Medicina Democratica alla prima conferenza nazionale “Decrescita, sostenibilità e salute” – Roma 28/10/2013

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Conferenza MDF

Decrescita, sostenibilità e salute

MEDICINA DEMOCRATICA HA PARTECIPATO ALLA PRIMA CONFERENZA NAZIONALE “DECRESCITA, SOSTENIBILITA’ E SALUTE” ORGANIZZATA DAL MDF A ROMA IL 28/10/2013

IN CALCE AL TESTO DEL NOSTRO INTERVENTO, RIPORTIAMO I VIDEO DELLA GIORNATA LINKATI DAL CANALE YOUTUBE DEL MDF

SALUTE O LAVORO – LAVORO O SALUTE
O
LAVORO E SALUTE?

Una contraddizione, nota da decenni, che in questi ultimi anni è diventata più evidente, dalla quale sembra difficile uscirne.

Agli inizi della rivoluzione industriale non c’era contraddizione, le condizioni di lavoro, qualunque fossero, erano accettate. Solo da quando i lavoratori hanno iniziato ad organizzarsi, quando sono nate le società di mutuo soccorso e i sindacati il problema ha cominciato a porsi anche se in modo indiretto.
Le prime rivendicazioni hanno riguardato l’aumento dei salari, la rivendicazione per la riduzione dell’orario di lavoro a partire da quello dei bambini. Per lungo tempo gli infortuni sul lavoro e le malattie da lavoro sono state considerate inevitabili, una sorta di necessario tributo al progresso. Una storia che stanno rivivendo oggi i paesi di nuova e spinta industrializzazione che a mala pena si conosce: parliamo delle decine o centinaia di minatori cinesi restano intrappolati nelle miniere di carbone, oppure degli operai tessili, stipati in fabbriche malsane che volte prendono fuoco, come in Bangladesh, con conseguenze disastrose e mortali.

In Europa, nel pieno sviluppo industriale, si è pensato alle assicurazioni prima che alla difesa della salute dei lavoratori per quanto la nascita delle assicurazioni sugli infortuni e sulle malattie sia stato un progresso rispetto alle condizioni precedenti. In Italia le prime assicurazioni per il risarcimento degli infortunati sul lavoro sono nate ad opera delle aziende quando si sono accorte che i numeri erano troppo elevati e quando i costi dei risarcimenti diventavano pesanti (1)
C’è stata una legislazione, debole e frammentata, anche in periodo fascista, ma è continuata a prevalere la mentalità dell’inevitabilità del danno da lavoro, la causa era da ricercarsi nel … triste destino.


LA SVOLTA

Si può indicare una data: il 20 maggio 1970 la legge n. 300 denominato Statuto dei diritti dei lavoratori. Leggi ve ne erano: per primo l’articolo 32 della Costituzione, e pure vi era l’articolo 2087 del codice civile, successivamente i decreti del presidente della Repubblica n. 347/1955 e 303/1956, ma la svolta è stata espressa con l’articolo 9 dello Statuto, ovvero con la partecipazione diretta dei soggetti interessati alla salvaguardia e alla affermazione della propria salute.

I lavoratori mediante loro rappresentanze hanno il diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, e promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica.

Questa svolta è iniziata qualche hanno prima e si affermata qualche anno dopo, infrangendosi, però, dopo la legge di Riforma Sanitaria (23.12. 1978 n. 833), altra grande pietra miliare nella storia del diritto alla salute, quando vi è stato un abbassamento politico e culturale della tensione partecipativa.

Si è raggiunto un traguardo, ma non per sempre, quando si è messa in discussione la monetizzazione della salute e si è affermato il concetto della non delega della salute al tecnico o all’esperto.

La salute, si è scoperto, non è un tema a se stante, che vive esclusivamente come concetto astratto. L’ OMS con la Carta di Ottawa del 1986 ha definito dei prerequisiti fondamentali:

“la pace, l’abitazione, l’istruzione, il cibo, un reddito, un ecosistema stabile, le risorse sostenibili, la giustizia sociale e l’equità”.

Negli anni 80 è iniziato il declino, non tutto è stato ovviamente cancellato, ma si sono separati gli ambiti, si è operato da parte dei detentori del potere politico e soprattutto economico per indebolire i lavoratori e le loro possibilità di organizzazione. Pensiamo alla politica dei redditi, quindi al contenimento salariale, alla eliminazione della contingenza
Il perseguimento di tale politica avvenuta con tutta una serie di leggi e di accordi come la riforma del mercato del lavoro, oppure i 47 tipi tipologie di contratti, per arrivare alla precarietà, e per finire poi con la “manutenzione” ovvero eliminazione dell’articolo 18, non può non avere conseguenze per la difesa del diritto alla salute per i lavoratori, ma anche per l’intera società. (2)

LE POPOLAZIONI INQUINATE
Ad acuire la contraddizione, specialmente negli ultimi due decenni sono entrate in campo “le popolazioni inquinate”.
Cittadini che abitano, vivono, lavorano nei pressi di insediamenti industriali che si accorgono, in genere dopo diversi anni che quella fabbrica o quell’insediamento (ad esempio un inceneritore o una discarica), produce vari genere di danni. Osservazioni empiriche, esperienze personali, che evidenziano un numero inaspettato di malati e morti, pongono delle domande. Quando queste osservazioni o constatazioni divengono collettive, nasce un movimento, si forma un comitato che comincia ad indagare ed andare più a fondo, o servendosi anche di persone al suo interno che hanno competenze specifiche, oppure cercando al di fuori altri esperti “democratici” fino ad arrivare a formulare richieste di vario genere che vanno dall’intervento di bonifica fino a quelle di chiusura dell’impianto. Movimenti che chiedono aiuto ai partiti e ai sindacati tradizionali, me che poi ne diffidano, vedendo che nella sostanza si pongono dall’altra parte.
Ed è qui che si manifesta lo scontro fra la popolazione di quel territorio e i lavoratori di quell’impresa.

Una storia durata vent’anni è stata quella dell’Assemblea permanente dei cittadini davanti alla Farmoplant, una fabbrica chimica che produceva pesticidi in zona di Massa e Carrara, culminata nella sua chiusura e smantellamento al seguito di un referendum popolare che ha dato come risultato il 72% di si per la chiusura in contrasto con il pronunciamento di tutte le forze politiche e sindacali, delle istituzioni e del vescovo. Una chiusura scontata (preceduta da anni ci cassa integrazione), ma si poteva evitare? Probabilmente si reimpiegando i lavoratori in una bonifica integrale e nella modifica delle produzioni. Facile a dirsi, ma difficile ad attuarsi anche per il rifiuto ad accogliere qualsiasi controproposta venuta “dal basso”. (3)

Un’altra storia è quella del Petrolchimico di Marghera, che possiamo dire, nemmeno oggi si è conclusa, che è sfociata in un processo di grande dimensione, forse il primo di grande significato per la strada che ha aperto, certo giudiziaria per questo tipo di crimini, anche di crescita della coscienza sociale e popolare.
Una storia partita da una denuncia di un lavoratore, Gabriele Bortolozzo, addetto all’impianto del CVM (cloruro di vinile monomero) la principale sostanza impiegata ed indiziata, nel Petrolchimico, non certo l’unica, certamente cancerogena, che aveva portato alla malattia e alla morte decine di lavoratori (tre elenchi, rispettivamente di 92, 313, 110 casi di morti e di malati gravi. In tutto 515 persone che, nell’ipotesi dell’accusa si sono ammalate, spesso fino a morire, per il lavoro al Petrolchimico, a stretto contatto con il cloruro di vinile). Il processo iniziato nel 1998 , al seguito delle indagini svolte dal Pubblico Ministero, Felice Casson, con l’inchiesta avviata nel 1994 dopo la pubblicazione di un numero monografico di Medicina Democratica (92/93) curato da Gabriele Bortolozzo, dal titolo: “il cancro da cloruro di vinile al Petrolchimico di Marghera” . Lo stesso Bortolozzo aveva fatto obiezione di coscienza contro il sue essere addetto alla produzione con una sostanza tossica e cancerogena, riuscendo ad essere collocato in altro reparto (senza essere licenziato). (4)
Non solo, ma decenni di produzioni di sostanze pesantemente inquinanti, decine di cd “incidenti”, avevano portato ad un pesantissimo grado di inquinamento la Laguna di Venezia, una delle meraviglie del mondo, portando gravissimi danni all’ambiente, mettendo in crisi anche altri lavoratori, come i pescatori, come gli addetti ad imprese turistiche. Insomma un disastro. Ed anche qui come nel territorio di Massa e Carrara un referendum popolare ha scelto per la chiusura del Petrolchimico mostrando un ulteriore e non meno pesante scontro fra lavoratori, sindacati, forze politiche principali e popolazione inquinata.

IL RUOLO DELLA MAGISTRATURA
Una riflessione va fatta a partire dal processo di Marghera e a seguire dai numerosi procedimenti penali che si sono aperti per morti da lavoro e per disastri ambientali. L’abbiamo fatta noi, come Medicina Democratica, che oltre e dopo quel processo ci siamo costituiti parte civile in una ventina di processi, essendo accolti, per chiedere giustizia, ma anche per utilizzare una modalità efficace che porta ad una crescita della coscienza collettiva sui danni da lavoro e danni ambientali: non è diventata di senso comune oggi la pericolosità dell’amianto dopo il processo a Torino, contro ETERNIT di Casale Monferrato (processo non ancora concluso), che addirittura ha avuto un’influenza di carattere internazionale?
E la politica con l’istituzione sanitaria ed ambientale che hanno fatto: nella gran parte dei casi silenzi, oppure azioni di sviamento “la situazione è sotto controllo”, per non dire connivenze. Eppure le leggi c’erano e ci sono.
Per questo ci rivolgiamo alla Magistratura, nonostante le sue contraddizioni, i suoi tempi lunghi, nonostante il suo agire “ex post”.

Così il caso ILVA che in questo rapporto fra salute e lavoro è stato il più eclatante, dove l’intervento determinante della Magistratura ha sollevato il coperchio, ha attivato esperti importanti, istituti ancora più importanti (L’Istituto Superiore di Sanità), ha costretto l’istituzione ad intervenire per porre mano al problema (con le necessarie bonifiche), ma anche per attenuare l’impatto delle decisioni dei giudici per salvare il lavoro, ma nondimeno per salvare la proprietà. Proprietà che si fa proteggere anche da grandi esperti che hanno il coraggio di dire che l’eccesso di tumori fra la popolazione è dipeso dal grande consumo di sigarette (ma quanto è costata la loro consulenza?).
In questa occasione si sta mostrando un’evoluzione positiva rispetto agli altri esempi che abbiamo fatto (e ad altri che si possono fare), in cui lo scontro fra salute e lavoro non è così lineare, in cui vi è un “Comitato di lavoratori e cittadini liberi e pensanti” formato anche da lavoratori dell’ILVA, una sorta di indicazione ad affrontare il problema insieme fra lavoratori e cittadini inquinati con il duplice scopo di salvaguardare la salute di ambedue intervenendo nelle modalità di produzione, attuando le bonifiche in modo radicale, quindi senza licenziare e senza eliminare la fabbrica. Una possibilità sperimentata anche nel passato (esempio dell’Alfa Romeo).


CONCLUSIONI:

1. E’ superabile il pensiero di quegli operai riportato da uno scritto di Giovanni Berlinguer (1977) “Non posso dimenticare quegli operai di Rosignano Solvay, dove si produce il monomero di cloruro di vinile, cancerogeno, che di fronte alle prospettive di chiusura della fabbrica dichiararono , e rispondere leggendo un intervento di Maldonado del 1977 su “Rinascita” “è evidente come, nel corso di soli 5 anni, fosse passata molta acqua sotto i ponti dai tempi in cui i fautori della crescita zero erano scherniti come servitori del capitalismo. Maldonado dimostra chiaramente di avere preso coscienza del fatto che sviluppo non significa esclusivamente espansione produttiva e che può esistere uno sviluppo senza crescita”.
2. E’ auspicabile che da questo convegno, dal complesso di questa iniziativa, possa nascere un Coordinamento nazionale fra le associazioni e i movimenti della sanità e della prevenzione per il diritto alla salute costituzionalmente garantito che, a partire dagli intendimenti di chi l’ha organizzato, si ponga anche nell’ottica di discutere su che cosa produrre e come produrre.

Note:
(2)
diritto del lavoro della emergenza:
Legge 285/77 occupazione giovanile
Legge 427/77 contenimento del costo del lavoro
Legge 38/1986 sulla riforma della indennità di contingenza
Accordo 26 gennaio 77 (Confindustria-Sindacati) sul costo del lavoro
Legge 675/77 sulla riconversione produttiva
Sulla delegificazione:
Legge 146/90 limitazione del diritto di sciopero nei servizi pubblici
Legge 421/92 disciplina civilistica nel pubblico impiego
24/09/96 patto per il lavoro (Confindustria –Sindacati)
Legge 608/96 sull’assunzione diretta nominativa
Legge 196/97 disciplina del lavoro interinale
Sulla riforma del mercato del lavoro:
D.lgs 532/99 in materia di lavoro notturno
D.lgs 61/00 riforma del lavoro a tempo parziale
D.lgs 368/01 riforma del rapporto di lavoro a tempo determinato
Legge 30/2003 e D.lgs 276/03 sul lavoro precario

Cfr: n. 207/2013 di Medicina Democratica: Luigi Mara “Diritto al lavoro e diritto alla salute- evoluzione e regressione. Il contributo di Romano Canosa

(3)
Medicina Democratica n. 78/1991: Marcello Palagi Massa Carrara a 3 anni dal crimine della Farmoplant
“….Ancora oggi domina, tra i lavoratori della Farmoplant, magari in C.I. da 3 anni, magari senza più alcuna prospettiva di occupazione con la Montedison un fronte compatto di omertà che tace su tutto quanto avviene ed è avvenuto contro la salute e l’ambiente in questa fabbrica. E’ un’omertà che non si allenta neppure nei rapporti di amicizia, neppure dopo che si è andati in pensione; e che continua a negare la pericolosità della fabbrica e a dire che il 17 luglio non è successo niente (incendio del magazzino Mancozeb)…”
Medicina Democratica n. 100/1995.: Marcello Palagi: “Massa Carrara – le lotte popolari contro la chimica di morte

(4)
Medicina Democratica n. 104/105 -1996 Paolo Cacciari: la tragedia operaia del cloruro di vinile a Porto Marghera

(5)
Ecco alcuni punti estratti dalla ordinanza del Gip di Taranto Patrizia Todisco emessa il 27/7/2012 con la quale ordina il sequestro di sei impianti dell’Ilva:
– “La gestione del siderurgico di Taranto è sempre stata caratterizzata da una totale noncuranza dei gravissimi danni che il suo ciclo di lavorazione e produzione provoca all’ambiente e alla salute delle persone”.
– “Ancora oggi” gli impianti dell’Ilva producono “emissioni nocive” che, come hanno consentito di verificare gli accertamenti dell’Arpa, sono “oltre i limiti” e hanno “impatti devastanti” sull’ambiente e sulla popolazione.
– La situazione dell’Ilva “impone l’immediata adozione, a doverosa tutela di beni di rango costituzionale che non ammettono contemperamenti, compromessi o compressioni di sorta quali la salute e la vita umana, del sequestro preventivo”.
– “L’imponente dispersione di sostanze nocive nell’ambiente urbanizzato e non ha cagionato e continua a cagionare un grave pericolo per la salute . – «Chi gestiva e gestisce l’Ilva ha continuato in tale attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza».
“In tal senso – aggiunge il gip – le conclusioni della perizia medica sono sin troppo chiare.
Non solo, anche le concentrazioni di diossina rinvenute nei terreni e negli animali abbattuti costituiscono un grave pericolo per la salute pubblica ove si consideri che tutti gli animali abbattuti erano destinati all’alimentazione umana su scala commerciale e non, ovvero alla produzione di formaggi e latte.

COMUNICATO STAMPA:
L’ordinanza del GIP, un atto esemplare di limpidezza e coerenza della attività giudiziaria nella tutela dell’ambiente, della sicurezza dei lavoratori e della salute pubblica

L’ordinanza del GIP, conseguente a quella del Tribunale del Riesame di Taranto, ha confermato il sequestro preventivo delle “aree a caldo” della Ilva e la sostituzione del custode, si tratta di un atto limpido e di coerenza esemplare.
Il sequestro preventivo, per definizione, è finalizzato ad impedire che “la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati” (art. 321 c.p.p.). La previsione che, nel periodo del sequestro, gli impianti non siano eserciti per la produzione ma per garantire la sicurezza e, nel contempo, per adottare le misure tecniche per eliminare le situazioni di pericolo che hanno determinato il sequestro stesso, costituiscono un esempio “da manuale” della applicazione delle norme del codice di procedura penale e confermano la correttezza e le convinzioni del GIP (fondate sugli accertamenti tecnici pregressi).
Altrettanto esemplare appare la revoca della nomina a custode del Presidente della ILVA incompatibile con tale funzione in quanto lo stesso ha ricorso contro l’ordinanza del Tribunale del Riesame, quindi anche contro la propria nomina a custode degli impianti, esprimendo in tal senso la volontà di contrastare l’attuazione degli obiettivi del sequestro.
Medicina Democratica sostiene pienamente anche le ultime iniziative del GIP finalizzate alla messa in sicurezza e alla riduzione dell’impatto ambientale degli impianti sottoposti a sequestro e non, semplicemente, alla loro “chiusura” (nel senso di cessazione produttiva) come strumentalmente è stato affermato da più parti.
Ci aspettiamo per questo che le istituzioni preposte si diano una mossa per definire, sostenere e far attuare queste misure al di là degli atti vigenti.
Le dichiarazioni e le iniziative di alcuni ministri (Ministro dello Sviluppo, Ministro dell’Ambiente e Ministro della Giustizia) vanno purtroppo nella direzione opposta. Anche l’intenzione del Presidente del Consiglio di voler verificare “gli spazi legali per evitare la chiusura dello stabilimento” sembra andare in una direzione diversa da quella necessaria : l’individuazione delle misure tecniche di risanamento degli impianti, unica iniziativa corretta per poter arrivare anche al dissequestro e alla ripresa della produzione delle aree oggetto dei provvedimenti della magistratura.
Medicina Democratica, Movimento di lotta per la salute, conferma che, in tale ambito offrirà il suo appoggio, la sua esperienza, le sue capacità e modalità di lavoro.
Il Direttivo di Medicina Democratica ONLUS
Milano e Taranto, 13 agosto 2012

COMUNICATO STAMPA:
A Taranto si muore perché si è fumato troppo….

MEDICO O PADRONE NON FA DIFFERENZA
QUANDO LA SCIENZA DEL MEDICO E’ QUELLA DEL PADRONE!
Giulio A. Maccacaro, 1972 –

La storia si ripete sempre due volte – è stato detto – prima come tragedia e poi come farsa.
E’ quello che si è reso ancora una volta evidente dopo avere letto le affermazioni del commissario all’ILVA Enrico Bondi, che ha attribuito i morti accertati per tumore di Taranto non a causa dei fumi e dell’inquinamento dell’ILVA, ma al fumo di sigaretta.
Al crimine perpetrato contro i lavoratori e i cittadini segue una giustificazione qualsiasi.
Abbiamo letto che vi è una relazione scientifica di 44 pagine a firma (notizia da stampa) di 4 professori: Paolo Boffetta, Carlo La Vecchia, Marcello Lotti, Angelo Moretti, che demolirebbero quelle degli scienziati nominati dal Tribunale e pure i risultati dello studio Sentieri (Ist. Superiore di Sanità).
Saremmo lieti di poterla leggere e ci piacerebbe altrettanto sapere quanto hanno ricevuto gli esperti dell’ILVA al seguito di questo prezioso lavoro.
In tanti processi, quali parti civili, come medicina Democratica, per malati e morti da lavoro o da inquinamento ambientale, ne abbiamo visti e sentiti tanti di scienziati che hanno scritto e detto di tutto pur di salvare i responsabili, ma, nella gran parte dei casi, le condanne non sono mancate.
per trovare scienziati che dicono qualunque cosa basta pagare, e più si paga e meglio si dice…, se del caso, anche il falso….
Vi è stata una gran levata di scudi al seguito delle affermazioni di Bondi, ma chiediamo: perché prendersela solo con Bondi e non, anche, con chi lo ha nominato?
Non vogliamo continuiamo a subire, e, per di più, passare per ingenui o per stupidi!
Milano, 15 luglio 2013
Fulvio Aurora
MEDICINA DEMOCRATICA NAZIONALE

(6)
Wilko Graf von Hardenberg: Ambiente o Lavoro? Il PCI di fronte agli affetti occupazionali della questione ecologica 1972-1991 in IL CASO ITALIANO – INDUSTRIA. CHIMICA E AMBIENTE a cura do P.P. Poggio e M. Ruzzenenti Milano 2012 pagg. 260-61



VIDEO DELLA CONFERENZA:

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