Sintesi dell’ intervento di Paolo Nicchia ( Assise cittadina per Bagnoli). Convegno di Medicina democratica, Napoli, aula Nugnes, 19 gennaio 2013.

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150_salute_lavoroLa recente relazione della C.ne bicamerale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti dedica un’ampia sua parte alla bonifica di Bagnoli. I giudizi sino durissimi: risultati prossimi allo zero, spreco di ingentissime risorse pubbliche, commistione di interessi, opportunistici e contraddittori comportamenti delle strutture pubbliche di controllo.

Cosa non nuova, questa. Siamo abituati da decenni a denunce, talvolta clamorose, delle istituzioni di controllo senza che questo abbia poi determinato significativi cambiamenti e comportamenti più corretti. Si pensi alle relazioni della Corte dei Conti.

C’è a mio avviso un aspetto nuovo, che va ricercato nel contesto generale in cui si colloca questa relazione.

Naturale è il collegamento con quanto sta accadendo all’Ilva di Taranto. Il cuore dello scontro è su chi deve pagare il risanamento, l’impressione è che si voglia perseguire la strada percorsa a Bagnoli ( Bagnoli è uno spaccato della crisi di un sistema), riversare cioè il conto per intero sulla collettività. Esemplare il segnale dato questa estate dall’austero Monti quando alle prime avvisaglie di bufera, senza ammonire e neppure accennare alle responsabilità padronali, ha allargato i cordoni della disastrata borsa pubblica.

Si potrebbe formulare il ragionamento nel modo seguente: la coniugazione storicamente impossibile tra capitale, lavoro, salute e ambiente si arricchisce di un nuovo elemento, l’incapacità ad agire della mediazione politico- istituzionale. Gli strumenti finalizzati a garantire una forte base di consenso al sistema – soprattutto gli istituti della democrazia rappresentativa- non funzionano più, anche nella loro forma più avanzata ( è il caso dell’Amministrazione comunale di Napoli che aveva imperniato il suo programma sulla riqualificazione di Bagnoli dove non a caso ha raccolto consensi bulgari). Nella ricostruzione della relazione precedentemente richiamata i diversi piani – economico, politico, giuridico- e le strutture pubbliche – centrali e locali- si contraddicono tra di loro e al loro interno.

La crescita di consensi alla cosiddetta anti-politica, tanto di moda oggi, viene presentata essenzialmente come frutto della (sub)cultura giustizialista o nel migliore dei casi come originata dalla irrisolta questione morale, mentre è attentamente offuscata la materiale ( e sentita a livello popolare come non mai ) estraniazione di massa dalle modalità e dai contenuti delle decisioni, illuminanti a questo proposito sono la costituzione e i provvedimenti del governo Monti giustificati dall’alibi dell’emergenza economico-finanziaria. In buona sostanza la crisi attuale pone ai movimenti non solo il compito di arginare la devastazione, umana e ambientale, e non solo la fatica di elaborare e avanzare proposte e progetti alternativi credibili, ma soprattutto il tema della costruzione con il protagonismo sociale di nuovi statuti partecipativi e nuovi poteri, che radicalmente modifichino il rapporto tra economia e politica e siano in grado di governare e superare la contraddizione tra capitale e lavoro, tra capitale e salute e ambiente.

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