Tutela della salute dei lavoratori tra semplificazione e deregolamentazione

Ascolta con webReader

150_salute_lavoro“Quello che manca al nostro Paese è la cultura del rispetto delle regole, una piaga sociale che diventa un flagello quando si esprime attraverso l’evasione dell’obbligo di tutelare la salute dei lavoratori. E finché lo spettro delle sanzioni sarà prevalente sullo spettro della propria coscienza, ogni piccolo progresso costerà una fatica immane ed ogni avanzamento sarà minimo” – Così Carlo Smuraglia al Convegno “150 anni di prevenzione” presso il Senato della Repubblica il 20/10/11.

Il controllo pubblico sull’applicazione delle norme è un elemento fondamentale dell’impianto giuridico, sia come garanzia per la tutela della salute dei lavoratori e dell’ambiente che come strumento di indirizzo dell’attività economica a fini sociali, per il recupero della qualità e della dimensione sociale del lavoro.

Mentre la strategia dei Governi che si stanno succedendo in questi anni alla guida del Paese, siano essi politici che tecnici, è tutta incentrata sulla semplificazione delle procedure come necessità fondamentale del sistema produttivo per liberarsi dai vincoli e dalla zavorra di una burocrazia asfissiante per la crescita.

In realtà, quando poi si passa all’esame dei provvedimenti legislativi adottati dai Governi, si scopre che la invocata semplificazione delle procedure troppo spesso riguarda solo le norme di tutela della salute dei lavoratori e la salvaguardia ambientale.
E tra le procedure che s’intende semplificare ci sono invariabilmente i controlli sull’applicazione delle norme, di cui si chiede l’alleggerimento o, addirittura, l’eliminazione.
E così la invocata semplificazione amministrativa si traduce in deregolamentazione, che è poi il vero obiettivo del liberismo.

Attualmente il D.Lgs 81/08 impone al datore di lavoro l’adozione delle misure di prevenzione.
Tra queste ci sono, tra le altre, la valutazione di tutti i rischi, l’informazione e la formazione dei lavoratori, la sorveglianza sanitaria.
Tali adempimenti sono sostanziali e si concludono con la stesura di un atto documentale formale, probatorio dell’avvenuto adempimento.
E’ qui che nasce il grave equivoco che consente di confondere la semplificazione della forma con la deregolamentazione della sostanza: l’atto documentale formale rappresenta la certificazione degli adempimenti sostanziali ed è la prova per il datore di lavoro del rispetto degli adempimenti normativi di fronte ai controlli dell’Organo di Vigilanza.
In questo senso, l’atto documentale formale è diventato l’unico vero interesse del datore di lavoro!

In questo si inseriscono i mercati che, è risaputo, si sviluppano seguendo elementari regole economiche, per cui sono molto sensibili agli interessi dei datori di lavoro e, abbastanza meno, alle esigenze di salute di lavoratori e alla salvaguardia dell’ambiente.
Per cui, la stesura di atti documentali formali, probatori di adempimenti sostanziali mai svolti, è diventato un nuovo mercato che, tra l’altro, oltre a numerosi consulenti, in possesso dei requisiti rilasciati prevalentemente senza controlli pubblici, ha generato un fiorente commercio di specifici software, reperibili anche su internet, e di corsi fantasma tenuti da aziende di formazione e di consulenza con nomi altisonanti e sedi inesistenti.

Detta così, il dover conseguire questi atti documentali, formali e non sostanziali, rappresenta sicuramente un costo inutile per le aziende!
E non c’è dubbio, come dimostrano tutte le indagini conoscitive condotte in merito, che le aziende italiane hanno fatto investimenti sulla tutela della salute dei lavoratori.
Quindi gli investimenti in salute e sicurezza sul lavoro ci sono; il problema di oggi è indirizzarli verso iniziative veramente utili e sostanziali di prevenzione.
La strategia non può essere che quella di incrementare e valorizzare i controlli pubblici.
Non solo per verificare che gli atti documentali formali siano redatti al termine di azioni e processi sostanziali, ma anche per correggere le anomalie del mercato della sicurezza, dove i professionisti seri e preparati troppo spesso soccombono alla concorrenza sleale di avventurieri che, attraverso l’abbattimento dei prezzi, vendono documenti formali eludendo la sostanza degli adempimenti.

E’ per questo che i controlli pubblici adeguati diventano importanti per validare i costi che le aziende hanno dimostrato di voler sostenere e per farli diventare, così come è previsto dalla norma, investimenti sostanziali per la salute dei lavoratori e delle popolazioni.
Per assumere questa valenza, i controlli non devono solo riguardare le aziende, ma anche i soggetti accreditati alla consulenza e alla formazione per le aziende!

La frantumazione del ciclo lavorativo con la catena dei subappalti e la ricerca di una sfrenata produttività, ha prodotto una spaventosa regressione delle condizioni lavorative ai famigerati anni ’50 e una nuova monetizzazione del rischio.
 
Questa regressione impone la ripresa del controllo sulla totalità del ciclo lavorativo da parte dei servizi di prevenzione delle ASL, in quanto i lavoratori e gli R.L.S., titolari di funzioni esclusivamente di tipo consultivo, hanno rivelato una grave debolezza contrattuale, compressi nel ricatto della crisi economica.

Considerato che gli infortuni e le malattie professionali sono conseguenza dei comportamenti umani, il problema non è quindi semplicemente quello di avere una legge che regoli la materia, ma quello di spingere i comportamenti umani ad essere attenti alla prevenzione.
Si sa che la norma è rigida e precisa, mentre invece le componenti del lavoro sono variabili.
L’ambiente di lavoro e le macchine sono, per esempio, soggette all’evoluzione tecnologica, mentre i lavoratori e gli imprenditori sono sensibili ai fattori fisiologici, sociali, culturali ed economici, quasi mai coincidenti, e ai diversi interessi che li muovono.
Un altro elemento che incide in maniera considerevole è il mercato che impone regole ancora più pressanti e impegnative di quelle normative.
E’ per questo che i controlli sul rispetto delle norme di sicurezza sono importanti e necessari, specialmente se sono improntati alla prevenzione e al sostegno.
Ci sarebbe da porsi il problema del controllo delle regole del mercato e della loro ricaduta sul lavoro e sulla sicurezza del lavoro; e non c’è dubbio che in questo momento non c’è un controllo sull’impatto di queste regole sulla salute e sicurezza del lavoro.

In questa situazione è arrivato il Decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, coordinato con la legge di conversione 4 aprile 2012, n. 35, recante: «Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo» (GU n. 82 del 6-4-2012 – Suppl. Ordinario n.69).
L’art. 14 di questo decreto, significativamente intitolato “Semplificazione dei controlli sulle imprese”, descrive al comma, 4 lettera f), i principi e i criteri che prevedono la “razionalizzazione, anche mediante riduzione o eliminazione di controlli sulle imprese, tenendo conto del possesso di certificazione del sistema di gestione per la qualità ISO (UNI EN ISO-9001), o altra appropriata certificazione emessa, a fronte di norme armonizzate, da un organismo di certificazione accreditato da un ente di accreditamento designato da uno Stato membro dell’Unione europea ai sensi del Regolamento 2008/765/CE, o firmatario degli Accordi internazionali di mutuo riconoscimento (IAF MLA)”.
Al comma 6 infine si precisa che da tale semplificazione sono esclusi i controlli in materia fiscale, finanziaria e di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

C’è da sottolineare che il salvataggio dei controlli per la tutela della salute dei lavoratori è stato operato tra il Decreto Legge e la Legge di conversione, ed è stato richiesto, sollecitato, voluto, perseguito con determinata insistenza, dalle Regioni, dai Sindacati e dalle Associazioni Scientifiche di settore, collegate fortemente con le forze politiche e sociali progressiste.
Questa presenza di Associazioni Scientifiche così vicine e sensibili alle istanze dei lavoratori e così combattive ha un significato ben preciso: i principi scientifici delle lotte operaie degli anni Settanta (rifiuto della monetizzazione, rifiuto della delega, validazione consensuale, soggettività operaia) sono assolutamente attuali e pienamente assimilati dal mondo scientifico dove hanno lasciato un solco profondo, una eredità di contenuti ed una vitalità capace di condurre battaglie vincenti.
Purtroppo il salvataggio non ha riguardato i controlli sulla tutela della popolazione e dell’ambiente, sulla difesa del paesaggio, sulla difesa della libertà e della dignità umana, ed altri principi costituzionali su cui la competenza pubblica è indiscutibile.

L’adesione delle aziende alla norma UNI EN ISO 9001:2008 è atto volontario ed indica solo principi relativi alla qualità di processo per produrre beni o erogare servizi, mirando prioritariamente alla soddisfazione del cliente e, chiaramente, non può garantire una corretta politica di tutela della salute dei lavoratori e dell’ambiente.

Questa norma di semplificazione, anziché favorire la gestione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, avrebbe indotto molte piccole imprese a cercare qualche kit a basso costo per esibire la certificazione come “scudo” rispetto ai controlli e alla vigilanza.
In buona sostanza, dopo il mercato dei consulenti delle aziende, sarebbe nato un altro mercato, quello del controllo sugli adempimenti; ed è facile prevedere che anche questo sarebbe diventato preda di avventurieri in cerca di profitti facili.

Comunque, in nessun paese europeo o di cultura anglosassone le agenzie governative come OSHA, INRS, HSE accettano ” a scatola chiusa” una certificazione volontaria come esimente i controlli della pubblica amministrazione.

E’ necessaria la massima vigilanza per evitare che la semplificazione delle procedure amministrative si traduca in una nefasta deregolamentazione ed eliminazione dei controlli pubblici sul rispetto dei diritti costituzionali, unica garanzia per lavoratori e ambiente.

Stanio Loria per Medicina Democratica
19 gennaio 2013

Print Friendly, PDF & Email