletati e alle specifiche peculiarità organizzative e strutturali delle strutture giudiziarie e penitenziarie.

Peculiari esigenze che sono espresse nell’articolo 2.

In particolare le norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, con riferimento al D.Lgs.81/08, sono applicate tenendo conto delle particolari esigenze che caratterizzano le attività e gli interventi svolti per:

  1. a) la vigilanza e la gestione della convivenza della popolazione detenuta e degli internati sottoposti a misura di sicurezza;
  2. b) garantire l’ordinato esercizio della funzione giurisdizionale;
  3. c) la tutela dell’incolumità del personale e degli utenti contro pericoli di attentati, aggressioni e sabotaggi;
  4. d) evitare il rischio di evasioni ovvero l’acquisizione di posizioni di preminenza dei detenuti;
  5. e) prevenire atti di autolesionismo o suicidio.

E tali esigenze (comma 3) sono ulteriormente precisate:

  1. a) direzione funzionale delle attività;
  2. b) capacità operativa e prontezza d’impiego del personale dipendente;
  3. c) tutela della riservatezza e sicurezza delle telecomunicazioni e dei trattamenti dei dati per la tutela dell’ordine e della sicurezza;
  4. d) particolarità costruttive e d’impiego di equipaggiamenti speciali, armi, materiali di armamento, mezzi operativi.

Sempre con l’articolo 2:

  • sono individuati gli obblighi relativi ai piani di evacuazione;
  • viene esclusa l’applicabilità delle disposizioni del Testo Unico relative alle modalità di designazione e le attribuzioni del rappresentante per la sicurezza nei confronti dei detenuti e degli internati lavoratori;
  • sono specificate le peculiarità organizzative e funzionali nelle sedi degli uffici giudiziari e negli edifici penitenziari e nei luoghi diversi in cui sono ristrette persone che devono scontare una pena detentiva o una misura di sicurezza, nonché negli Istituti per i minorenni e nei Centri di prima accoglienza;
  • è individuato il principio fondamentale secondo il quale l’applicazione delle norme in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro non può mai determinare la rimozione o riduzione dei sistemi di controllo, anche ai fini della selezione degli accessi al pubblico e dei sistemi di difesa ritenuti necessari.

Gli articoli 3 e 4 riguardano le specificità di alcuni ruoli basilari in materia di Servizio Sanitario Locale:

  • articolo 3 (Servizio di prevenzione e protezione): il Servizio di prevenzione e protezione è espletato da personale dell’Amministrazione in possesso dei requisiti professionali di cui all’articolo 32 del Testo Unico; inoltre nelle strutture ove insistono più uffici dell’Amministrazione, ferme restando le responsabilità del datore di lavoro per la propria area e del dirigente individuato quale datore di lavoro per le aree, impianti e servizi comuni, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione al quale concorre personale di tutte le strutture incaricato di operare a favore dei singoli datori di lavoro;
  • articolo 4 (Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza): viene disciplinato il ruolo dei Rappresentanti per la sicurezza del personale di Polizia penitenziaria e del personale dell’Amministrazione.

L’articolo 5 è invece dedicato al documento unico di valutazione dei rischi da interferenze (DUVRI).

L’articolo sottolinea che tale documento è elaborato, contestualmente all’inizio delle attività dell’appalto e previa verifica delle effettive interferenze, dal datore di lavoro committente.

Inoltre si indica che nella predisposizione delle gare di appalto di servizi, lavori, opere o forniture nell’ambito dell’ Amministrazione, i dati relativi alla prevenzione rischi da interferenze fra le attività della stessa e quelle delle imprese appaltatrici siano indicati omettendo le specifiche informazioni connesse all’attività istituzionale di cui è vietata o ritenuta inopportuna la divulgazione; e il documento di valutazione, qualora contenga informazioni di cui è ritenuta vietata la divulgazione, non deve essere allegato al contratto di appalto, subappalto o somministrazione, ma custodito con le misure finalizzate a salvaguardare le informazioni in esso contenute presso il luogo del datore di lavoro committente o quello destinatario dei servizi, lavori, opere o forniture oggetto dell’appalto.

L’articolo 6 è poi dedicato alla sorveglianza sanitaria.

Prevede che tale sorveglianza sia effettuata dal medico competente in possesso dei requisiti di cui all’articolo 38 del Testo Unico e indica cosa fare quando siano richiesti dal medico competente accertamenti clinici e strumentali che non è possibile effettuare con personale e mezzi dell’Amministrazione.

Concludiamo ricordando che l’articolo 7 affronta il tema dei servizi di vigilanza e che l’articolo 9 indica che con questo nuovo Decreto è abrogato il Regolamento relativo al Decreto n. 338 del 29 agosto 1997.

Il Decreto 18 novembre 2014 n. 201 del Ministero della Giustizia “Regolamento recante norme per l’applicazione, nell’ambito dell’amministrazione della giustizia, delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro” è consultabile all’indirizzo:

http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2015-01-20&atto.codiceRedazionale=15G00010&elenco30giorni=false

 

——————————————-

 

SCALE PORTATILE: LE ISTRUZIONI, LA MANUTENZIONE E LE RISPOSTE AI DUBBI

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

27 gennaio 2015

 

Indicazioni sulla marcatura, sulle istruzioni e sulla manutenzione delle scale portatili in un quaderno tecnico per i cantieri temporanei o mobili. Le risposte alle domande più frequenti sulla sicurezza e conformità delle scale.

 

Per migliorare la prevenzione delle cadute dalle scale nel comparto edile riprendiamo e concludiamo la presentazione di un recente Quaderno Tecnico per i cantieri temporanei o mobili, elaborato dal Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (DIT) dell’ INAIL, dal titolo “Scale portatili”.

Dopo aver affrontato il tema della tipologia e scelta delle scale da utilizzare in una determinata attività, dopo aver riportato le buone prassi necessarie prima, durante e dopo l’uso, ci soffermiamo oggi su altri aspetti.

Innanzitutto offriamo alcuni utili riferimenti legislativi e normativi relativi all’uso delle scale portatili:

  • Lgs.81/08 e in particolare l’articolo 113 e l’allegato XX;
  • Lgs 206/05 “Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della Legge 29 luglio 2003, n. 229”;
  • norma UNI EN 131-1:2007 “Scale – Parte 1: Termini, tipi, dimensioni funzionali”;
  • norma UNI EN 131-2:2010 “Scale – Parte 2: Requisiti, prove, marcatura”;
  • norma UNI EN 131-3:2007 “Scale – Parte 3: Istruzioni per l’utilizzatore”;
  • norma UNI EN 131-4:2007 “Scale – Parte 4: Scale trasformabili multi posizione con cerniere”;
  • norma UNI EN 131-7:2013 “Scale – Parte 7: Scale movibili con piattaforma”;
  • norma UNI EN 14183:2004 “Sgabelli a gradini”;
  • norma UNI 10401:2004 “Scale d’appoggio portatili a sfilo e innestabili per usi professionali specifici per l’industria”;
  • norma CEI EN 61478:2002 “Lavori sotto tensione – Scale in materiale isolante”;
  • norma CEI EN 50528:2011 “Scale isolanti per uso su impianti di bassa tensione o in loro prossimità”.

 

Veniamo ora alla marcatura e alle istruzioni per gli utenti.

Riguardo alla marcatura, il quaderno indica che le scale portatili devono essere marcate secondo il D.Lgs.81/08 (la marcatura deve riportare i riferimenti al D.Lgs.81/08) o la norma UNI EN 131.

 

Il documento indica poi che, ad esempio in relazione alle scale in appoggio, le informazioni di base, in accordo alla norma UNI EN 131-3, che devono essere riportate, sotto forma di pittogrammi ben visibili, su tutte le scale progettate per essere utilizzate come scale di appoggio sono, ad esempio, le seguenti:

  • leggere le istruzioni;
  • carico massimo;
  • angolo corretto di appoggio;
  • appoggiare su una base piana;
  • non sporgersi;
  • assicurarsi che non vi sia sporco a terra;
  • appoggiare su una base solida;
  • estensione della scala oltre il punto di arrivo;
  • non scendere dal lato della scala;
  • usare la scala con l’orientamento corretto (solo se necessario a causa della struttura della scala).

 

Si ricorda poi che ogni scala progettata per essere utilizzata come scala di appoggio deve essere provvista di marcatura indicante che i tre pioli più alti non devono essere oltrepassati. Tale marcatura può essere posta sul montante della scala o preferibilmente sul primo piolo o gradino da non oltrepassare. Il D.Lgs.81/08 richiede che il lavoratore possa sempre disporre di un appoggio e di una presa sicura.

Sottolineando poi che la sicurezza di una scala dipende anche da suo stato, da come è conservata e manutenuta, diamo anche alcune indicazioni essenziali di manutenzione.

La manutenzione della scala deve essere effettuata da parte di personale qualificato e prevede:

  • la verifica degli zoccoli antiscivolo e loro integrità;
  • la verifica dei componenti della scala: montanti e pioli;
  • la verifica dei collegamenti tra i componenti.

Concludiamo l’articolo riportando infine le risposte alle domande più frequenti (FAQ – Frequently Asked Questions) raccolte nel Quaderno Tecnico sulla sicurezza delle scale portatili.

CHE COS’E’ UNA SCALA?

E’ un’attrezzatura di lavoro dotata di pioli o gradini sui quali una persona può salire, scendere e sostare per brevi periodi, e che permette di superare dislivelli e raggiungere posti di lavoro in quota.

QUANDO UNA SCALA PORTATILE PUO’ ESSERE RITENUTA CONFORME ALLA VIGENTE LEGISLAZIONE IN MATERIA DI TUTELA DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO?

Quando il fabbricante la dichiara conforme al D.Lgs 81/08.

COME PUO’ IL FABBRICANTE PROVARE LA CONFORMITA’ DELLA SCALA PORTATILE AL D.LGS.81/08?

Il fabbricante ha due possibilità: dichiarare la conformità al D.Lgs.81/08 dopo aver dimostrato con calcoli e/o prove, mediante l’applicazione di una specifica di prodotto da lui ritenuta la più opportuna, di aver soddisfatto i requisiti di cui all’articolo 113; oppure dichiarare la conformità al D.Lgs.81/08 mediante l’applicazione dell’Allegato XX.

COSA PREVEDE L’ALLEGATO XX?

L’Allegato XX prevede che è riconosciuta la conformità delle scale portatili al D.Lgs 81/08 se:

  • sono costruite conformemente alla norme tecniche UNI EN 131-1&2;
  • il costruttore fornisce le certificazioni previste dalla norma tecnica UNI EN 131-1&2 emesse da un laboratorio ufficiale;
  • sono accompagnate da un foglio o libretto recante una serie di informazioni sul tipo di prodotto, sul corretto impiego dello stesso, sulla manutenzione e conservazione; sul libretto dovranno inoltre essere riportati gli estremi del laboratorio che ha effettuato le prove previste dalla norma tecnica UNI EN 131-1&2 i numeri di identificazione dei certificati e la data del loro rilascio; dovrà infine essere riportata una dichiarazione del costruttore di conformità alla norma tecnica UNI EN 131-1&2.

UNA SCALA PORTATILE CONFORME ALLA NORMA UNI EN 131 LO E’ ANCHE AL D.LGS.81/08?

No. A meno che, oltre ad essere conforme alla norma UNI EN 131, rispetti anche le condizioni dell’allegato XX del D.Lgs.81/08.

UNA SCALA PORTATILE CONFORME AL D.LGS.81/08 LO E’ ANCHE ALLA NORMA UNI EN 131?

No. A meno che la conformità al D.Lgs.81/08 sia stata dichiarata mediante l’applicazione dell’Allegato XX del D.Lgs.81/08.

UNA SCALA COSTRUITA PRIMA DELL’ENTRATA IN VIGORE DEL D.LGS.81/08 PUO’ ESSERE ATTUALMENTE UTILIZZATA IN UN LUOGO DI LAVORO?

Sì, purché conforme alla legislazione vigente all’epoca di costruzione (D.P.R.547/55) della scala, fermo restando il mantenimento della perfetta efficienza della stessa.

CHE COSA SI INTENDE CON SCALE PER USO PROFESSIONALE SPECIFICO?

Si intende quel tipo di scale che devono essere utilizzate solo per un impiego ben determinato, così come stabilito dal fabbricante e/o dalla normativa specifica, come ad esempio le scale per i vigili del fuoco, le scale per i tetti ecc.

COME DEVE ESSERE MARCATA UNA SCALA PER USO PROFESSIONALE SPECIFICO?

Con la sigla della relativa norma specifica applicabile.

COME DEVE ESSERE MARCATA UNA SCALA PER USO PROFESSIONALE NON SPECIFICO?

Deve essere conforme al D.Lgs.81/08 o essere marcata UNI EN 131 e, in questo caso, deve anche soddisfare le condizioni riportate dall’allegato XX del D.Lgs.81/08.

COME DEVE ESSERE MARCATA UNA SCALA PER USO DOMESTICO?

Deve essere marcata UNI EN 131 così come richiesto dal D.Lgs.206/05 (Codice al consumo).

QUALE CARICO MASSIMO PUO’ SOSTENERE UNA SCALA?

Un carico massimo totale (peso del lavoratore + peso delle attrezzature portatili) pari a quello dichiarato dal fabbricante se la scala è conforme al D.Lgs.81/08, e pari a 150 kg se la scala è conforme alla UNI EN 131.

DOVE E’ INDICATO IL CARICO MASSIMO?

Il carico massimo deve essere riportato sulla scala.

IN ITALIA E’ POSSIBILE UTILIZZARE UNA SCALA PER USO PROFESSIONALE CONFORME A UNA NORMA NAZIONALE DI UN PAESE EXTRAEUROPEO?

La scala ad uso professionale, per essere utilizzata in Italia, deve essere esplicitamente dichiarata dal fabbricante rispondente ai disposti del D.Lgs.81/08, anche se conforme a una norma di un paese extraeuropeo.

E’ POSSIBILE VENDERE O NOLEGGIARE IN ITALIA SCALE SENZA MARCATURA UNI EN 131 O NON RISPONDENTI AL D.LGS.81/08?

No. Infatti, in riferimento ai luoghi di lavoro, secondo l’articolo 23 del D.Lgs.81/08 “sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro”, mentre, in riferimento agli ambienti domestici, secondo l’articolo 104 del D.Lgs.206/05 “il fabbricante ha l’obbligo di immettere sul mercato prodotti sicuri”. Per prodotto sicuro si intende quello conforme alla legislazione vigente nello Stato membro in cui il prodotto stesso è commercializzato (articolo 105 del D.Lgs.206/05).

E’ SUFFICIENTE UTILIZZARE UNA SCALA PORTATILE CHE ABBIA I REQUISITI DI SICUREZZA PREVISTI DAL D.LGS.81/08 PER ESEGUIRE UN’ATTIVITA’ IN SICUREZZA?

No. E’ necessario utilizzare la scala osservando le prescrizioni d’uso del fabbricante e quelle richiamate dalle disposizioni legislative e regolamentari vigenti.

UNA SCALA PORTATILE DEVE ESSERE MARCATA CE?

No. E’ opportuno sottolineare che, non esistendo una Direttiva di prodotto applicabile alle scale portatili, queste non possono essere marcate CE, ma devono riportare la marcatura UNI EN 131 e/o il riferimento alla conformità al D.Lgs.81/08, se sono impiegate in un “non luogo di lavoro” (UNI EN 131) o in un “luogo di lavoro” (UNI EN 131 e D.Lgs.81/08).

QUANDO E’ POSSIBILE UTILIZZARE UNA SCALA PORTATILE?

Il D.Lgs.81/08, all’articolo 111, comma 3, dispone che il datore di lavoro utilizzi una scala portatile quale posto di lavoro in quota solo nei casi in cui l’utilizzo di altre attrezzature (per esempio, i trabattelli, i cestelli elevatori) considerate più sicure non sia giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure dalle caratteristiche del sito che non può modificare.

IL LAVORATORE CHE EFFETTUA LA RIPARAZIONE DI UNA SCALA PORTATILE DEVE AVERE PARTICOLARI REQUISITI?

Il lavoratore deve essere qualificato dal fabbricante.

 

Il documento del Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici dell’INAIL “Scale portatili” Quaderno Tecnico per i cantieri temporanei o mobili edizione 2014 è scaricabile all’indirizzo:

http://www.inail.it/internet_web/wcm/idc/groups/intranet/documents/document/ucm_153624.pdf

 

Print Friendly, PDF & Email